Dobbiamo
molta bella musica al cinema delle serie inferiori, dai B-movies
ai Z-movies. Si pensi al filone Blaxploitation (quello di
Shaft per intenderci), oppure a un bel po’ di di cinema
italiano, che ha visto all’opera il genio di compositori come
Piero Umiliani o Ennio Morricone. Oggi, ad esempio, riesce
difficile guardare un film come Svezia, inferno e paradiso,
ma la colonna sonora mantiene intatto il suo valore. Anche il
cinema underground e/o d’avanguardia ha prodotto filmetti
dimenticabili, di cui oggi però salviamo volentieri la
soundtrack. Insomma, non a tutti è capitato di lavorare per
Werner Herzog (Popol Vuh) o per Peter Greenway (Michael Nyman).
Tra le pellicole oggi ricordate solo (o quasi) dagli archivi del
cinema, ce ne sono due che si avvalsero delle musiche di un
autentico mito della musica contemporanea: Terry Riley, faro per
artisti di ogni latitudine musicale, dai Soft Machine ai
Tangerine Dream. Le prime due tracce di questo disco sono la
colonna sonora di Les Yeux Fermés di Joël Santoni, che
uscì per la Warner Bros nel 1972. Le successive sei tracce (Lifespan)
sono la colonna sonora di Le Secret de la Vie di
Alexander Whitelaw (pubblicata nel 1974 dalla Philips) con Klaus
Kinski. Due film intorno ai temi del suicidio e della ricerca
dell’immortalità (sic!). Cronologicamente Les Yeux Fermés
si colloca tra A Rainbow In A Curved Air, uno dei dischi
fondamentali della seconda metà del Novecento e Persian
Surgery Dervishes, dove tutte le intuizioni di Riley trovano
un equilibrio assoluto e irripetibile. Ebbene, la musica della
prima colonna sonora è splendida, vale i due capolavori
suddetti. Riley, per la verità era già un faro della musica
contemporanea prima della pubblicazione di Rainbow In A
Curved Air grazie alla seminale In C, composizione
che ha generato tutta la corrente musicale minimalista
(definizione che si deve a Nyman), quella, per intenderci,
tuttora rigorosa di Steve Reich e quella di Philip Glass che ha
anche un po’ raggiunto il grande pubblico, perlomeno quello che
ha visto film come Koyaanisqatsi. Lavoro celeberrimo In C, di
durata variabile, che origina da un interminabile ostinato
costruito su un do eseguito nel registro acuto del pianoforte.
Tornando a questa ristampa, la prima colonna sonora si articola
in due parti che ripropongono il meglio dell’arte rileyana, quel
raga jazz elettronico che, come ha ricordato di recente su The
Wire lo stesso Riley, fu possibile legare appieno alle immagini
grazie a una certa lentezza del film, che si chiudeva con un
piano sequenza di buoni venti minuti, tanti quanti la seconda
parte della soundtrack, Happy Ending (che era
anche il titolo dell’originale Lp). In parte più
ortodossa e cinematografica la musica di Lifespan, ma che
pure tra fughe barocche e atmosfere jazzy è un commento sonoro
di finissima fattura. La ristampa si deve alla Elision Fields,
etichetta che ha già stampato lo scorso anno un altro prezioso
documento sonoro di Riley, “Poppy Nogood and The Phantom Band.
All Night Flight”, ovvero la seconda facciata di A Rainbow In
A Curved Air registrata dal vivo a New York il 22 marzo
1968.
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