La sottile linea gialla di Friedrich Dürrenmatt di Livio Santoro | ||
L a trama del
romanzo giallo è un canovaccio versatile quanto asfittico.
Ciò che si va narrando non deve oltrepassare certi standard.
Deve
restare ancorato ad una sequenza ineluttabile: fatto criminoso,
sgomento, dubbio, certezza, soluzione. Tutto deve stare in queste
cinque fasi: la psicologia dei personaggi, la descrizione dei paesaggi,
la sequenza degli avvenimenti; che si scelga una forma narrativa o che
se ne scelga un’altra non importa, bisogna calpestare questo
sentiero
già segnato per il romanzo giallo. Motivo per cui, forse, si
legge un
giallo nelle collane da edicola o sulle spiagge, perché,
bene o male,
non ci si aspetta nulla di nuovo, sebbene lo scopo del giallo stesso
sia la scoperta. È la storia il principale protagonista delle narrazioni dello scrittore svizzero, una storia che si impossessa dei personaggi, quasi a voler racchiudere le potenzialità espressive e pratiche del soggetto in una rete dal sapore vagamente post-strutturalista. Il soggetto sembra perdersi, perché il soggetto di Dürrenmatt non è altro che un accidente, quasi una contingenza che appartiene alla trama in quanto strumento di un disegno più ampio di quello che lui, da solo, potrebbe dipingere. Per questo la realtà si viene formalizzando come uno schema ineludibile, inappellabile, che i personaggi lo vogliano o meno. E così si trascina una visione sfiduciata della giustizia, dei metodi di indagine, delle pratiche comuni dello svelamento. La realtà si va letteralmente costruendo, e lo fa quasi da sé. Basti prendere come esempio, come filo conduttore, due dei più riusciti lavori brevi della narrativa dello scrittore svizzero, Il giudice e il suo boia (1952) e Il sospetto (1953). In entrambi il protagonista (quello apparente) è il commissario Bärlach, un vecchio funzionario di polizia che si trova, a pochi passi dalla sua morte, ad essere soggiogato da due episodi ricomparsi dalle maglie del suo passato come un dono prepensionistico dei più onerosi. A leggere i romanzi uno dopo l’altro, Bärlach appare come posizionato al centro di un palindromo ideale, in cui la realtà può essere letta (o costruita) da una parte come dall’altra. |
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