Totem e tribù musicali

 

di Gennaro Fucile

 

 

Siamo immersi in un oceano di suono, frequenze che ci avvolgono, attraversano, che ci raccontano, suoni provenienti da mille direzioni e da mille tempi, la biblioteca universale, qui, oggi, non è quella sognata da Jorge Louis Borges, è la nostra personale libreria di files mp3 moltiplicata per milioni di analoghe raccolte. La biblioteca universale è ovunque e in nessun luogo, nella rete e nei lettori portatili, nei campionatori, nelle stazioni radio e nei telefoni cellulari. Tutte queste correnti sonore si interfacciano tra di loro e si intrecciano con i suoni del mondo, silenzi e rumori. Il creato artificiale risuona tutto e avvolge ognuno di noi, trasportandoci in una condizione tecno-ancestrale, che si addice ai componenti delle tribù insediate nei territori del benessere, i nostri territori, quelli della società occidentale che si presenta come una raccolta di tribù al cui interno vigono leggi, codici, comportamenti precisi, regolati in modo da rendere distintivo il microsistema.

Aggregazioni dove trasgredire è vietato, simulando un mondo precedente dove il peccato era reale. Al contrario che in passato, però, non è proibito, pericoloso e/o indecente uscire dalla tribù, o comunità se si preferisce: si può essere un tifoso di calcio, abbonato e legato a un club organizzato, “militare” in un’organizzazione ambientalista, appartenere ad un comitato pro o contro qualcosa, essere fan di una serie televisiva: si può uscire in qualsiasi momento. Anche se si fa parte di un movimento politico che ha assunto a proprio fondamento naturale la dichiarata appartenenza ad una tribù: quella dei padani. Quando le tribù degenerano in sette – come nel caso dei dianetici – le cose si complicano, come sempre accade in presenza di un ordine monoteista.

Siamo anche dentro tribù senza saperlo, lo siamo nel privato, o almeno siamo investiti da questa appartenenza virtuale nei nostri comportamenti d’acquisto e di consumo, abitando trasversalmente in diversi villaggi: quello degli affezionati alle merendine classiche e quelli degli sperimentatori a tutti i costi di nuovi yogurt. Qui le tribù si chiamano target.

A ciascuna tribù appartengono riti di riconoscimento e rituali di incontro con l’origine di tutte le cose che compongono quel determinato mondo, principio di tutte le cose che si manifesta talvolta e sempre viene evocato. In altri termini, il mondo occidentale benestante è suddiviso in target/tribù, sottosegmentato all’infinito e infinite sono le presenze/assenze del sacro senza religioso che da questo assetto si originano.

Ciascuna di queste tribù, replicando comportamenti ancestrali, trova nella musica il momento più alto del proprio avvertire l’urgenza del sacro. Vale anche nel caso stupido dei jingle pubblicitari che annunciano il periodico riapparire/manifestarsi della marca/prodotto.

Supposto che si riuscisse a concettualizzare una spiegazione della musica totalmente esatta, completa, dettagliata… questa sarebbe anche, immediatamente, una spiegazione soddisfacente del mondo, e quindi la vera filosofia.

Arthur Schopenhauer

La questione del sacro ruota intorno al manifestarsi del mondo, di quello infinito e di quelli infinitamente piccoli, ma sempre un risalire all’origine e il mondo nasce come suono. I miti lo hanno ripetuto incessantemente prima di spegnersi nella zona grigia della civiltà industriale. Lo sanno bene i mistici che non vedono, ascoltano. La musica ha un intimo legame con il sacro, probabilmente ne costituisce la prima epifania. Non deve stupire, l’orecchio è il primo a formarsi e a qualcuno non è sfuggito che il feto e l’orecchio possiedono la medesima forma. La musica eseguita con lo strumento originario della voce – il canto – nasce con la morte, si origina dal pianto di fronte a un corpo senza vita. Ora che altro è il territorio delimitato dal sacro se non le questioni chiave della vita e della morte?

Ancora  un legame sotteso: musica e poesia, la forma più musicale che le parole possono assumere. Ebbene, il sacro come la poesia circonda l’indicibile e se la poesia è un’eco dello spazio interno dell’individuo, il sacro è il canto corale della specie. La sua mirabile sintesi è stata la musica sacra, ma oggi? Dalle messe del primo Quattrocento a tutto il Novecento si sono composte in Occidente musiche di una bellezza letteralmente celestiale, come può constatare chiunque ascolti un’opera del contemporaneo Arvo Pärt. Non è questa però la musica sacra più consona ai nostri tempi. Questione di contenuti aggiunti: troppo intrisa di tradizione musicale e religiosa, poco in sintonia con le piccole tribù che abitano il mondo occidentale. D’altra parte, forse, volutamente, non è a questo mondo – il primo, quello altamente industrializzato – che si rivolge la tradizionale/moderna musica sacra, ma al secondo, al terzo, al quarto e a quello dei cieli.

 

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