Io sono già stato qui. Fiction e ripetizione
di Jordi Balló e Xavier Pérez
Ipermedium, Napoli, 2007
Pagine: 238
Prezzo: € 16.50

 

 

 

 





 

 

 

Io sono già stato qui. Fiction e ripetizione di Jordi Balló e Xavier Pérez

 

 

Di fronte alla enorme quantità di opere che compongono l’immaginario della nostra epoca, diventa cruciale la necessità di organizzare, censire, catalogare l’immenso materiale che è sotto i nostri occhi. Operazione che hanno intrapreso da tempo Balló e Perez, due ricercatori di Barcellona.

Per poterlo comprendere, studiare, e naturalmente godere.

Dopo Miti del cinema. Semi immortali, sempre proposto in italiano da Ipermedium nel 1999, i due cartografi catalani dell’immaginario tornano ad occuparsi di immagini in movimento.

Ma se nel primo lavoro si sono dedicati al continente cinema, per dimostrare come tutto il cinema ha tratto i suoi materiali dalla mitologia e dalla fiaba, e tutte le trame possano riferirsi a ventuno nuclei  basilari, in Io sono già stato qui, i due autori si rivolgono alla mappatura di un arcipelago ancora più ricco, quello della serialità televisiva, esplorandone i territori con cura e ricchezza di particolari.

Anche qui, come nel libro precedente, si cercano intrecci e legami. Fra il dipanarsi delle trame dei serial e gli archetipi dell’immaginario, quei temi fondanti che sono alla base di tutte le narrazioni della modernità, ma che hanno radici molto più indietro nel tempo.

E così, se in Miti del cinema i due studiosi catalogavano i film sulla base del riferimento a un numero finito di nuclei, appunto i “semi immortali” del cinema, ventuno, per l’esattezza, qui il rapporto che viene istituito è fra la dimensione di saga intrinseca alla serialità e il conflitto in tutte le sue forme.

Alla radice, la centralità, l’indispensabilità della famiglia, della patria, del rapporto con l’amore e con la morte, della fuga e del ritorno.

Perché non basta, per spiegare e catalogare la serialità televisiva, il riferimento ai miti classici. Parliamo di televisione, quindi di Modernità. Il che vuol dire che non possiamo fare a meno di annoverare fra le radici delle trame dei racconti televisivi il cinema stesso, la narrativa di massa, il teatro shakespeariano.

In sostanza, tutto ciò che possiamo circoscrivere sotto il segno della ripetizione, della replica: di temi, caratteri, trame.

Perché questo è il punto di forza della narrativa di massa: la capacità di collocare il fruitore in uno spazio/tempo elastico, dove se da un lato si ritrovano elementi noti – e quindi rassicuranti – dall’altro vi sono, vi devono essere sempre elementi di novità, quelli che assicurano quella quota minima di “perturbante” che gli permette di incuriosirsi, di porsi di fronte all’inconsueto, e quindi di godersi la narrazione.

Sulla scorta di un vecchio saggio di Umberto Eco, ma con la ricchezza di una catalogazione e di una riorganizzazione dei materiali utile, didatticamente e scientificamente.

     Recensione di a.f.