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Ho letto romanzi in cui erano protagoniste delle donne che però erano o dure di animo e fisicamente come un uomo o solo divertenti. Ho cercato di creare un personaggio che fosse duro, ma anche divertente. Per quanto riguarda il titolo, mi occorreva un tema che collegasse i vari romanzi che intendevo scrivere. Mentre scrivevo la storia e abbozzavo il personaggio, sulla mia scrivania c’era una bottiglia di Jack Daniels ed ho pensato che era un nome perfetto, perché Jack sta anche per Jacqueline. Così ho deciso di intitolare tutti i miei romanzi con i nomi di famosi liquori. Il lettore non dovrà ricordarsi il mio nome o il titolo del romanzo, ma semplicemente chiedere se c’è quel libro intitolato come un drink. Un libro vive anche di marketing. Ti sei ispirato a donne che hai conosciuto per il tenente Daniels? Nel personaggio di Jack Daniels ci sono molte donne che ho conosciuto: c’è un po’ di mia madre, anche se non va a caccia di serial killer, così come ci sono mia moglie e la mia agente letteraria. Il personaggio di Herb Benedict sembra un tuo alter ego: è così? Una delle cose che mi piace fare come scrittore è quello di rendere simpatici i personaggi dei miei romanzi e metterli, in qualche modo, in relazione con i lettori. La gente si preoccupa del proprio peso e inserire un personaggio a cui piace mangiare produce un effetto “identificazione” che rende attraente il personaggio. Benedict è nato perché io non riesco a stare nei pantaloni, ma mi piace anche mangiare, proprio come lui. Una caratteristica del romanzo è lo humour di cui è intessuta la trama, a cui fanno da contrasto le scene di violenza… Un grande come Mickey Spillane diceva che c’è più gente che mangia pop corn che caviale. Io voglio che i miei libri siano divertenti. Generalmente, mi astengo dal fare prediche attraverso le mie storie, anche se non rinuncio a riflettere sulla condizione sociale e politica dell’americano di oggi. Ma vorrei essere ricordato come un autore che scrive romanzi divertenti e di intrattenimento. Qual è il tuo metodo nello scrivere? Di solito ci metto circa un mese a scrivere un romanzo. Il mese in cui scrivo è febbraio. Mi sveglio alle 8.00 di mattina e scrivo fino alle 22.00, mettendo insieme circa 3.000 parole. Alla fine del mese ho il mio romanzo bello e pronto che invio al mio editor. A questo punto il libro viene fatto a pezzettini e riscritto almeno sei o sette volte. Passo il resto dell’anno a promuovere il libro e ad incontrare i lettori. Negli Stati Uniti escono, ogni anno, circa 40mila libri e gli scrittori devono fare di tutto per far vendere i propri romanzi. Dall’alto della tua esperienza, cosa ti senti di consigliare agli aspiranti scrittori? A tutti gli aspiranti scrittori dico: immaginate di fabbricare una chiave, per qualsiasi uso e di qualsiasi forma. Alla fine, potete avere la più bella chiave del mondo, ma la cosa importante è trovare la giusta serratura. Scoprite quello che la gente vuole e scrivete ciò che la gente vuole leggere. Insomma, scoprite la giusta serratura.
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