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I successi che nel 1970 la band riscuote al festival di Montreux, a quello di Newport e al Village Gate di New York non fanno notizia in Europa, dove l’americanocentrica critica jazz non vede di buon occhio questo sestetto di jazzisti bianchi in odore di eresia. In patria l’accoglienza è a dir poco fredda: per i media inglesi i Nucleus semplicemente non esistono (nel corso della visita negli Stati Uniti, un evento avrebbe potuto mutare il corso di tutta la storia: al management dei Nucleus, in mano alla Ronnie Scott’s, viene offerto un consistente gruzzolo per acquistare i diritti di Elastic Rock negli Usa. L’offerta cade nel vuoto e, di fatto, il gruppo nonostante i molti consensi raccolti rimane pressoché ai margini del mercato discografico d’oltreoceano). Da allora, da quel fatidico 1970, il gruppo ha comunque tirato dritto, infilando una dozzina di album, e non tutti, a dire la verità, all’altezza della trilogia classica pubblicata nel corso di quell’anno magico (Elastic Rock, We’ll Talk About It Later e Solar Plexus). Tra alti e bassi il pallino passa
definitivamente in mano a Carr, mentre già a partire dal 1970 iniziano i primi
cambi all’interno della formazione originale. Per la cronaca, fanno il loro
ingresso, negli anni seguenti, alcuni tra gli esponenti più rappresentativi del
British jazz come Allan Holdsworth, Roy Babbington, Dave MacRae, Bryan
Spring, Gordon Beck, Tony Levin, Kenny Wheeler, Tony Coe, Norma Winstone, Geoff
Castle e molti altri. Carr, dal canto suo, rimane
fedele al suo “credo”, vedi le collaborazioni con Neil Ardley, Centipede e
soprattutto l’esperienza con la United Jazz and Rock Ensemble (big band
fondata nel 1977 insieme all’amico Jon Hiseman, rimasta in attività fino al
2002). La sua battaglia per diffondere nuovi linguaggi del jazz e vincere il
conservatorismo di un establishment, quello inglese, da sempre ostile al jazz
(considerata un’arte minore e non meritevole di finanziamenti o sostegni
pubblici) la combatte, oltre che con tromba e flicorno, anche con l’ausilio di
carta e penna. Critico, giornalista e
commentatore radiofonico, scrive nel 1973 Music Outside (Latimer New
Dimensions Ltd.), che non è solo la prima topografia ufficiale del movimento
del British jazz con ritratti delle giovani leve di allora, da Evan
Parker a Mike Westbrook (tutti alle prese come Carr, alla ricerca di una
personale via verso un’emancipazione dai modelli Usa), ma anche un atto di
accusa contro un sistema mediatico che oscura e marginalizza un’intera nuova
generazione di musicisti. Un impegno di divulgatore
proseguito nei decenni successivi con la realizzazione della biografia
autorizzata di Miles Davis (Miles Davis: A Critical Biography, 1982) e di
quella dedicata a Keith Jarrett (Keith Jarrett, The Man and His Music,
1992), insieme ad un’intensa attività di consulente per la BBC (Radio 3) e
per Channel 4 con programmi musicali dedicati a personaggi del mondo del jazz,
tra cui spicca il documentario sulla vita di Miles Davis (The Miles Davis
Story, 2001) che totalizza un’audience televisiva record di 1,2 milioni di
persone. Nel frattempo, in questi ultimi
tre anni, il mondo ha iniziato ad accorgersi di questo signore, oggi 73enne. A
farlo per primi alcune etichette indipendenti, come Cuneiform e Hux, che hanno,
con la benedizione dello stesso Carr, pubblicato live e registrazioni
radiofoniche inedite dei Nucleus, facendo scoprire una sconosciuta dimensione free
della band. È nato un sito dedicato (www.geocities.com/icnucleus),
curato dal “carriano” Roger Farbey, e l’anno scorso Alyn Shipton, quotato
critico jazz del The Times e della BBC, ha dato alle stampe una
documentatissima biografia su Carr intitolata,
non casualmente, Out Of The Long Dark (Equinox Publishing
Ltd.). Una ricompensa per il lungo oblio è giunta anche, in forma
istituzionale, dagli awards tributati, alla fine dello scorso anno, a
Carr come riconoscimento per i suoi “servigi” al jazz. E, all’ultima
edizione del London Jazz Festival, una tribute band formata da allievi
della Guildhall School of Music, ha suonato un intero concerto di brani composti
da Carr, tra cui diversi tratti dal repertorio dei Nucleus. Il tempo, come si
dice, è alla fine davvero un galantuomo e quel foglio ingiallito ritrovato per
caso dal lettore di Record Collector
potrebbe oggi essere il punto di partenza per riscrivere un pezzetto di
storia musicale del nostro tempo.
Bibliografia di riferimento: Nigel Cross, Nucleus – European
Tour 1970-1971, note di copertina a Hemispheres (Hux Records, 2006). Alyn Shipton, Nucleus – UK Tour
’76, note di copertina a UK Tour ’76 (Major League Productions Ltd.,
2006). Alyn Shipton, Out Of The Long Dark – The Life Of
Ian Carr (Equinox Publishings Ltd. 2006). John Wickes, Innovations In British Jazz – Volume
One 1960-1980 (Soundworld Publishers, 1999). Ian Carr, Music Outside – Contemporary Jazz In
Britain (Latimer New Dimensions
Ltd., 1973).
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