Nel nostro Paese politicamente
“spezzato” – come oggi è di moda definirlo, e come lo definisce anche Bruno
Vespa nel suo ultimo best-seller – non si riesce a resistere al desiderio di
connotare politicamente qualsiasi fenomeno, innescando l’inevitabile scontro e
le mille polemiche.
Negli anni Settanta tutto doveva
essere o di destra o di sinistra. Anche la fantascienza italiana fu investita
dagli anni di piombo al punto che un articolo del giornalista Remo Guerrini sul
numero 12 della rivista Robot (1977)
sul rapporto ‘fantascienza e politica’ provocò una valanga di polemiche e a
tanti anni di distanza il fallimento della rivista due anni più tardi viene
ancora attribuito a quel pezzo polemico[1].
Nel loro volume Fascisti immaginari, i giornalisti Luciano Lanna e Filippo Rossi trattano anche della
fantascienza e ne ricostruiscono il ruolo avuto in Italia. Oltre a sottolineare
il rapporto tra fantascienza e futurismo marinettiano (rapporto di cui parlava
lo stesso Campbell in un editoriale su Amazing
Stories), gli autori riportano alcune curiose citazioni: di Gianfranco De
Turris per il quale “la science fiction
ci si presentava nei suoi esempi più significativi come un mondo di valori
alternativi da contrapporre a quelli presenti”, in particolare di quelli usciti
dal ’68; di Ernesto Vegetti che ricorda che la fantascienza era “in sintonia
con le mie idee e mi sembrò naturale pensare che un lettore di fantascienza non
potesse che essere di destra”[2].
Oggi risulta ancora difficile
uscire da quella logica così datata, come testimonia anche il recente convegno
“Per chi vota l’alieno” tenutosi nell’ottobre scorso a Borgo San Lorenzo, in
provincia di Firenze, nell’ambito della kermesse “Fantastico - maghi, elfi,
alieni, eroi: viaggio in universi misteriosi e paralleli”. E lo testimonia
ancora di più un articolo sull’argomento scritto dal critico cattolico di
fantascienza e direttore della rivista Future
Shock Antonio Scacco, dal titolo “Fantascienza a destra, fantasy a
sinistra?” apparso sull’Avvenire del
19 ottobre 2006[3]. In esso
Scacco cerca di proporre una tesi che dovrebbe andare controcorrente,
affermando che la fantascienza sia di destra e la fantasy di sinistra a dispetto dell’opinione maggioritaria che
vorrebbe l’esatto contrario. Ciò sulla base di un’argomentazione che lascia
alquanto perplessi.
La debolezza della tesi di
Scacco sta proprio nei presupporti, cioè nel suo tentativo di etichettare
politicamente fantascienza e fantasy
sulla base di un chiarimento delle nozioni di “sinistra” e “destra”. Egli
scrive infatti: “La prima [la sinistra] si connota per l'antiamericanismo,
l'anticapitalismo, lo statalismo, l'ecologismo, l'antiglobalizzazione, il
filo-islamismo, l'opposizione alla costruzione delle centrali nucleari, ecc. ed
è sostanzialmente su posizioni antimoderne. Al contrario, la destra è
filo-americana, propugna il libero mercato, vede come il fumo negli occhi
l'aumento della pressione fiscale sui cittadini, favorisce l'iniziativa privata,
è contraria all'islamizzazione del nostro Paese, è favorevole alla costruzione
di centrali nucleari per sopperire al fabbisogno energetico nazionale, ecc.”. L’errore
non sta tanto nell’approssimativa e fondamentalmente errata definizione dei due
concetti, definizione che vorrebbe comunque riflettere un’opinione personale
indiscutibile dell’autore, ma nel successivo tentativo di catalogare a destra o
a sinistra i principali autori stranieri di fantascienza e fantasy sulla base di definizioni che si applicano al massimo alla realtà italiana!
Heinlein, chiaramente filo-americano
fino al midollo, sarebbe di destra e così la maggior parte degli autori di
fantascienza favorevoli all’uso del nucleare (così pure Asimov) e
all’iniziativa privata (incluso magari Dick), chiudendo un occhio per il caso
della Le Guin che sarebbe per Scacco l’eccezione che conferma la regola. Al
contrario, gli autori fantasy
ambientano le loro opere in mondi antimoderni, sono ostili alla tecnologia e
favorevoli a un maggior rapporto uomo-ambiente; Scacco cita l’esempio di Marion
Zimmer Bradley e della sua saga di Darkover,
dove “un gruppo di coloni terrestri, naufragati sul pianeta Darkover, danno
vita a un tipo di civiltà in cui, a causa della carenza di metalli, non c'è più
traccia della scienza e della tecnologia del loro pianeta d'origine, mentre
molto diffusa è la magia”, concludendo: “Siamo chiaramente in presenza di una
narrativa antimodernista”.
Risulta francamente difficile
credere che si possano applicare categorie tipicamente italiane al pensiero e
alle ideologie di autori anglosassoni. La sinistra “anticamericanista”,
“anticapitalista”, “no-global”, “antinucleare” e in generale “antimoderna” non
si riscontra certo negli USA o nel Regno Unito, così come non è vero che la
destra in questi paesi è ferocemente contraria alla pressione fiscale o
smaccatamente favorevole al liberismo. Anzi, nei paesi anglosassoni la
dicotomia tutta europea destra-sinistra (risalente, come ben si sa, alla
Rivoluzione francese) non ha molto senso e si parla generalmente in quei
contesti di “liberali” e “conservatori”. Come scrive il politologo Giovanni
Borgognone in merito alla questione “destra-sinistra”: “Taluni… si sono spinti
anche a dichiarare ormai superata e inutile quella terminologia, essendovi
semplicemente conservatori e liberali. I primi, di destra o di
sinistra, temono il nuovo, si aggrappano all’esistente e si appellano alla
tutela da parte dello Stato. I secondi cercano il progresso e, quindi,
accettano la competizione e il mercato”[4].
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