“We are ever so clean” - extended version

“If only for a moment” - extended version

 

Blossom Toes

Sunbeam Records 2007

 

 

 





 

“We are ever so clean” & “If only for a moment” di Blossom Toes

 

Psichedelia, Londra e concerti, che cosa vi viene in mente? Beh, ovviamente, Beatles, Pink Floyd, Soft Machine, Jimi Hendrix Experience, Cream, Traffic, Crazy World of Arthur Brown e sigle o eventi e date ormai entrati a pieno diritto nelle mitologia rock come il 14 Hour Technicolour Dream, evento all’Alexandra Palace di Londra nell’aprile 1967, che segna il culmine della primavera dei fiori o International Times, il primo giornale underground che diventa il promotore di tanti appuntamenti e locali alternativi. Come l’Ufo, dancehall teatro di performance memorabili, o, ancora, Perfumed Garden, programma radiofonico che vede dietro al microfonono un dj del calibro di John Peel che dispensa nell’etere note “acide” e floreali. Ebbene in questo calderone, scoperti da Giorgio Gomelsky, illuminato produttore che portò in sala d’incisione tanti mostri dell’epoca (Cream, Yardbirds, Soft Machine ecc.) c’erano anche i Blossom Toes, un quartetto che nel biennio 1967-1969 dà alle stampe due dischi  - “We Are Ever So Clean” e “If Only For A Moment” - che varrebbe la pena procurarsi per almeno due motivi. Primo perché, dopo quarant’anni, tornano sul mercato rimessi a lucido in un’edizione extralusso e, soprattutto, di carattere ufficiale con una pioggia di bonus track e note dei musicisti (che, vale la pena ricordare, sono nel frattempo tornati in possesso dei diritti).

E poi, perché, sono due belle prove, ben al di sopra la media di tanti nomi più altisonanti del flower pop. Soprattutto, più che degno, è l’album di debutto con la formazione originale: Brian Godding (chitarra), Jim Cregan (chitarra), Brian Belshaw (basso) e Kevin Westlake (batteria). Gomelsky li trascina in studio e accompagnati da un’ orchestra e un manipolo di session men registrano15 tracce che suonano ancora oggi magicamente fresche e spontanee. Forse un po’ ingenue, certo non siamo di fronte a capolavori dell’epoca quali “Sgt. Pepper” o “Forever Changes” dei Love, per citare un modello d’oltreoceano,  ma lo spirito è quello. Testi fantastici, cura artigianale negli arrangiamenti orchestrali, chitarre in primo piano, coretti e controcanti e, soprattutto, bellissime melodie un po’ lunatiche quasi sospese o senza tempo. Un pop eccentrico, per trovare un paragone più vicino temporalmente a noi si potrebbero citare gli XTC, con brani che una volta ascoltati rimangono in testa come la sognante Love is o la più ritmata Telegram Tuesday. Ben dieci le bonus, tra outakes, inediti, demo e versioni live. Purtroppo “We are ever so clean” rimane un esperimento: la maggior parte delle canzoni risultano impossibili da proporre in versione live e il gruppo deve ripiegare in concerto su cover di Captain Beefheart. Ripiegare è forse il verbo sbagliato, visto che la seconda prova è nel segno del blues. Blues duro e acido come quello di Peace Loving Man, la track che apre la side A di “If Only For A Moment”. Qui le atmosfere sognanti del primo album lasciano spazio a un sound più terreno e sanguigno disseminato di strepitosi interplay di chitarra tra Godding e Cregan. La formazione nel frattempo è mutata e il disco vede tra le new entry Barry Reeves alla batteria (al posto di Westlake), Poli Palmer alle percussioni e, come ospite, l’americano Shawn Philips al sitar. Qui le bonus sono sette e tra queste la corale Listen To The Silence (in versione live) e l’anthem New Day (demo per un 45 giri mai pubblicato) che apparirà nel 1971 nell’album “Workers Playtime” dei BB Blunder. reincarnazione jazzy dei Blossom Toes. Da segnalare che appena prima di sciogliersi i Blossies (Godding, Cregan e Belshaw) entrano a far parte del cast stellare che incide il bellissimo l’esordio folk-jazz di Julie Driscoll: “1969”.

 

 

     Recensione di Claudio Bonomi