Non è vero
ma ci credo. Il titolo della brillante commedia di Peppino De
Filippo esprime alla perfezione i contrasti interiori che
stringono d’assedio l’uomo occidentale quando la sua ratio di
derivazione illuminista si imbatte in ciò che ha preceduto il
domino della tecnica sul mondo. I tarocchi fanno sorridere, a
distanza di sicurezza, si guardano con sufficienza, ma se si
consultano la prospettiva muta. Non è vero ma ci credo, appunto.
Chi invece ci crede perché è vero è Alejandro Jodorowski,
scrittore (Quando
Teresa si arrabbiò con Dio,
l figlio del giovedì nero)
regista (El
Topo, La Montagna incantata, Santa Sangre,
Il ladro dell’acrobaleno), istrionico uomo di teatro (il suo
Teatro Panico), visionario autore di fumetti a quattro mani con
Moebius dai tempi del progetto per Dune, ma soprattutto
oggi ambasciatore dei tarocchi nel mondo.
Conversazioni sulle vie dei Tarocchi
è l’approdo naturale dell’opera di divulgazione che ha prima
condotto nei suoi libri dedicati al tema – La danza della
realtà, Psicomagia, La via dei tarocchi - e
che qui vengono antologizzati nel volume che completa il
cofanetto. Il piatto forte è però il dvd racconto che intreccia
un’intervista realizzata a Parigi nella casa di Jodorowski e
riprese in teatro delle letture pubbliche dei tarocchi tenute in
Italia. Il perché della dimensione pubblica e la natura
artistica di queste letture, la dimensione magica dei tarocchi,
la loro virtù taumaturgica, tutto si sviluppa in un racconto
scorrevole che evidenzia l’interesse dell’artista solo per le
arti che rendono felici, dunque anche quelle che guariscono il
corpo e l’anima come i tarocchi (“Se l’arte non guarisce non è
arte dissi fra me e decisi di associare nelle mie attività arte
e terapia… ma io non sarei arrivato alla terapia dalla scienza
bensì dall’arte… non mi interessava l’arte che si faceva terapia
bensì la terapia che si faceva arte”). Tutto avvolto
dall’immaginazione rigogliosa di Jodorowski, animata da quella
vena surrealista che pervade l’intera opera del cileno e che ne
fa forse l’ultimo esponente storico. Il nesso tra surrealismo e
psicoanalisi, poi, è quasi superfluo ricordarlo.
Dunque un
personaggio/protagonista ridondante, però la regia di Baresi
riesce con discrezione a contenerne l’esuberanza. Anzi, riesce a
lasciare il segno costellando le riprese con piccole tracce
“firmate”, indizi autoriali. L’intervista – condotta da Gomma –
è infatti girata in video con inserti fisici, matrici di riprese
cinematografiche S/8 con il loro caratteristico colore violaceo,
interrotte a volte da bruciature e sbavature, che Baresi non è
nuovo a impiegare e che forse qui ci rimandano a un uso
anch’esso psicomagico dell’immagine. Le letture dei tarocchi in
teatro sono invece riprese in maniera classica con telecamere
digitali. Allora ecco che in teatro, a bilanciare il peso
specifico di Jodorowski, c’è la leggiadra Marianne Costa e le
sue divertite/divertenti traduzioni in tempo reale dei monologhi
della primadonna. Unico neo, la burla della presentazione di
Franco Battiato inclusa nel libro e ben evidenziata in
copertina: 10 righe appena.
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