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Il tratto comune delle tribù
occidentali risiede nell’essere immerse in un presente infinito nel
quale lo status elettivo è quello di giovane, indipendentemente
dall’anagrafe. Quindi sarà alla musica giovanile che bisognerà
risalire per individuare quale musica sacra si compone oggi. Evitando, in primo luogo, di
frugare nella mitologia del rock miliardario. Il pop in tutte le sue
infinite varianti è oggi la musica deputata all’intrattenimento. Escludiamo anche il jazz, che
continua a mantenere irrisolto il conflitto interiore tra la tendenza
anch’esso all’intrattenimento e l’impegno intellettuale e/o civile
(destino condiviso curiosamente con la fantascienza). Caveremmo poco anche dai vari
post rock, che assolvono il compito di tenere in vita le eresie musicali.
Ma ci avviciniamo molto, prossimi a quelle esperienze che con estetiche
adeguate riprendono il lavoro pionieristico inaugurato negli anni
Sessanta, allora legato alle esperienze psichedeliche e che dalla
California volarono, in particolare, verso la Germania. Ecco l’inizio della genesi. Secondo il punto di vista esoterico la musica è l’inizio e la fine
dell’universo. Tutte le azioni e i movimenti che avvengono nel mondo
visibile e invisibile sono musicali, cioè sono fatti di vibrazioni che
appartengono a un certo piano dell’esistenza. Hazrat Inayat Khan Serve una data di nascita, anche
se di comodo: il 1969, l’anno dell’allunaggio. Fu allora che uscirono
due dischi che si possono ritenere i primi segni concreti di musica sacra
senza religioso: TEB della Third
Ear Band e The Cycle Is Complete
di Bruce Palmer. Il primo è un concept album diviso in quattro movimenti
dedicati agli elementi fondamentali (acqua, terra, fuoco, aria), il
secondo apriva con una suite in tre movimenti, Alpha,
Omega, Apocalypse e chiudeva con Calm
Before Storm, un’autentica discesa vero il nulla. Nel pieno
dell’incendio elettrico appiccato dal rock, queste composizioni
mostrarono la relatività del tempo, di come precipitando giù nel passato
remoto si arrivava lontano nel futuro. Questi erano due dischi
incomprensibili perché troppo avanti nel tempo. Inseguendo simili frequenze ci si
imbatte in Popol Vuh, il libro sacro dei Maya ma anche nell’omonima
formazione tedesca che dopo un paio di dischi di elettronica più
ortodossa, svolta con un capolavoro musicale verso territori più
spirituali. Il disco si chiama Hosianna
Mantra e già dal titolo ricerca una comunione tra spiritualità
occidentale e orientale. L’anno è il 1972. Popul Vuh è in realtà
un’idea di Florian Fricke che sempre con la sigla del gruppo scriverà
buona parte delle colonne sonore dei film di Werner Herzog, da Cuore
di vetro ad Aguirre e Fitzcarraldo. In quegli stessi anni, i
Tangerine Dream scrivono autentiche sinfonie spaziali, prive della valenza
religiosa di Popol Vuh, ma altrettanto tese verso l’infinito (spazio
interno vs spazio esterno?). Sempre nel 1972, un alieno di nome Wendy
Carlos, già autore della mutazione per moog di Bach e della soundtrack di
Arancia Meccanica realizza Sonic
Seasonings, primo esempio di enviromental
ambient. Dedicato alle quattro stagioni è un effluvio di suoni
elettronici e naturali, una sinfonia dei cicli della natura. Nel nucleo
dei Popul Vuh c’è l’oboista Robert Eliscu, membro anche di un’altra
formazione tedesca i Beetween, altro nome eloquente. Il loro vertice si
chiama Dharana, spirituale ma ancora immerso nel religioso storicizzato
della cultura indiana (dharana,
in sanscrito, significa intima e
profonda concentrazione). Guarderà più in alto il chitarrista del
gruppo, Roberto C. Detrée con Architettura
Celestis, ambient ante
litteram. Musica che contempla il creato. In Germania arriverà qualche
anno dopo (nel 1978) Ildefonso Aguilar, artista spagnolo che riversa in
studio le registrazioni effettuate sul campo nell’isola di Lanzarote:
vento, terra vulcanica e sintetizzatori analogici sono i materiali di cui
è fatto Erosión. A sua volta
Edgar Froese dei Tangerine Dream dedica un album, Aqua,
ad uno dei quattro elementi. La musica cosmica, infine, svela
definitivamente il suo carattere sacro con Novus
Magnificat di Costance Demby, evocativa sinfonia per synth. Fine della genesi. La musica è l’aritmetica nascosta dell’animo, che non è
consapevole del suo contare. G.W.Leibniz Da queste opere seminali proviene la musica del post-sacro se è lecito chiamarlo così. Questa sacralità di ritorno è, dunque, spesso senza religioso, si rivolge ed evoca allo stesso tempo un ultramondano non istituzionale, si inchina alla natura in generale e al pianeta Terra in particolare e a tutte le creature che lo abitano. A ciò, insomma, che precede l’uomo e che detiene ancora i misteri legati alla vita e alla morte. Per carpirne il soffio vitale si ricorre alla tecnologia, si catturano suoni naturali, si processano e si elaborano elettronicamente e si restituiscono in forma di suoni senza tempo ancestrali, evocativi, cupi, minacciosi, sereni, dolorosi, prossimi al silenzio, vicini al rumore. Tutta la gamma delle frequenze udibili e talvolta oltre queste, come solo la musica elettroacustica può fare. Suoni catturati ovunque. Quelli che seguono sono esempi estremi, che segnalano un atteggiamento generalizzato di quanti producono musica impiegando attrezzature elettroniche e che fanno ampio ricorso al campionamento.
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