Aelita
di Tied & Tickled Trio
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Aelita di Tied & Tickled Trio

 

In questo disco sono in cinque, Markus e Micha Acher, Carl Oesterhelt Andreas Gerth, Cristoph Brandner, in media suonano dai quattro ai dieci musicisti, formalmente si definiscono trio ma il combo è stato fondato da un duo (gli Acher, membri della band Notwist).

Non basta: ammiccano a pratiche erotiche kinky (tied & tickled vuol dire legato/a e solleticato/a), flirtano con il jazz (le belle incursioni della sezioni fiati nel precedente disco, “Observing Systems”), ma anche con elettronica, dub e hip hop. Abbondano di citazioni e rimandi colti nelle interviste come nei video e nei brani. Questo in sintesi il Tied & Tickled Trio che qui davvero si supera quanto a citazioni – allusioni più che altro, considerata la estrema parsimonia delle note allegate.

La scaletta dei brani racconta molto: la title track è in tre parti, apre e chiude il disco con il secondo episodio posto al centro (quarta traccia) ed è subito citazione: Aelita, ovvero il titolo del primo film di fantascienza sovietico girato nel 1922 da Yakov Protazanov e liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Aleksey Nikolaevic Tolstoj (edito in Italia nell'antologia “Noi della galassia”, Editori Riuniti, 1982).

Eterogenee le fonti che ispirano gli altri cinque brani: You Said Tomorrow Yesterday (seconda traccia) è un lavoro dell’artista newyorkese Christopher Wool, Tamaghis (terzo pezzo) proviene da “Cities Of The Red Light” di William Burroughs, la quinta traccia, A Rocket Debris Cloud Drifts, cita una foto Nasa del 27 febbrario 2007, la più squisita e inusuale tra le citazioni, Chlebnikov, è il titolo della sesta traccia e Other Voices Other Rooms è il titolo di una storia di Truman Capote.

Veniamo alla musica molto più omogenea delle fonti extra musicali che la ispirano, anzi, sembra quasi un concept album senza parole, astratto e soffuso di malinconia. Vero e proprio elogio del metallofono, sono le tre Aelita, scatole sonore pensate per andare in repeat all’infinito senza mai tediare, variazioni su una medesima cellula sonora. Qualcosa di molto affine alle atmosfere di Colleen (vedi Quaderni D’Altri Tempi n. 9). La successiva You Said Tomorrow Yesterday si direbbe scritta sotto il segno di Badalamenti per accompagnare qualche giro su una giostra marziana, mentre la pulsante/percussiva Tamaghis seduce sinuosa e avvolgente, rimandando ai primissimi Air, quelli dell’illuminato esordio su ep. Bello il crescendo per una suspence irrisolta in A Rocket Debris Cloud Drifts da cui trapelano palpabili omaggi alla space music e la psichedelia. La traccia dedicata/ispirata al cubo-futurista Chlebnikov, “eterno vagabondo, sempre incalzato dall’irrequietudine” come ebbe a scriverne Angelo Maria Ribellino, è brumosa, avvolta in un velo di malsano malessere. “I numi sono spettri in grembo al buio” recita un verso del poeta russo e questi suoni ne sembrano l’ideale accompagnamento, complice la tristezza profusa da un violoncello campionato. Other Voices Other Rooms sviluppa una trama danzabile, quasi un funky etereo confinante anche qui con l’electro-pop alla Air.  Infine, come si è detto, chiude il suono perpetuo di Aelita III. Questa è davvero musica del XXI secolo.

     Recensione di g.f.