Alexander Höbel e Gianpaolo Iannicelli
La strage del treno 904. Un contributo dalle scienze sociali
Ipermedium, Napoli, 2006
pagg. 122,
€ 12,00

 

 

 

 





 

La strage del treno 904. Un contributo dalle scienze sociali di Alexander Höbel e Gianpaolo Iannicelli

 

Diversi anni fa, riflettendo a posteriori sulla strage di Oklahoma City, Furio Colombo sosteneva che crimini del genere negli Stati Uniti erano diventati possibili – e negli anni successivi sono diventati anche più frequenti, dobbiamo aggiungere – per l’incapacità delle agenzie governative di capire la situazione sociale americana, anche a causa dell’abdicazione della sociologia americana, persa attorno all’esigenza politically correct di far parlare i dati (statistici) e non le analisi, alla costruzione di una teoria dell’azione sociale. E commentava come questa era la dimostrazione migliore di quanto l’ostracismo a Wright Mills e al suo invito a praticare l’immaginazione sociologica avesse funzionato perfettamente, fino all’oblio.

Stesso problema potremmo sostenere si pone da sempre in Italia, quando si sfiorano gli anni che vanno dai Sessanta almeno a Tangentopoli compresa, quindi anche gli anni dello “stragismo”. Troppo delicati, questi problemi, perché se ne occupino i sociologi. Meglio che lo facciano i politici, gli storici, i giornalisti, i moralisti (!)

Questo libro quindi rompe un tabù, e incrina un fronte, quello dei professionisti dell’analisi a posteriori – tutti, indubitabilmente, politicamente corretti!

Mentre invece, fatti così catastrofici, frutto di processi nascosti, quindi di manovre opache e inconfessabili, che hanno effetti sul collettivo come sull’individuale, dovrebbero incidere sulla memoria storica quanto su quella collettiva e individuale in maniera indelebile.

Cosa che non sempre succede: si tende a rimuovere e a dimenticare, secondo uno schema già in passato sperimentato e rifinito, anche attraverso l’appropriazione del monopolio ad occuparsene.

L’intervento delle scienze sociali sulla questione, grazie agli autori, apre nuovi spunti di analisi e di riflessione, e mostra come l’immaginazione sociologica invece possa funzionare ancora come grimaldello analitico.

Fra l’altro, quelli furono anni in cui quei treni, quelli contro cui si esercitò la pratica della strage, erano frequentati, anche settimanalmente, da persone che questa memoria sarebbero stati particolarmente in grado di esercitarla: lavoratori, e famiglie di lavoratori, spesso pendolari settimanali fra il sud e il nord, in una riedizione appena più comoda delle grandi migrazioni interne del dopoguerra, fatte di viaggi interminabili su sedili ancora di legno.

Cui si aggiungevano emigrati di tipo nuovo, rispetto a quelli: insegnanti, impiegati statali, anche magistrati. Uno strato di emigrati “intellettuali” nuovo, più attento e consapevole, magari, venuto dal dopo 1968, attento e sensibile alle questioni sociali. Persone attente anche alla memoria dei fatti, recenti e passati, che ancora sente qualche volta il brivido di aver sfiorato quel treno, quella strage, quell’attentato: dal 1974 dell’Italicus, al 1980 della stazione di Bologna, al 1984 del 904.

Ciò che, insieme alla loro difficoltà ad essere ascoltati è esattamente quella memoria collettiva che fa da collante sociale e generazionale, senza il quale rimangono solo spazi vuoti, a maggior ragione in anni così veloci a mutare come i nostri. Rimane la verità storica, che però nel nostro caso, e in prospettiva per tutto il periodo che va dal 1968 circa agli anni Novanta, rimane piuttosto opaca e vuota, appannaggio di chi, con l’alibi dei fatti, finisce per sterilizzare e svuotare, o di qualche grillo parlante di un tempo che – questo sì – ricorda ancora fin troppo bene il suo mestiere.

Persone, i vivi e i morti, che hanno diritto a sapere e a far ricordare, o almeno a poter ragionare su quegli anni, eliminando dita fatte per nascondersi dietro e impudiche foglie di fico.

Il volume di Höbel e Iannicelli traccia un possibile sentiero. Magari altri proveranno ad inoltrarvisi.


 

     Recensione di a.f.