Nel
sobborgo esotico della mente di James Ballard chiamato Vermilion
Sands i manufatti elettronici di Studio Azzurro potrebbero
costituire una parte integrante ed elegante del paesaggio,
accanto alle statue canore e le nubisculture, gli schermi
decorati, le case psicotrope e i quadri a pigmenti
fotosensibili. Quel ciclo di racconti (come buona parte se non
tutta l’opera di Ballard) e le video opere del collettivo
milanese – ora antologizzate in un doppio dvd – condividono la
medesima passione per l’archeologia dell’inconscio moderno.
Quella di Ballard è narrativa dell’affioramento secondo la
felice definizione di Antonio Caronia e la definizione si presta
bene a inquadrare i lavori di questo collettivo milanese ora
raccolte in un doppio dvd che antologizza l’attività di un
quarto di secolo. Più precisamente sono raccolti 60 videoclip di
tre minuti ognuno per altrettante opere, compresi i lavori
cinematografici.
Per
entrambi la chiave del presente è nel futuro, si tratta solo di
far emergere ciò che resta di quello che venne immaginato come
il domani interfacciandolo con l’atavico collettivo. Da questi
cortocircuiti prendono forma paesaggi mentali sostanziati dagli
elementi naturali, vento, sole, ombre, sabbia, quarzo… acqua,
alabastro, ambienti che introiettano la psiche umana replicando
quel singolare rovesciamento che proprio Ballard per primo intuì
e attuò nella forma racconto. Lo scrittore inglese non è l’unico
rimando alla fantascienza che si scorge in questi lavori (vedi
la recensione a Immagini vive in Quaderni d’Altri Tempi,
anno 1, numero 2), ma è sicuramente l’autore la cui influenza è
meno velata. Ad esempio, Rilievo della parte emersa è
videoinstallazione ballardiana sin dal titolo, oltre ad essere
un bell’esempio di archeologia del futuro, come osservare le
capsule spaziali in orbita con i corpi degli astronauti morti,
soggetto di più di un racconto di Ballard.
Quanto
agli ambienti sensibili, si guardi Nuvole e si torni agli
scultori di Vermilion Sands, scultori di nuvole. Oppure si pensi
alle case psicotrope, sensibili ai sentimenti e agli umori dei
propri abitanti: sono forse ambienti sensibili? “Spazi che hanno
la capacità di reagire alle sollecitazioni di chi li pratica, ma
anche attivatori di una sensibilità particolare che fa leva
sullo scambio contino di percezioni sensoriali tra componenti
materiali ed elementi virtuali”, come spiega Paolo Rosa
nell’intervista riportata nel libro Tracce, sguardi e altri
pensieri che completa il cofanetto e che ricapitola l’intera
vicenda di Studio Azzurro. Il libro riporta le relative 60
schede tecniche dei lavori antologizzati, una breve introduzione
del curatore e qualche stralcio dall’ormai consistente
bibliografia critica su Studio Azzurro. Una bibliografia che
curiosamente continua a ignorare il nesso naturale tra questi
lavori e la science fiction e ostinata nel cercare il maggior
numero di riferimenti cosiddetti colti (ben presenti, sia
chiaro, ma paradossalmente non i più qualificanti).
Un
abbaglio collettivo, complice l’abilità di Studio Azzurro nel
confondere i sensi. In fondo la prima videoinstallazione (1982)
venne intitolata Luci d’inganni e nessuno si è mai
chiesto perché.
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