Nel
1933, al termine di una luminosa carriera, H.G. Wells pubblicava
il suo The Shape of Things
to Come: non un romanzo, ma un ampio affresco fantascientifico
su un possibile futuro fino al 2106, una sorta di libro di storia
del XXI e XII secolo con finale a lieto fine. Sei anni dopo, nel
1939, molto prima di esordire nel campo della narrativa e
diventare la stella del firmamento della science-fiction
americana, Robert Heinlein scriveva For
Us, the Living riprendendo la lezione di Wells e dando una sua
personale interpretazione della storia futura dell’umanità.
Inedita
fino alla sua morte, l’opera è giunta per la prima volta in
Italia nel 2005 in edizione Urania e nell’aprile 2007 la
Mondadori lo ha ripubblicato nella “Piccola Biblioteca Oscar”
con un bell’apparato critico: apre infatti un’introduzione
dello scrittore di fantascienza Spider Robinson che ha tra
l’altro preparato, per il centenario di Heinlein caduto lo
scorso luglio, un romanzo basato su un’idea inedita
dell’autore, e chiude una postfazione di Robert James che ha
scoperto e personalmente curato la pubblicazione del manoscritto
di Heinlein.
A
noi vivi,
il cui titolo si rifà all’esortazione del presidente Lincoln
all’indomani della guerra civile americana “È a noi vivi che
spetta di portare a termine il lavoro lasciato incompiuto da
quelli che qui combatterono”, è un romanzo atipico, forse
nemmeno un romanzo ma una lunga, complessa dissertazione di
economia, sociologia, politica. Heinlein vi infonde tutta la sua
indistruttibile fede nel successo del sistema americano, sia dal
punto di vista della struttura sociale che da quella del way
of life individuale.
La
vicenda che funge da filo conduttore non è altro che un pretesto,
un escamotage che
consente al protagonista Perry Nelson di ritrovarsi
improvvisamente catapultato nel 2086, a centoquarantasette anni
nel futuro. E anche le figure che incrociano la vita nuova di
Perry – la bella Diana, la saggia Olga, il paziente Hedrick –
non sono che tante voci diverse di uno stesso, unico protagonista:
Robert Heinlein. Come ha efficacemente intuito Spider Robinson
nell’introduzione all’opera, A
noi vivi rappresenta il “DNA di Heinlein”: “…È tutto
qui, allo stadio embrionale, in anteprima. Così come la sua
splendida, inconfondibile voce”.
Non
si tratta di un romanzo profetico, anche se non mancano alcune
giuste intuizioni (come l’Europa unita nata all’indomani della
Seconda guerra mondiale, il suicidio di Hitler e le dimissioni di
Mussolini). È piuttosto un’opera che presenta una “storia del
mondo secondo R.A. Heinlein” che non a caso garantisce agli
Stati Uniti un futuro luminoso mentre il resto del mondo si
barcamena nelle difficoltà di ogni giorno.
Il
successo degli USA sta per Heinlein tutto nell’isolazionismo e
soprattutto nell’istituzione di un rivoluzionario sistema
economico che rappresenta l’ideale terza via tra i mali del
capitalismo selvaggio - che aveva condotto l’America alla Grande
Depressione negli anni in cui Heinlein scrive l’opera - e quelli
del socialismo monolitico. Un sistema economico che non è frutto
dell’originalità di Heinlein ma che è esistito veramente a
livello teorico e che negli ultimi anni Trenta si tentò di
applicare in alcuni stati del Canada: il Social
Credit.
Seguire
le bizzarre evoluzioni intellettuali di Heinlein su questa strada
è difficile e forse inutile in quanto, come tutte le terze vie,
anche quella del Social Credit poggia su un castello di carte,
come si potrà rendere facilmente conto chi è aggiornato
sull’economia internazionale nella pratica e nella teoria.
Piuttosto,
A
noi vivi va goduto a due diversi livelli: agli appassionati di
Heinlein offre il divertimento di rintracciare tra le pagine tutte
le idee e le convinzioni che l’autore approfondirà maggiormente
nei suoi romanzi successivi (dal sesso libero all’immortale
desiderio di conquistare la Luna); a chi vuole leggere un bel
libro di fantascienza utopistica, invece, A
noi vivi offre stimoli costanti e ancora oggi attuali riguardo
soprattutto le convenzioni sociali: la strenua difesa della sfera
della privacy acquisterà per il lettore odierno un valore
particolare, così come il disinvolto atteggiamento riguardo i
rapporti sentimentali e sessuali che ci dimostra come il pudore
resti, inevitabilmente, il prodotto nefasto di una civilizzazione
promossa nella Storia da intransigenti gerarchie ecclesiastiche
che poco hanno a che vedere con la vera natura dell’essere
umano.
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