Secondo le principali teorie, intorno alla metà o
al massimo entro la fine di questo secolo la singolarità
dovrebbe verificarsi; essa sarà avvertibile nel momento in
cui diverranno disponibili macchine più intelligenti
dell’uomo. In quel momento la superiorità umana in
termini intellettivi su tutto ciò che conosciamo
verrà meno e diventerà necessario adeguarsi
potenziando le nostre facoltà attraverso l’ausilio
della tecnologia. Ecco che nasce la
“postumanità”, dove il prefisso
“post” sta ad indicare che non si tratta di
qualcosa di radicalmente nuovo, ma di una evoluzione del precedente
concetto (l’umanità) che mantiene inalterata la
sua essenza cambiando la propria forma e il proprio modo di
agire. Una nuova generazione di scrittori di fantascienza ha
trovato in questa teoria pane per i propri denti. In realtà
il concetto non era nuovo nella letteratura di genere; tra gli autori
considerati precursori c’è chi cita Asimov con il
racconto L’ultima domanda e chi Clarke
con 2001 Odissea nello Spazio e seguiti.
I nomi
nuovi e meno nuovi che stanno forgiando il genere sono quelli di Iain
Banks, Vernon Vinge, John C. Wright e naturalmente Charles Stross.
Quest’ultimo, con il suo acclamatissimo Accelerando4 del 2005, ha di fatto aperto la stagione della fantascienza
postumanista avviando una riflessione su come l’approssimarsi
della singolarità e il suo avvento modificheranno la
struttura sociale e le abitudini di vita
dell’umanità. Innegabilmente questa nuova corrente
della fantascienza ha il grande pregio di coniugare le istanze
ipercritiche del cyberpunk con l’ottimismo tecnologico degli
anni Novanta.
Si recupera così la stimolante riflessione
sull’impatto della tecnologia nel vivere quotidiano fatta
propria da Gibson, Sterling ed emuli, mitigandone i toni apocalittici e
permettendone una visione più a lungo termine, descrivendo
anche lo sviluppo dell’umanità nei secoli e
millenni futuri. Tuttavia molti restano i nei di questa fantascienza,
alcuni dei quali inevitabilmente ereditati dalla visione più
generale del postumanesimo (generale nel senso che, come si
è detto, si tratta di una teoria a tutto tondo sviluppata in
campi diversi da quelli della semplice narrativa di genere). Sul
piano stilistico la fantascienza postumana soffre degli stessi limiti
di quella cyberpunk: l’eccesso nell’uso di un gergo
tendente rapidamente all’invecchiamento. Influenzata
com’è dallo sviluppo informatico, tale corrente fa
ricorso nelle pagine dei suoi romanzi a terminologie tecniche da
“smanettoni” ignorando una norma classica della
fantascienza: evitare di far riferimento a realtà attuali
che possono rapidamente diventare desuete. Così risulta
alquanto improbabile che nel remoto futuro della postumanità
come descritto per esempio da Wright5 si parli ancora di file, backup,
update, interfacce e così via, una terminologia fortemente
ancorata all’attualità e come tale facilmente
superabile (si pensi a quando nel primo Guerre Stellari si
parlava dei “nastri rubati”, mentre nel recente L’Attacco
dei Cloni si fa riferimento ai “file
cancellati”).
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