La
musicista francese Cécile Schott in arte Colleen è riuscita in
pochi anni a creare un mondo musicale che potremmo definire come
l’equivalente di quei Racconti della soglia di Walter de
la Mare, lo scrittore inglese maestro del tono intermedio e
abile creatore di mondi di confine con il mistero, dove strane
presenze sono accennate, suggerite, mai svelate del tutto.
Colleen abita lì, tra le intercapedini di qualche nobile dimora
di campagna o in qualche soffitta, circondata dai suoni della
viola da gamba, della spinetta, dell’arpa, del clarinetto, del
glockenspiel, dei bicchieri di cristallo accordati per
risuonare, tintinnare nella penombra, all’imbrunire, tra veglia
e sonno.
Colleen è
suono fantasmatico che in questa sua quarta uscita è depurato
dai sample e dai loop (con trattamenti sopraffini,
ad esempio, si ascolti come lievita il frammento di valzer di
Ritournelle), la materia di cui erano fatti i sogni di “Everyone
Alive Wants Answers”, l’album
del
debutto (2003). Manifattura elettronica che in parte era già
stata abbandonata nel successivo e splendido “The Golden Morning
Breaks” del 2005 (il cui titolo riprende quello di una
composizione per liuto di John Dowland, compositore inglese del
XVI secolo), album che vede i campionamenti fare da protagonisti
solo in un paio di brani: The Happy Sea e I’ll Read
You A Story.
Colleen in
realtà era già approdata al totalmente acustico nella
registrazione del settembre 2004 alla radio olandese VPRO per la
serie Mort Aux Vaches (ma edita solo lo scorso anno dalla
Staalplaat), una serie di soli per zither, ukulele, carillon...
Il paese delle meraviglie di Colleen, astratto, senza tempo, in
particolare nel progetto commissionatole dalla radio nazionale
francese e che si è trasformato in un EP,
“Colleen Et
Les Boîtes A Musique”, che è una vera sagra di carillon di tutte
le taglie ed epoche, una giostra malinconica di melodie
psichedeliche. Così sorprende solo in parte la sequenza e la
costruzione di questa nuova uscita, che propone ben cinque brani
per sola viola da gamba, strumento di cui la Schott si è
innamorata dopo aver visto (e sentito) il film “Tous Le Matins
Du Monde” dedicato al compositore francese Marin Marais, con le
musiche eseguite da Jordi Savall. Apre con l’austera This
Place in Time (per sola viola da gamba), poi con
l’immaginifica Le Labyrinthe (un solo di spinetta), la
malinconica, crepuscolare Sun Against the Sun (clarinetto e
chitarra classica) l’aspra title track, ancora un solo
per viola da gamba, così come la successiva e sofferta Blue
Sands, l’atemporale Echoes and Coral (bicchieri di
cristallo), la sognante e carezzevole Sea of Tranquillity
(chitarra classica e clarinetto), Past The Long Black Land
(viola da gamba) e infine l’astratta Le Bateau (idem), un
po’ in affanno ma che si riscatta con una chiusura quasi
chitarristica. La scaletta parla da sola, questo disco arriva
direttamente dal futuro remoto, tramite qualche corridoio
temporale da cui Colleen entra ed esce ormai come una smaliziata
temponauta.
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