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Dopo diverse ore di negoziazione sul luogo da visitare, gli italiani
propendono unanimi per una vista ad un’altra capitale europea: Amsterdam. La città olandese mi sorprende per la grande verosimiglianza con
l’originale. Piazza Dam è riprodotta fedelmente. Inutile dire che qui droga e
sesso sono messe in primo piano. Mi annoio. Decido di esplorare in autonomia il
vasto e incalcolabile mondo di SL. Visito molti casinò, locali da ballo, e club
di striptease. In uno di questi incontro Jade, una ragazza bionda e
pesantemente agghindata, la quale mi si avvicina con fare gentile. Jade mi
confida di lavorare come intrattenitrice di clienti presso il locale. Mi offre
una piña colada al bar, mi racconta della sua vita in RL[3]. Jade è americana e ha origini italiane. E’
sposata, ha due bambini e vive nel Massachusetts. E’ molto cortese. Mi dona
vestiti, scarpe e gioielli. Mi invita nella sua casa, un palazzo di ghiaccio
con decorazioni natalizie, iscrizioni elfiche e immagini di angeli alati. Jade
possiede anche una pista di pattinaggio. Mi regala un paio di pattini e mi
invita a volteggiare sul ghiaccio insieme a lei. Più tardi mi confessa di aver
costruito integralmente la sua abitazione fatata con lo scopo di far divertire
i suoi bambini nella RL. Dopo poco Jade mi congeda. La saluto con gratitudine. Nei giorni a successivi esploro molte regioni e sandbox, luoghi
deputati alla costruzione. Qui incontro tre ragazzi americani intenti a
lavorare ad un progetto grafico. Sono in compagnia del loro tutor accademico.
In RL sono all’Università. Quello a cui ho assistito non è altro che una
lezione universitaria di design impartita in SL. E’ notte. I cicli di buio e luce si alternano velocemente in Second
Life. Ritorno ai Parioli, padrona del teletrasporto. Come ad attendermi,
incontro un uomo in ginocchio. Ha le vesti di un schiavo egizio. Mi chiede di
essere la sua signora. Mi dimostro disinteressata alla proposta. Lo schiavo ha
una modalità di interazione mai riscontrata negli abitanti di SL. Il suo
avatar interpreta appieno il suo
personaggio. Persona e personaggio coincidono integralmente. Non vuole gettar
via la maschera della messinscena. Sostiene di essere fuggito dal suo crudele
padrone dal quale ha subito indicibili violenze. Chiedo di poter parlare alla
persona che si cela dietro l’avatar. Lo schiavo acconsente a patto che io segua
un piccolo accorgimento nella comunicazione. Per poter interrompere la
conversazione con il personaggio ed accedere alla comunicazione con l’utente
dovrò scrivere utilizzando delle virgolette <...>. Questa è la formula
che mi consentirà di parlare alla persona “reale”. Lo schiavo mi conduce in un
luogo dalle costruzioni medievali. Mi rivela che lo spazio in cui ci troviamo è
adibito allo scambio e alla vendita di schiavi. Qui Master e Mistress scelgono
la “merce” e la acquistano come ad un supermercato della carne. Osservo galeoni, distese di tende e accampamenti. La terra battuta è a
tratti insanguinata. Una bestia simile ad un dinosauro giace priva di vita tra
capanne e fuochi perennemente fiammeggianti. Chiedo allo schiavo delucidazioni in merito al gioco. Mi risponde
risoluto che questo non è un gioco e mi esorta a fare attenzione. L’utente/schiavo dopo molta riluttanza mi descrive i motivi che lo
spingono a vestire i panni di un servo. Lo schiavo nella RL svolge un ruolo
dominante nella sua professione. È in SL per esperire una posizione subalterna
a questi sconosciuta nell’esistenza oltre lo schermo. Lascio l’uomo in balia del suo padrone tornato per riprendersi
l’oggetto perduto. All’incontro con lo schiavo seguono molte conoscenze e chiacchiere con
gli abitanti di questo mondo virtuale. Le considerazioni più ricorrenti esplicitate negli incontri riguardano
la possibilità tuttaffatto remota della dipendenza da SL. I soggetti incontrati
asseriscono quasi tutti di concepire la vita in SL come reale quanto quella
vissuta oltre il cyberspazio. Le attività a cui si dilettano maggiormente hanno a che vedere con il
corpo e la fisicità. Sport e sesso estremo non a caso rappresentano le due
forme di interazione fisica maggiormente frequentate. Al paracadutismo, surf, motociciclismo, ad esempio si affiancano
attività rivolte al piacere estremo. E’ il caso della comunità dei oreani
seguaci del BDSM (acronimo di Bondage, Domination, Sado-Masochism) una pratica
che ha origine da una vasta letteratura la quale varia dai racconti del
marchese De Sade alle storie fantascientifiche di John Norman. A tali diletti si rivolgono i creatori di ambienti di tortura in SL,
strumenti sofisticati di grandi ingegno e complessità, tra i quali un gigantesco
spiedo per cuocere gli avatar ed una fogna dalla quale piovono escrementi ed
urine. Quasi tutti i oreani incontrati (non molti) mi confidano di praticare
le medesime attività nella vita reale e ciò non sorprende visto che SL,
nonostante tutto faccia pensare al contrario, si dimostra essere nient’altro
che un prolungamento della first life. Gli abitanti di SL sono perlopiù grafici e web designer,
professionisti dell’informatica e della rete con la volontà di riversare le
proprie competenze in un gioco dai confini più che reali. Molti giocatori svolgono nella cosiddetta prima vita una professione
creativa ed esprimono così l’esigenza di estendere le proprie capacità in un
universo sociale più esteso di quello consueto. Musicisti e programmatori
esibiscono in tal modo la propria arte in quel teatro spettacolare che è Second
Life. Difficile è scindere i due mondi che si compenetrano in SL: gioco e
affari, reale e virtuale, fittizio e vero sono categorie qui sovrapposte. Altrettanto arduo è non lasciarsi coinvolgere dalla rete di relazioni
intessute in SL e percepire i rapporti sociali come marginali e secondari. Mentre il racconto volge al termine il mio avatar si appresta a
partecipare ad una cerimonia nuziale che avrà luogo presso i Parioli. Sono
chiamata dalla sposa a svolgere il ruolo di damigella d’onore. Ho dato parola
della mia presenza. Non posso mancare.
[3] Abbreviazione con cui i second lifers si riferiscono alla vita reale.
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