Guerreros
di William Gibson
E se una dimensione esoterica, quasi metafisica, rispecchiamento nel “reale” della sfera virtuale, in un doppio gioco di specchi, potesse essere sperimentato da noi, cittadini normali, rispetto a sfere di azione e di conoscenza che riguardano le strategie e l’agire delle forze che muovono il mondo da “dietro le quinte”? Se, insomma, dietro la politica dichiarata ci fosse una politica occulta, che a noi apparirebbe come una “simulazione della simulazione”? Questo è forse il livello – sicuramente reale – cui mirava Gibson quando ha allestito la vicenda che narra in Guerreros, rispolverando il “Mc Guffin” di Hitchcock e montando i percorsi di tre gruppi di persone, tutti a caccia dello stesso oggetto, e destinati inevitabilmente ad incrociarsi alla fine della storia, in un futuro vicinissimo che è in realtà un presente adiacente al nostro, ma che potrebbe essere proprio quello abitato da noi. L’unico indizio che ci invita a considerarlo alternativo è la presenza di una tecnologia virtuale che permette l’organizzazione di performance artistiche attraverso la proiezione di ologrammi tramite satellite, in una evoluzione neanche tanto lontana delle tecnologie attuali. Un passo ulteriore nell’esplorazione delle potenzialità del virtuale rispetto ai frammenti video circolanti in rete di L’accademia dei sogni. A fianco, una concessione elegante e sottesa alla sopravvivenza della dimensione del sacro attraverso il riferimento alla “Santeria”, la religione sincretica degli schiavi cubani. Montato come un film d’azione, Guerreros si legge bene, e conferma la duttilità dello scrittore canadese. Adolfo Fattori |
di William Gibson
titolo Guerreros
editore Mondadori, Milano, 2008
pagine 381
prezzo € 17,50
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Homunculus
di Gianfranco Pecchinenda
Pecchinenda continua nella sua ricerca sullo statuto e la materia dell’identità contemporanea, partendo da un concetto tradizionale: l’Homunculus, quel nostro duplicato in miniatura che dall’interno agisce verso l’esterno. Il sociologo approfondisce qui i temi già trattati nei suoi studi precedenti usando come sponda anche le concezioni “macchiniche” del rapporto fra il Sé e il corpo, come in La Mettrie, e il rapporto fra corpo, identità e tecnologie, come nel Frankenstein e negli studi sull’inconscio fino ai videogames. È l’esperienza del doppio, legata al bisogno antropologico di narrarsi a se stessi per salvare la propria identità: noi siamo, almeno, doppi, e questo va riconosciuto, indagato e raccontato. Dividendo la sua trattazione in tre sezioni – il Sé e individualizzazione, l’eclissi del Sé nella contemporaneità, il Sé e l’autonarrazione – Pecchinenda riprende il lavoro sull’emergere del concetto di identità, ripercorrendo rapidamente le tappe della sua affermazione ed esplorando, in particolare, la transizione dall’idea moderna di Sé a quella postmoderna che sembra affermarsi: un Sé molteplice, fragile, evanescente, liquido – frutto, sempre più assolutamente, di un continuo processo dialettico fra la dimensione oggettiva che ci viene assegnata socialmente, e quella soggettiva frutto della nostra autoriflessività. L’autore descrive poeticamente la parabola dell’homunculus: dall’eterodirezione del sé dei personaggi omerici, all’autodirezione dell’anima agostiniana, verso una nuova eterodirezione, come nel mondo di Second Life. Di qui il meccanismo del déboublement, del patto col nostro io più profondo, il doppio immaginario, appunto l’homunculus. Angela Durini |
di Gianfranco Pecchinenda
titolo Homunculus
editore Liguori, Napoli, 2008
pagine 277
prezzo € 21,00
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Duma Key
di Stephen King
Dopo un paio di prove non proprio convincenti Stephen King torna in gran spolvero con uno di quei suoi romanzi fluviali (più di 700 pagine!) che fanno la gioia dei suoi lettori e che, in questo caso, rispondono perfettamente alle aspettative del “fedele lettore” con cui il re del brivido continua a dialogare. Qui King ci racconta la storia di Edgar Freemantle, affermato imprenditore che non ha vergogna di continuare a sporcarsi le mani, che in seguito a un terribile incidente perde un braccio e dà fuori di matto, arrivando a tentare di uccidere la moglie. Per riprendersi, affitta una villa in una delle Keys, le isole della Florida, e lì scopre due cose che si riveleranno fatidiche: il suo “arto perduto” si fa vivo, e gli scatena un talento pittorico geniale, che Edgar non avrebbe pensato mai di avere. Ma naturalmente in agguato è il Male, che si manifesterà attraverso l’influenza che una statuetta portata dal mare riesce ad avere sui vivi e i morti. La statuetta probabilmente è un’incarnazione, o un ricettacolo, di Persefone, addirittura, anche se King non lo scrive mai con chiarezza. Alla fine Edgar, e gli amici che ha trovato nelle Keys trionferanno, anche se pagando un duro prezzo, nella migliore tradizione dello scrittore del Maine. Significativo il ricorso – per la prima volta? – alla mitologia greca, anche se in controluce, da qualche accenno nascosto (il ROSSO…), si percepisce il legame con la classica cosmologia maligna del nostro. Come bella è l’intuizione di fondo, di dare sostanza ad una sindrome che spesso colpisce gli amputati, l’arto fantasma. Bel romanzo, che ricorda come struttura nucleare, la logica di IT, e di altri lavori costruiti sullo stesso calco. Adolfo Fattori |
di Stephen King
titolo Duma Key
editore Sperling & Kupfer, Milano, 2008
pagine 743
prezzo € 19,90
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