Prende forma la desolazione di un angolo
di terra animato dai vivaci e socievoli felini e
dall’apparire dei loro oggetti, che, pur appartenendo alla
consunta e tetra quotidianità contemporanea, non sembrano
segnati dallo scorrere vano del tempo, mentre emerge un cumulo di
immagini intaccate, infrante, spezzate, corrispettivo esterno di
emozioni individuali, di moti dell’animo rappresentati dai
segni evidenti dell’inarrestabile corruzione, della crisi
storica e della disfatta esistenziale. In questo spumeggiante
spettacolo, che sembra voler rispecchiare, con la fantasmagorica
suggestione del disimpegno artistico,
l’essenza più profonda dell’anima
eliotiana, si inverte l’entropico percorso
dell’inesorabile dissoluzione della vita, raccontato
dall’artista attraverso le taglienti descrizioni di quartieri
degradati, cosparsi di scorie disseminate barbaramente magari sulle
soglie di locali notturni non più rallegrati da alcuna
musica. Se, nelle prime opere di Eliot, la
consapevolezza dell’inevitabile sofferenza e
dell’invincibile impotenza cerca di placarsi ricorrendo non
alla volontà della razionalità, ma
all’esplosione di una disperazione urlata
nell’assurdità di notti simili a quelle descritte
in Rapsodia su una notte di vento – che
agitano la memoria come un pazzo può scuotere un geranio
appassito (p. 303) – nella produzione più tarda
gli scarnificati versi, alimentati dal giudizio formulato sulla
parabola decadente tracciata a volte dalla storia, attraversati da echi
metafisici e percorsi da risonanze arcane, si nutrono di una potente
valenza catartica.
I personaggi di Cats, interpretando
un’addomesticata primitiva selvatichezza, recitano, cantano e
ballano una poesia ricca di riferimenti mitologici, magico amalgama di
intelletto e sentimento, di raziocinio e istinto, di pensiero ed
emozione, espressione corale dell’esperienza
dell’intera umanità, amara allegoria della
condizione di un essere che quanto più vive e dispiega le
proprie potenzialità, tanto più lascia affiorare
il segreto del proprio scheletro, corrode possibilità,
consuma tragitti e avverte l’inaggirabile incompiutezza della
dimensione terrena. Cats,
attraverso creature indugianti sulle pozze stagnanti negli scoli, che
leccano gli angoli dell’oscurità, coglie
trepidante l’invocazione eliotiana della luce, che
avvilupperà l’uomo sorreggendolo e che non
potrà mai abbandonarlo, agevolando l’approdo a una
lucida religiosità che coniuga ragione e passione. Il caos
allora acquisisce senso e diventa significante anche nella variegata
comunità di felini, grazie all’insinuazione nello
sconforto del raggio di un’ardente speranza, alimentata da
una salvifica visione escatologica dell’esistenza,
che si impone nonostante in The Moments
of Happiness si canti che, con l’avanzare del
tempo, il passato assuma una diversa forma e cessi di rappresentare una
successione, o perfino uno sviluppo, e nonostante
l’eco della convinta esortazione espressa da Eliot nei Cori
da “La rocca” a non cercare “di
contare le onde future del Tempo”, ma a esser soddisfatti
“d’avere luce abbastanza per trovare il giusto
passo (p. 1277).
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