Il
sentire come cifra del rapporto fra sé e il mondo è il punto
di partenza per ricostruire completamente – o perlomeno per ridare
identità – al concetto di formazione.
Questo, nel
volume curato da Maria D’Ambrosio è uno – solo uno – dei sensi in
cui intendere il termine estetica applicato alla sfera
della formazione.
Infatti, se
mai questa è stata terreno riservato alle istituzioni e alle
agenzie ufficialmente preposte ad essa (la scuola, prima di
tutto), oggi sicuramente non è vero. La formazione dell’individuo
è un processo che avanza in ogni momento, attraverso ogni
esperienza che attraversa, in cui continuamente il soggetto riceve
dal mondo esterno e agisce sul mondo esterno, operativamente,
creativamente.
Dalla
razionalità, dalla distanza che le tecnologie discorsive della
pedagogia e della pratica didattica hanno posto come base del
processo formativo, è necessario passare al riconoscimento del
primato – fattuale, non da istituire – della immersione del
soggetto nel mondo.
Interazione,
integrazione dell’Io nel mondo che sono state sempre vere, e a
maggior ragione lo sono nell’era del virtuale, della
moltiplicazione dei discorsi, degli universi di discorso,
dei linguaggi, dei mezzi di comunicazione.
Facendo
attenzione anche all’altro senso forte del termine estetica,
legato al piacere, quello del creare, del costruire,
del modificare il mondo sociale attraverso la propria presenza
attiva. Attraverso l’arte, quindi, il fare – e il
riflettere su questo fare per costruire mondi, formarsi al mondo
della tarda modernità.
E per prima
la sociologa napoletana ci indica questo sentiero attraverso il
linguaggio che usa, i discorsi che conduce, i vari registri
comunicativi che sperimenta e mette in campo nel suo libro,
introducendo i vari settori in cui è diviso, e i contributi di
coloro che hanno partecipato al suo viaggio: da de Kerckhove a
Lamberti, da Cuomo a Guadagnuolo, da Latour a Lai, agli altri
autori, passando dal discorso sui media a quello sulle
arti, dal teatro, alla televisione, alla fiaba.
Al centro di
tutto il volume rimane, e non potrebbe essere diversamente, il
tema dell’identità contemporanea, della sua costruzione, di
come condurla/aiutarla, in tempi di grande cambiamento e di
scontri – ancora – fra i paradigmi del passato anche recente e
quelli del tempo a venire.
Un primo
punto di approdo di una ricerca che
la
D’Ambrosio conduce da tempo, a partire dalla sperimentazione nei
luoghi del degrado e dell’esclusione, sempre con chiarezza, con
passione, con determinazione, e che ci regala belle pagine e
robusti strumenti di lavoro.
|