È tempo di viaggiare nel tempo | |
di
Stefania Grasso | |
Il tempo, la dimensione in cui si concepisce e si misura il
trascorrere degli eventi, parrebbe muoversi secondo una rigida traiettoria
definita da un passato immodificabile e un futuro che ancora non ha avuto
luogo. La complessità del concetto tempo è
stata da sempre oggetto di riflessioni
filosofiche e
scientifiche da parte dell’uomo: dalla conoscenza
del futuro alla sua possibile riprogrammazione, dalle regressioni temporali del
mago Merlino sino alla simulazione del funzionamento dei
neuroni all'interno di un sistema informatico.
L’antico ma mai tramontato sogno della continuità, il controllo ed il dominio
del tempo, il delirio di onnipotenza oppure, semplicemente, la corsa autonoma
ed inarrestabile del progresso, rappresentano alcune delle possibili risposte
al desiderio umano di realizzare i propri sogni che sopravvivono tuttora nelle
visioni della letteratura fantascientifica. Una macchina del tempo per visitare
il passato, al fine di modificare gli accadimenti futuri, o per conoscere il
futuro, oltrepassando le barriere spazio-temporali, potrebbe, nel concreto,
dare corpo alle teorie scientifiche capisaldi della scienza moderna, come la
meccanica quantistica e la relatività einsteiniana, per le quali la concezione
del tempo inteso irreversibile e unidirezionale sembra svuotarsi di
significato. Il film The Time Machine[1] diffonde a livello internazionale la
teoria quadrimensionale, che
accosta il
tempo alle tre dimensioni dello
spazio, rendendo conseguentemente plausibile e veritiera la possibilità
di un
viaggio nel tempo: nello spazio a quattro dimensioni non esiste più il tempo
assoluto della fisica classica, spazio e tempo si dilatano e si comprimono in
funzione della velocità… e tutto (incluso il tempo) diventa relativo. Basato
sul classico di fantascienza di H.G. Wells, The
Time Machine[2], è la storia di uno scienziato determinato a dimostrare la
fattibilità del viaggio nel tempo. La sua tenacia si trasforma in disperazione
in seguito ad una tragedia personale che lo porterà a voler cambiare il
passato. Verificando le sue teorie con una macchina del tempo di sua
invenzione, si trova, invece, proiettato in avanti di 800.000 anni. Il romanzo,
pubblicato per la prima volta nel
1895, è la prima storia ad aver portato nella narrativa il concetto di
viaggio nel tempo grazie all’ausilio
di un mezzo meccanico. Anzi, possiamo affermare che è il romanzo che fonda la fantascienza come genere… ma,
nell’attuale epoca digitale in cui molti aspetti della vita quotidiana vanno
sotto il segno della digitalizzazione, se provassimo ad ipotizzare la
sostituzione del rigido sistema meccanico con la fluidità della codificazione
digitale, verso una realtà più leggera, conformemente al pensiero di Nicholas
Negroponte, per il quale “stiamo diventando tutti esseri digitali”? L’informazione smetterebbe, pertanto,
di essere semplice ricettacolo passivo dell’input
umano, diventando essa stessa viva, autoconsapevole nell’elaborazione di soluzioni
proprie, accrescendo il proprio contenuto di informazione, in modo da sfuggire
al destino della morte entropica. Il tema della salvezza dall’entropia viene
riproposto continuamente dai tecnognostici,[3] i quali aspirano alla liberazione della mente dalle catene del
corpo, sino a giungere alla trascendenza assoluta: l’infoanima extropiana verrebbe
spogliata dalla pesantezza della
materia, coronando il sogno dello studioso di robotica Hans Moravec di downloading e uploading della mente individuale. Incarnerebbe, cioè, la
possibilità di spostare la mente da un computer all’altro, tecnologicamente più
evoluto; la facoltà di viaggiare attraverso gli stessi canali telematici del
codice binario, muovendosi da un pianeta all’altro sotto forma di messaggio: sostanzialmente,
le menti disincarnate diverrebbero immortali, presenti in qualunque “dove” e in
ogni “quando”, a patto di “schermarsi” da eventuali guasti di sistema e
attacchi di pirateria informatica. Nel film Paycheck, ispirato al racconto di Philip K. Dick,[4] un brillante scienziato mette la sua mente al servizio di una
grande multinazionale. La segretezza dei suoi progetti viene mantenuta
cancellando sistematicamente la sua memoria, a fronte di un cospicuo assegno,
appunto un paycheck. Lo scienziato
scopre di essere stato ingannato e, grazie ad una busta inviata a se stesso dal
passato e contenente degli oggetti significativi, riesce a ricostruire la sua
identità, salvandosi la vita. In realtà il protagonista non ritrova la memoria
persa, ma la ricostruisce ex novo secondo alcuni “indizi”, rivelatori di
elementi passati, raccogliendo sapientemente scampoli di vita che, in fondo,
non ha mai vissuto, perché non ne ha memoria e che potrebbero, pertanto,
appartenere a chiunque. Selezionare i ricordi da tramandare al futuro è un
processo che dipende fondamentalmente dall’intensità di una data esperienza,
implica l’aver vissuto un’emozione che si è “stampata” nel cuore e nella mente:
il ricordo di mia madre non potrà mai essere evocato da una bella foto di momenti
trascorsi insieme o da belle parole animatrici di tristi pagine desiderose di
prender vita……..ma è, e lo sarà per sempre, il profumo della sua pelle, la luce
dei suoi occhi, il calore delle sue carezze. Sensazioni olfattive, visive,
tattili che non potranno mai essere ricostruite se non vivendole di volta in
volta attraverso la personale esperienza del sentire”. Paycheck significa, pertanto, nascere e morire
continuamente, azzerando ogni volta esperienze e conoscenze, come se non
avessimo mai vissuto. Il film mette in scena l’impossibilità di raccontare,
l’inutilità di un presente senza tempo, proiettato verso il tragico nulla; è il
trionfo della “profezia autoavverantesi”, in base alla quale la certezza
dell’accadimento di un certo evento spinge inevitabilmente la persona stessa a
realizzare ciò che ha annunciato. Solo in quest’ottica può essere pensata la
riprogrammazione del tempo, facendo cioè in modo che ciò che si prevede accada
realmente, tutelandosi da una possibile ribellione delle macchine, cosa che
avviene in Terminator.[5]
[1] G. Pal, L’uomo che visse nel futuro (The
Time Machine), USA, 1960; S. Wells, The
Time Machine, USA, 2002.
[2] H.G. Wells,
[3] Cfr. E. Davis, Techgnosis, Ipermedium, Napoli, 2001; A.
Fattori, A colloquio con lo sciamano Erik
Davis, in “Quaderni d’Altri Tempi” n. 7, gennaio 2007,
http://quadernisf.altervista.org/numero7/davis1.htm.
[4] J. Woo, Paycheck, USA, 2003; P. K. Dick, Previdenza, in Le presenze
invisibili, Mondadori, Milano, 1994; cfr. anche Paycheck, in “Quaderni
d’Altri Tempi” n. 8,
http://quadernisf.altervista.org/numero8/indexesploratori.htm.
[5]
J. Cameron, The Terminator,
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