“Frammenti”
non in termini di disgregazione, quanto di capacità di unire le
parti delle varie estetiche ed arti rispetto ad un progetto
profondamente multimediale.
Questo il
percorso del teatro nel ‘900 – e in prospettiva nel III millennio
– è fatto di sperimentazione, ricerca, rottura della sua pretesa
sacralità e unicità.
Quindi anche
di attenzione e contaminazioni con tutte le altre prospettive
estetiche – in termini di discorsi, di scuole, di media –
che hanno popolato il XX secolo.
La storia
del teatro, nella sua necessità di confrontarsi con gli altri
linguaggi espressivi della Modernità parte quindi dalla lezione
delle avanguardie storiche, per intrecciarsi necessariamente con
lo sviluppo del cinema, della musica, delle arti grafiche – e,
cosa fondamentale, con gli sviluppi delle tecnologie della
riproduzione del suono e dell’immagine.
Il libro di
Alfonso Amendola affronta questo tema, cruciale per la
comprensione non solo dei percorsi e degli approdi dell’arte
“sperimentale”, ma di tutta la cultura di massa e dell’immaginario
novecentesco, pensando ad un asse che parte da Benjamin e Artaud
per toccare Cage, Welles, Beckett, Bene.
Scelta che
potremmo pensare obbligata, ma che comunque implica una presa di
posizione precisa perché elettiva nei confronti delle opzioni di
fondo dei maestri citati: la consapevolezza della necessità di
mescolare i linguaggi e i canali, i contesti e i mezzi di
comunicazione.
Al centro di
tutto, comunque percepiamo con chiarezza nel discorso dello
studioso il riconoscimento (e forse la rivendicazione) della
centralità del cinema come medium cruciale per lo sviluppo
dell’immaginario del ‘900 e delle tecnologie connesse ai discorsi
e ai linguaggi espressivi.
Ancora,
anche se non emerge in maniera esplicita, sotto traccia si avverte
l’utilità del testo di Amendola anche per chi si trova a
riflettere sugli sviluppi della cultura di massa e dei suoi
prodotti, a partire dall’esperienza delle avanguardie storiche, e
della loro attenzione alla necessità di confrontarsi anche – o
prima di tutto, nella Modernità? – con i linguaggi triviali,
bassi, legati alla serialità e al largo consumo. Basti pensare a
quanto sia nei fatti tributaria la science fiction nei
confronti di tutti i discorsi estetici legati alla esaltazione (i
Futuristi) della tecnologia, o al suo uso concreto nella
produzione di oggetti estetici (per tutte, le videoinstallazioni).
Le rotture
con la tradizione e l’accademia di cui sono stati artefici e
alfieri gli artisti dell’avanguardia e della sperimentazione
teatrale – o coloro, come Welles, che non hanno voluto dimenticare
la loro origine – aprono ad altre rotture e ad altre prese di
coscienza, che riguardano tutto l’universo della “merce estetica”
nella Modernità.
Ricchissima
anche la bibliografia, ottimo punto di riferimento per chi voglia
approfondire i temi trattati.
|