Nessun
compiacimento folkloristico o “di colore” a proposito della
presunta “Napoli nobilissima”, della napolitudine, del
dialetto – in tutto il libro le espressioni dialettali si possono
contare sulle dita di una mano – in questo lavoro di Roberto
Saviano, che riesce così a sfuggire ad una tentazione che prende
tutti coloro che da dentro o da fuori si trovano a
scrivere su Napoli e i suoi dintorni. Nessun riferimento alle
presunte qualità e bellezze di luoghi come la Sanità, i Quartieri
spagnoli e gli altri luoghi popolari dell’iconografia napoletana.
Zone buone per portarci (o parlarne da debita distanza) una volta
l’amico turista, salvo poi riparare in collina o sulla riviera.
Napoli che
da luogo dell’immaginario diventa uno spazio in cui l’immaginario
si è realizzato, ma quello più cruento e sordido, fatto di morte,
di sofferenza, di arbitrio. Come in Ellroy, in Lehane, e negli
altri cantori postmoderni degli incubi metropolitani.
E questo già
è un gran merito del libro.
Perché, in
effetti, questo è l’unico modo per poter condurre consapevolmente
un’analisi precisa e totale di come funziona oggi la camorra, di
chi coinvolge, di ciò di cui si occupa, di quanto, in sostanza,
abbia perfettamente capito cosa ha voluto dire il passaggio da una
economia industriale a quella postindustriale.
Merci di
tutti i tipi che vengono dall’estremo oriente e saltando i
controlli cambiano volto e nome e entrano nei mercati legali. E
poi, naturalmente, i traffici ancor più opachi: le armi, la droga,
i rifiuti di tutti i tipi, gli esseri umani.
Saviano
mostra come le organizzazioni camorristiche vincenti siano
riuscite perfettamente a infilarsi nelle maglie larghe delle
trasformazioni economiche finanziarie degli ultimi venti anni,
trasformandosi in uno dei più grossi operatori
economico-finanziari del pianeta.
Trattando
quindi con tutti, e inserendosi a pieno titolo in quella
zona d’ombra, dietro quelle quinte che mascherano la vera natura
del capitalismo e del potere.
Decentramento, diversificazione, virtualizzazione degli scambi e
dei traffici, controllo sulle persone e sulle cose.
Il
dispiegamento completo della logica dell’accumulazione primitiva
trasportata al passaggio fra secondo e terzo millennio, alla
transizione dal moderno alla tarda modernità, dall’era della
produzione a quella della finanza.
Senza nessun
vincolo di natura legale, civile, tantomeno etica.
In effetti,
se ci si ragiona un attimo, l’epoca che stiamo vivendo assomiglia
molto alla fase storica che vide il cambiamento dalle economie
precapitalistiche – la terra, il commercio – al capitalismo – le
metropoli, l’industria – e, come quella, produce lutti, disastri,
conflitti.
La camorra
semplicemente applica la stessa logica allo stato puro,
combattendo quando è necessario con le armi, e sfruttando proprio
i conflitti e i disastri prodotti dal mutamento sociale.
Quindi le
armi degli arsenali sovietici post muro – con buona pace delle
anime belle che hanno gridato allo “scoppio della pace”, la droga,
le nuove schiavitù, il cemento, i rifiuti tossici.
Anzi, forse
in quest’ultimo traffico criminale troviamo la dimensione più
adeguata per descrivere Napoli, la sua provincia, gran parte della
sua regione.
La Campania
– e i coinvolgimenti che Saviano fa trapelare sono ampi e diffusi
– è diventata uno degli sversatoi del mondo: scorie, residui,
scarti tossici di tutti i generi sono sepolti un po’ dappertutto,
come di scarto, per usare l’espressione di Bauman, sono sempre più
le vite di chi la abita.
E la
complicità, l’omertà, il disinteresse (o meglio, l’interesse)
di tutti gli attori coinvolti (l’economia legale, la politica, le
amministrazioni locali non solo campane) dimostra come sia sempre
stato difficile il lavoro di chi si è opposto e si oppone a
questa dimensione della criminalità.
Non è un
caso che – come chiarisce l’autore – la delinquenza di Napoli
(quella degli scippi, del pizzo, dell’usura spicciola) sia quella
di una camorra superata, ormai arcaica, allo sbando, residuale
fatta di pitocchi e perdenti. Che comunque contribuisce ad
assicurare una pessima qualità della vita, e che è l’ultimo tocco
per poter assicurare alla città un ottima posizione nella speciale
classifica dei peggiori buchi del culo del mondo. Uno sguardo,
dall’oggi e da un pezzo di Italia, di come potrebbe essere il
nostro futuro.
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