De
Futura, una conversazione | |
di Gennaro Fucile* | |
Lontano dal pianeta Terra c’è Kobaia, probabilmente più un luogo spirituale che un corpo celeste. I suoi abitanti, perché Kobaia non è roccia fredda avvolta in chissà quale atmosfera, vantano una gran bella civiltà e noi terrestri abbiamo solo da imparare, ma quando le due razze, la nostra e la loro si incontrano non tutto fila liscio come l’olio. Questa è una imprecisa sintesi della saga Kobaia, raccontata in musica con testi “originali” in kobaiano dal gruppo francese Magma, progetto ideato sul finire degli anni Sessanta dal batterista e cantante Christian Vander (classe 1948), un autentico genio, inventore di una sintesi unica tra i generi musicali, personaggio di culto tuttora alla guida di una splendida macchina sonora dove nel tempo hanno militato musicisti di classe sopraffina, come Didier Lockwood, Jannick Top, Claude Engel, Bernard Paganotti, Yochk’O Seffer e, tuttora, Stella Vander. Nell’intervista che segue, Christian Vander riepiloga le tappe chiave della sua formazione musicale e l’essenza della sua musica, che negli anni si è espressa anche in altre formazioni come Offering, prima rodata in concerto e poi documentata anche su disco (Offering 1&2 e Offering 3&4). Prima di passare la parola a Vander, sarà utile fornire al lettore qualche cenno in più sulla sua avventura principale, Magma e ricordiamo che chi volesse approfondirne la storia e seguirne l’attività, può trovare quanto occorre sul sito www.seventhrecords.com e ulteriori informazioni si trovano su www.christian-vander-jazz.com. I pezzi della storia di Kobaia – saga distribuita in vari capitoli e tuttora un’opera non finita – si distribuiscono dall’album omonimo d’esordio a Attakh pubblicato nel 1978. In mezzo capolavori come Mekanik Dekstruktiv Kommandoh e Kohntarkosz. In seguito, Vander – tramite appunto la Seventh – ha iniziato a pubblicare nastri inediti che in parte integrano il racconto. Da una decina d’anni, Magma ha ripreso il suo canto. Oggi, accanto a Christian e Stella Vander, ci sono nuovi musicisti, ma la passione e la perfezione non sono state scalfite minimamente dal tempo. Che cosa ascoltavi da ragazzo e quale è stata l’influenza di tuo padre nella formazione dei tuoi gusti e delle tue passioni musicali? Io ascoltavo già quand’ero molto giovane il jazz e la musica classica. Billie Holiday, Art Blakey, Clifford Brown, Stravinsky, Wagner. Non fu mio padre adottivo che mi iniziò alla musica bensì mia madre. Lei mi ha fatto scoprire i “Grandi”. All’età di quattro anni, ero seduto accanto alla batteria di Blakey, quando suonava al « club Saint Germain » a Parigi. Quando sono diventate autonome le tue scelte musicali, ovvero quale musicista ti ha “portato fuori casa”? All’età di nove anni, da un’amica di mia madre, io ho avuto l’occasione di scoprire Ray Charles. Da subito ho amato la sua musica, il suo dolore, il suo grido. Non lo sapevo ancora ma era quel grido che cercavo in tutte le canzoni che ascoltavo. Come hai scoperto John Coltrane? Quando Ray Charles entrò nel suo periodo più “sciropposo”, John Coltrane arrivò al momento giusto, lui gli diede il cambio. Conobbi già John Coltrane nel 57-58 quando suonava con Miles Davis. Fu mia madre che me lo fece scoprire dicendomi “ascolta il SUONO!”. Dall’amore per Coltrane nasce Magma, da Magma nasce Offering, gesto d’amore incondizionato dedicato a Trane. Mi puoi spiegare questo eterno ritorno della tua musica alla spiritualità coltraniana? Di John, è stata l’energia, la passione nel suonare, la costruzione, il « suono », la sua visione a lungo termine che mi hanno ispirato. La musica di John Coltrane è una fonte inesauribile, una forza che mi trascina. C’è qualcosa d’altro che va al di là della musica. Se la musica di John non fosse stata altro che della musica, forse me ne sarei stancato. Ciò che è certo è che lui ha aperto una porta su di un mondo che noi non conoscevamo. Senza dubbio è stata questa sfrenata ricerca spirituale che lo ha condotto là. Per queste ragioni io ascolto e riascolto John regolarmente. Per me è una fonte inesauribile che posso ascoltare in modo diverso in ogni periodo della mia vita.
* Traduzione dal francese di Catya Borrone
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