Psichedelia,
Londra e concerti, che cosa vi viene in mente? Beh, ovviamente,
Beatles, Pink Floyd, Soft Machine, Jimi Hendrix Experience, Cream,
Traffic, Crazy World of Arthur Brown e sigle o eventi e date ormai entrati a pieno diritto
nelle mitologia rock come il 14 Hour Technicolour Dream, evento
all’Alexandra Palace di Londra nell’aprile 1967, che segna il
culmine della primavera dei fiori o International Times, il primo
giornale underground che diventa il promotore di tanti
appuntamenti e locali alternativi. Come l’Ufo, dancehall teatro di performance memorabili, o, ancora,
Perfumed Garden, programma radiofonico che vede dietro al
microfonono un dj del calibro di John Peel che dispensa
nell’etere note “acide” e floreali. Ebbene in questo
calderone, scoperti da Giorgio Gomelsky, illuminato produttore che
portò in sala d’incisione tanti mostri dell’epoca (Cream,
Yardbirds, Soft Machine ecc.) c’erano anche i Blossom Toes, un
quartetto che nel biennio 1967-1969 dà alle stampe due dischi
- “We Are Ever So Clean” e “If Only For A Moment” -
che varrebbe la pena procurarsi per almeno due motivi. Primo perché,
dopo quarant’anni, tornano sul mercato rimessi a lucido in
un’edizione extralusso e, soprattutto, di carattere ufficiale
con una pioggia di bonus track e note dei musicisti (che, vale la
pena ricordare, sono nel frattempo tornati in possesso dei
diritti).
E poi,
perché, sono due belle prove, ben al di sopra la media di tanti
nomi più altisonanti del flower pop. Soprattutto, più che degno,
è l’album di debutto con la formazione originale: Brian Godding
(chitarra), Jim Cregan (chitarra), Brian Belshaw (basso) e Kevin
Westlake (batteria). Gomelsky li trascina in studio e accompagnati
da un’ orchestra e un manipolo di session men registrano15
tracce che suonano ancora oggi magicamente fresche e spontanee.
Forse un po’ ingenue, certo non siamo di fronte a capolavori
dell’epoca quali “Sgt. Pepper” o “Forever Changes” dei Love, per
citare un modello d’oltreoceano,
ma lo spirito è quello. Testi fantastici, cura artigianale
negli arrangiamenti orchestrali, chitarre in primo piano, coretti
e controcanti e, soprattutto, bellissime melodie un po’
lunatiche quasi sospese o senza tempo. Un pop eccentrico, per
trovare un paragone più vicino temporalmente a noi si potrebbero
citare gli XTC, con brani che una volta ascoltati rimangono in
testa come la sognante Love
is o la più ritmata Telegram
Tuesday. Ben dieci le bonus, tra outakes, inediti, demo e
versioni live. Purtroppo “We are ever so clean” rimane un
esperimento: la maggior parte delle canzoni risultano impossibili
da proporre in versione live e il gruppo deve ripiegare in
concerto su cover di Captain Beefheart. Ripiegare è forse il
verbo sbagliato, visto che la seconda prova è nel segno del
blues. Blues duro e acido
come quello di Peace Loving
Man, la track che apre la side A di “If Only For A
Moment”. Qui le atmosfere sognanti del primo album
lasciano spazio a un sound più terreno e sanguigno disseminato di
strepitosi interplay di chitarra tra Godding e Cregan. La
formazione nel frattempo è mutata e il disco vede tra le new
entry Barry Reeves alla batteria (al posto di Westlake), Poli
Palmer alle percussioni e, come ospite, l’americano Shawn
Philips al sitar. Qui le bonus sono sette e tra queste la corale Listen To The Silence (in versione live) e l’anthem New
Day (demo per un 45 giri mai pubblicato) che apparirà nel
1971 nell’album “Workers Playtime” dei BB Blunder.
reincarnazione jazzy dei Blossom Toes. Da segnalare che appena
prima di sciogliersi i Blossies (Godding, Cregan e Belshaw)
entrano a far parte del cast stellare che incide il bellissimo
l’esordio folk-jazz di Julie Driscoll: “1969”.
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