Di fronte
alla enorme quantità di opere che compongono l’immaginario della
nostra epoca, diventa cruciale la necessità di organizzare,
censire, catalogare l’immenso materiale che è sotto i nostri
occhi. Operazione che hanno intrapreso da tempo Balló e Perez,
due ricercatori di Barcellona.
Per
poterlo comprendere, studiare, e naturalmente godere.
Dopo
Miti del cinema. Semi immortali, sempre proposto in italiano
da Ipermedium nel 1999, i due cartografi catalani
dell’immaginario tornano ad occuparsi di immagini in movimento.
Ma se nel
primo lavoro si sono dedicati al continente cinema, per
dimostrare come tutto il cinema ha tratto i suoi
materiali dalla mitologia e dalla fiaba, e tutte le trame
possano riferirsi a ventuno nuclei basilari, in Io sono già
stato qui, i due autori si rivolgono alla mappatura di un
arcipelago ancora più ricco, quello della serialità televisiva,
esplorandone i territori con cura e ricchezza di particolari.
Anche qui,
come nel libro precedente, si cercano intrecci e legami. Fra il
dipanarsi delle trame dei serial e gli archetipi
dell’immaginario, quei temi fondanti che sono alla base di tutte
le narrazioni della modernità, ma che hanno radici molto più
indietro nel tempo.
E così, se
in Miti del cinema i due studiosi catalogavano i film
sulla base del riferimento a un numero finito di nuclei, appunto
i “semi immortali” del cinema, ventuno, per l’esattezza, qui il
rapporto che viene istituito è fra la dimensione di saga
intrinseca alla serialità e il conflitto in tutte le sue forme.
Alla
radice, la centralità, l’indispensabilità della famiglia, della
patria, del rapporto con l’amore e con la morte, della fuga e
del ritorno.
Perché non
basta, per spiegare e catalogare la serialità televisiva, il
riferimento ai miti classici. Parliamo di televisione, quindi di
Modernità. Il che vuol dire che non possiamo fare a meno di
annoverare fra le radici delle trame dei racconti televisivi il
cinema stesso, la narrativa di massa, il teatro shakespeariano.
In
sostanza, tutto ciò che possiamo circoscrivere sotto il segno
della ripetizione, della replica: di temi, caratteri,
trame.
Perché
questo è il punto di forza della narrativa di massa: la capacità
di collocare il fruitore in uno spazio/tempo elastico,
dove se da un lato si ritrovano elementi noti – e quindi
rassicuranti – dall’altro vi sono, vi devono essere sempre
elementi di novità, quelli che assicurano quella quota minima di
“perturbante” che gli permette di incuriosirsi, di porsi di
fronte all’inconsueto, e quindi di godersi la narrazione.
Sulla
scorta di un vecchio saggio di Umberto Eco, ma con la ricchezza
di una catalogazione e di una riorganizzazione dei materiali
utile, didatticamente e scientificamente.
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