Occorre
però liberarsi dell’idea del semplice transfert
bambino/animale, andare oltre, astrarre. E fare prima un passo
indietro, quando valeva ancora la logica delle differenze tra uomo e
animali da compagnia, amici che da sempre ci
vivono intorno, ma con un proprio statuto naturale solo in parte
modificato dalla cultura umana, poiché gli animali, una
volta soddisfatto il bisogno, hanno sempre solo riavviato lo stesso
ciclo. L'uomo, invece, dopo la gratificazione, ha sempre innescato
continuamente una spirale di nuovi desideri, con continui slittamenti,
spostandone incessantemente la soglia. Una crescita esponenziale su cui
si è costruita nel secolo scorso un’offerta di
beni sempre più variegata, con un surplus di informazioni
incorporate. Progressivamente le informazioni, le merci, chi le produce
e chi ne fruisce iniziarono a connettersi, sorse l’alba della
società dei consumi, la democrazia delle cose
andò a pieno regime. Dapprima, la società
industriale aveva instaurato l’equivalenza tra merci e uomini
e la conseguente reciproca scambiabilità. Nello
stadio successivo, l’attuale, l’economia ora
autenticamente democratica equipara tutto: produttori, consumatori,
merci e aziende in un possibile scambio perenne di ruoli e di statuti
ormai consistenti come un crème caramel. I
prosumer e tutte le varianti del concetto di consumo produttivo sono
indici di questa circolarità. Un gioco di permutazioni
ruotante intorno al concetto di flessibilità e che, messo in
grado di esprimersi appieno, annulla tutte le distanze, quella tra uomo
e macchina, tra naturale e artificiale, tra reale e finzione, tra
l’informazione, il mittente e il destinatario, tra uomo e
ogni altro essere vivente. Cyborg e avatar sono soggetti limite,
esponenti emblematici di un ben più ampio numero di
partecipanti – i consumatori – ai multi-gioco di
ruolo necessari per essere protagonisti nella società del
benessere. Un ordine pseudo-ludico dove la posta in palio
è sempre un nuovo bisogno/desiderio da soddisfare. A un
consumo poi ne segue un altro, c’è sempre un
desiderio da esaudire e le aziende che operano in quel determinato
mercato solerti innovano.
Un intervento che non si
limita unicamente a realizzare una novità di prodotto, ma
anche a sollecitare un nuovo bisogno/desiderio con il concorso di tutto
l’armamentario di marketing. Allora, ci si
chiederà: sono reali i bisogni dei consumatori o indotti?
Entrambe le cose: sono reali i bisogni di consumare le narrazioni che
le merci/marche incorporano, e tendenzialmente indotti quelli di
acquistare certi prodotti e non altri, in determinate
quantità con cadenze d’acquisto più o
meno prestabilite. Movimento tendenziale
“disturbato”, frenato o incrementato dal reddito
reale. È a partire da un bisogno reale di immaginario che si
acquistano e si consumano cibi e oggetti. In tal senso è
intrinseco lo slittamento da un desiderio a un altro e necessaria la
reiterazione, la coazione ad acquistare. A fare acquisti sempre
più personalizzati di grandi volumi di desideri, sempre
più desideri – che per definizione non hanno
confini – e che possono essere estesi anche ai desideri
altrui e, infine, a quelli dell’altro per eccellenza, tutti
gli altri viventi che abitano il pianeta, gli alieni fatti in casa, i
cani per esempio. Ecco perché l’acquirente di
petcare può ben esprimere la quintessenza del
consumo.
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