Beyond Curiosity
di Gaia Giuliani
Il dibattito politico e scientifico, di cui ragiona Gaia Giuliani nel suo Beyond Curiosity – come lo sviluppo dell’immaginario – sull’Impero coloniale inglese non sono stati fenomeni uniformi e privi di scarti, fratture, cambiamenti di rotta. In effetti, lo stesso significato che, per così dire “in corso d’opera”, studiosi e politici davano all’Impero cambiò col passare del tempo. Inizialmente, quando Enrico VIII definì l’impero, ne vedeva come centro solo l’Inghilterra, mentre anche Galles, Scozia, Irlanda ne erano, di fatto, colonie. E così, in seguito, l’America. Fu proprio la ribellione delle colonie americane a infliggere i primi colpi a questa ideologia, che andò trasformandosi a partire proprio dalla riflessione sullo statuto delle Indie orientali, e grazie all’opera di James Mill di cui tratta la Giuliani nel suo volume, cominciò a elaborare un nuovo modo di concepire l’impero, non più come una madrepatria con tante colonie subordinate da sfruttare, ma, piano piano, come il Commonwealth in cui si è poi trasformato. Quella che si fece strada, nella visione utilitarista di Mill, fu il superamento della tradizionale separazione nell’immaginario politico coloniale tra vicende “nazionali” e vicende “imperiali”, per essere sostituita da una spinta all’impegno civilizzatore della madrepatria, in funzione del perfezionamento degli individui e della società. Per cui, la History of British India di Mill, pubblicata nel 1817, diventò una sorta di “manuale” per i funzionari coloniali inglesi in India, in funzione delle teorie sviluppate durante “l’età delle riforme” nel subcontinente indiano, fra il 1800 e il 1830. L’analisi proposta dalla ricercatrice indaga quindi un territorio poco noto, ma interessante: una forma particolare delle tecnologie del controllo attraverso il riconoscimento dell’Altro, attraverso lo sviluppo del suo prodursi. Adolfo Fattori |
di Gaia Giuliani
titolo Beyond Curiosity
editore Aracne, Roma, 2008
pagine 216
prezzo € 13,00
|
|
[ torna a letture ] |
|
Racconti dell’ombra
di Erika Dagnino
La convivenza con la propria ombra e le istruzioni per possibili emancipazioni, liberazioni o affrancamenti dalla reciproca compagnia. Muovono da qui i due racconti lunghi che compongono il volume. Non si sottovaluti l’impresa che è degna di eroi, come però questi possono manifestarsi in un tempo come il nostro fuori dal mito: figure dai gesti misurati, mai sopra le righe, di modesta presenza, posseduti da discrete ossessioni, ma che dell’eroe di altre epiche sembrano conservare intatta una certa innocenza di fondo. Prendiamo il signor Qorhà, protagonista del primo racconto: “Ciò che lo assillava era l’ombra in quanto lato”. Dedito all’osservazione della propria ombra, radiografandone i movimenti nell’arco della giornata, per studiarne le variazioni in funzione delle luci differenti del giorno e della sera, il signor Qorhà cerca di penetrare la natura intima di quell’angolo al tempo stesso inevitabile e imperscrutabile. Il frutto delle sue riflessioni sfocia in una serie di appunti sull’invisibile in musica. All’eroe però si addice il viaggio, e così anche il signor Qorhà si avventura fuori città per arricchire le sue osservazioni con nuovi punti di vista, ma l’impresa viene turbata da uno strano incontro. Si riforma qui quel genere di coppia no gender che avevamo già incontrato in Ru e Fro (vedi Quaderni D’Altri Tempi n.XV), che predilige avventurarsi in giri intorno a se stessi, alla propria stanza, o dietro l’angolo di casa, oppure qualche isolato più in là, come viaggiatori illustri in tal senso ci hanno insegnato, a partire da Xavier de Mastre. Coppia che si sdoppia e si raddoppia anche nel secondo racconto, Scèd e Grài, resoconto di separazioni e ricongiungimenti con le proprie ombre. Singolare quartetto protagonista di vicende in apparenza senza accadimenti, ma al termine della loro quest anche Scèd e Grài, si ritroveranno inspiegabilmente in una condizione nuova. Forse. Gennaro Fucile |
di Erika Dagnino
titolo Racconti dell’ombra
editore Csa Editrice,
Crotone, 2008 pagine 68
prezzo € 9,00
|
|
[ torna a letture ] |
|
Inserzione per una casa in cui non voglio più abitare
di Bohumil Hrabal
Dopo quarant’anni Einaudi ristampa finalmente Inserzione per una casa in cui non voglio più abitare di Bohumil Hrabal, uno di quegli scrittori dell’Europa dell’est, figli e nipoti dell’Impero asburgico sparito e figliastri – poco amati, anzi perseguitati – dell’Impero sovietico che lo aveva sostituito, cui Angelo Maria Ripellino dedicò la sua passione di ricercatore, in quel secondo dopoguerra, in cui gli editori italiani cominciarono a proporre, spesso per la prima volta, piccoli e grandi capolavori sconosciuti provenienti dall’Est europeo, dal Sud America, dall’Europa centrale. In questa raccolta di racconti praghesi, città amatissima da Ripellino, negli anni più bui dello stalinismo, si muovono i buffi e goffi personaggi di Hrabal, a cavallo fra Franz Kafka, Gustav Meyrink e Jaroslav Hašek, presi dalle loro vicende improbabili e perciò così reali, circondati – come spiega Ripellino nell’introduzione riproposta dall’editore – di cartacce, rifiuti, spazzatura, non molto diversamente dalla nostra quotidianità. Un’operazione, quella di Einaudi, utilissima, per riproporre al pubblico di oggi parte della memoria narrativa dell’Europa del Novecento, quella magari più nascosta e considerata minore, ma che aiuta a comprenderne le radici culturali e i legami profondi. Adolfo Fattori |
di Bohumil Hrabal
titolo Inserzione per una casa
in cui non voglio più abitare editore Einaudi, Torino, 2008
pagine X-136
prezzo € 14,50
|
|
[ torna a letture ] |
||