Frigidaire
di Vincenzo Sparagna
L’avventura di Frigidaire comincia nel 1980, grazie a Vincenzo Sparagna un ex militante di quella che allora si chiamava “sinistra extraparlamentare”, e che era stato fra gli animatori de Il Male. Non era solo, con lui una pattuglia creativa che proveniva da Cannibale, altra rivista della controcultura di quegli anni. In prima fila comparivano Stefano Tamburini, Filippo Scòzzari, e alcuni fra i migliori fumettari ed esponenti italiani di quella che potremmo definire “controcultura giovanile” di quegli anni. Grande laboratorio, che ha resistito in edicola fino al 1998, per poi risorgere e riapparire sporadicamente dal 2000 e in rete dal 2001. Una rivista “totale” per certi versi, in cui trovavano spazio grafica, scrittura, musica, politica, arte. Tutto in termini ferocemente ironici e sinceramente di ricerca. Rivista decisamente postmoderna, e contemporaneamente espressione di quello che forse è stato il vero spirito libertario e liberatorio del Sessantotto: l’impegno culturale nel segno del situazionismo. Quello spirito dissacrante e ludico che forse oggi potremmo attribuire solo a fenomeni come il “Fronte di liberazione dei nani da giardino”, ad esempio. E che ha accolto fra le sue pagine, oltre a Filippo Scòzzari e alla sua Suor Dentona, grandi disegnatori, come Andrea Pazienza e il suo Zanardi, Tanino Liberatore e il coatto sintetico Ranxerox, Massimo Mattioli e il suo feroce topaccio Squeak. Una vicenda straordinaria, che continua ancora, attraverso il sito www.frigomag.it Il volume raccoglie molte fra le cose più significative apparse nei quasi venti anni di vita della rivista. Un pezzo di storia della cultura (minore?) dell’Italia di quegli anni da non rischiare di perdere. Adolfo Fattori |
di Vincenzo Sparagna
titolo Frigidaire
editore Rizzoli, Milano, 2008
pagine 288
prezzo € 29,50
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Il secolo del fumetto
a cura di Sergio Brancato
Ventisette dicembre 1908. Sulle pagine del Corriere dei Piccoli si affaccia, ritagliandosi un suo piccolo spazio tra le monolitiche colonne testuali, il fumetto. Duemilaotto. Quella timida apparizione che ha inaugurato una tradizione di produzione che oggi compie un secolo, viene evocata non solo come momento generativo della storia del fumetto in Italia, ma anche come il punto di partenza dal quale originare il relativo ragionamento sociale, culturale e produttivo. Tale ragionamento incontra in questo volume tanto la riflessione diacronica sul secolo trascorso quanto quella sull'attuale stato dell'arte, fatto di punti di forza, ma anche di criticità e debolezze, della produzione fumettistica in Italia e del relativo discorso scientifico-intellettuale. In questo senso i contributi del volume, alcuni dei quali di firme che i lettori di Quaderni conoscono bene, ragionano a largo raggio, attraverso prospettive sociologiche, narrative, estetiche, storiografiche, sull'esigenza del rilancio del discorso sui comics in Italia come luogo autorevolmente simbolico e significativo della trasformazione sociale. Sergio Brancato, curatore del volume, si interroga sul disagio e la stanchezza di tale discorso, senza tuttavia incorrere in fragili quanto salottieri necrologismi, ma piuttosto rilanciando nel volume stesso il dialogo tra chi di fumetti parla da anni. Il risultato è una raffinata e tutt'altro che frammentaria trattazione su cosa significa ri-pensare oggi al passato, al presente e al futuro del medium dei balloon. Contributi di Alberto Abruzzese, Daniele Barbieri, Sergio Brancato, Stefano Cristante, Adolfo Fattori, Enrico Fornaroli, Gino Frezza, Fabio Gadducci, Marco Pellitteri, Luca Raffaelli, Matteo Stefanelli. Giorgio Signori |
di Sergio Brancato
titolo Il secolo del fumetto - Lo spettacolo a strisce nella società italiana 1908-2008
editore Tunué, Latina, 2008
pagine 160
prezzo € 15,50
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Amore per l’odio
di Leonidas Donskis
“L’odio e la paura sono antichi quanto l’essere umano”. Con queste parole Zygmunt Bauman apre la prefazione a Amore per l’odio di Leonidas Donskis, filosofo lituano di origine ebraica e profondamente cosmopolita. Parole che sembrano riecheggiare, magari inconsapevolmente, le parole del grande scrittore dell’orrore narrativo Howard Phillips Lovecraft: “L’emozione più vecchia e più forte del genere umano è la paura, e la paura più vecchia e più forte è la paura dell’ignoto”. Può apparire un accostamento irriverente, quello fra il sociologo della società liquida e il “Solitario di Providence”, ma coglie un punto in comune. D’altra parte, l’immaginazione narrativa dell’orrore raramente è riuscita a competere con i picchi di creatività raggiunti dalla fantasia dispiegata dagli uomini nel progettare e usare le tecnologie della crudeltà nella pratica politica e militare. L’odio, Donskis ne discute in tutto il suo libro, nasce prima di tutto dalla paura, e la paura nasce molto spesso da ciò che non conosciamo. O piuttosto da ciò che fino a poco prima ci era quotidiano e consueto, e che piano piano, sistematicamente, ci viene fatto diventare estraneo e nemico. Come i grandi conflitti del passato ci avevano già dimostrato, e come ci viene confermato dalle guerre e dai genocidi della modernità e dei nostri anni. Donskis, lavorando sull’identità e sulle sue trasformazioni e distorsioni, dichiara apertamente i suoi punti di riferimento. Scrittori come EugeniJ Zamjatin, George Orwell, Milan Kundera, Czesław Miłosz – tutti cronisti dell’intolleranza e del totalitarismo – filosofi e storici come Oswald Spengler, Raymond Aron, Hannah Arendt, lo stesso Bauman. Punti di riferimento a volte legati al pensiero “apocalittico”, ad un profondo pessimismo, alla difesa della tradizione e del passato, ma anche utili per ragionare sulle derive – quelle sì, apocalittiche – della storia dell’ultimo secolo: massacri, genocidi, violenze, oppressione totalitaria, giustificati dalla presunzione della verità e dalla ragione della forza. Adolfo Fattori |
di Leonidas Donskis
titolo Amore per l’odio.
La produzione del male nelle società moderne editore Erickson, Trento, 2008
pagine 344
prezzo € 20,00
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