“Per migliaia di anni, gli esseri umani hanno incasinato, insozzato e smerdato questo pianeta e ora la storia si aspetta che sia io a correre dietro agli altri per ripulirlo. Io devo lavare e schiacciare i miei barattoli. E rendere conto di ogni goccia di olio di motore usato. Tocca a me pagare il conto per le scorie nucleari e i serbatoi di benzina interrati e i residui tossici scaricati nel sottosuolo una generazione prima che nascessi.

[…] «Il riciclaggio e i limiti di velocità sono cazzate», ha detto Tyler. «È come uno che smette di scopare quando è sieropositivo»”.

Nichilismo, disaffezione, degenerazione e autodistruzione sono i pilastri su cui si regge Fight Club di Chuck Palahniuk. L'universo di Fight Club è popolato da giovani in salute che frequentano gruppi di sostegno per malati di cancro, perché “i funerali sono cerimonie astratte, mentre lì hai un'esperienza reale della morte”. È un universo in cui gli uomini si radunano nello scantinato dei bar per combattere, perché forse c'è bisogno di spaccare tutto per tirar fuori qualcosa di meglio da un'esistenza completa e ordinaria: il divano Ikea perfetto, il letto Ikea perfetto, infine le tende, il tappeto e il servizio di piatti Ikea perfetti. “Poi sei intrappolato nel tuo bel nido e le cose che una volta possedevi, ora possiedono te”. Infine, è soprattutto un universo in cui l'unico scopo reale è provocare il caos, indurre le persone a combattere, dargli l'occasione di esplodere e liberarle dal torpore in cui sono immerse, ricordandogli quanta potenza custodiscono ancora. Si tratta del cosiddetto Progetto Mayhem (nella traduzione italiana del libro viene chiamato progetto Caos), che mira a destabilizzare la società con atti ecoterroristici e provocatori. 
La versione cinematografica del romanzo è apparsa tre anni più tardi (nel 1999) ed è diretta da David Fincher. La sua è una traduzione intersemiotica quasi integralmente fedele, manca una scena (di cui si parlerà più avanti), il finale è stato leggermente modificato e ci sono dei piccoli adattamenti cinematografici che passano inosservati. Insomma, le novità introdotte dal regista sono quasi impercettibili e sempre azzeccate. Per esempio, è apprezzabile la scelta di rafforzare il disturbo dissociativo dell'identità vissuto dal protagonista, attraverso l'introduzione di alcuni fotogrammi del suo alter ego, Tyler Durden, tra una scena e l'altra.
La trasmutazione non era semplice. Il libro è costituito da un unico centro narrativo, quello del protagonista (Edward Norton), il cui nome non viene mai pronunciato, che a sprazzi si fonde con le parole degli altri due personaggi della storia: Tyler Durden (Brad Pitt) e Marla Singer (Helena Bonham Carter).

 


 

 


 

La scena che presenta il livello più alto di corrispondenza tra il libro e il film è sicuramente quella in cui il protagonista e Tyler Durden si recano di notte presso un emporio per compiere un “sacrificio umano”. Fincher modifica solo un dettaglio della parte iniziale della scena. Nel libro, infatti, il protagonista attende alla fermata dell'autobus che Raymond K. Hessel finisca il suo turno di lavoro. Nel film, invece, Tyler Durden e il protagonista fanno irruzione nell'emporio e scaraventano Raymond sul retro. La scena dura tre minuti e ventun secondi ed è composta da cinquantatre sequenze diverse. Il montaggio è frenetico. Inizia con un campo lungo che ritrae l'esterno dell'emporio, mentre i due personaggi fanno irruzione. La seconda sequenza ci conduce direttamente sul retro. Da questo momento in poi, vengono alternati primi piani di Tyler, di Raymond, del protagonista e piani medi e americani in cui compaiono tutti i personaggi. Raymond è steso a terra, con la pistola puntata alla nuca da Tyler. Il protagonista è dietro Tyler e appare sconvolto da quanto sta succedendo. Tyler si fa dare il portafogli. Raymond piange. Nel passaggio dal libro al film, il dialogo è praticamente lo stesso, si assiste solo alla trasformazione del discorso indiretto in discorso diretto:

“Nel portafogli avevi una tessera scaduta di un'associazione studentesca. Allora, che cosa studiavi? Andare a casa, hai detto tu, voglio solo andare a casa, ti supplico. Allora sei morto seduta stante, ho detto io. Veterinaria, hai detto. Volevi diventare veterinario. Per questo bisogna andare a scuola. Puoi essere in qualche scuola a spaccarti il culo, Raymond K. Hessel, o puoi essere morto. Scegli tu. È questo che hai sempre desiderato diventare, dottor Raymond K. Hessel, un veterinario? Sì. Bene, allora torna a scuola, ti ho detto. Se domani mattina ti svegli, trovi un modo di tornare a scuola. Ho la tua patente. So chi sei. So dove abiti. Fra tre mesi e poi fra sei mesi e poi fra un anno e se non sei tornato a scuola per studiare da veterinario, sarai morto. Vattene da qui e fai la tua piccola vita, ma ricordati che ti sorveglio, e preferisco ammazzarti che vederti fare un lavoro di merda per quei quattro soldi che ti servono per comperarti del formaggio e guardare la tele. Raymond K. Hessel, la cena di questa sera avrà un sapore fantastico come nessun pasto che hai mai mangiato e domani sarà il giorno più bello di tutta la tua vita”.

Il sacrificio umano è compiuto e Raymond K. Hessel è stato liberato dall'autoservilismo in cui viveva. Nel film, Fincher chiude la scena introducendo un paio di dettagli in più, ossia l'esplosione dell'emporio e una sequenza in primo piano su Tyler Durden che si rivolge direttamente allo spettatore dicendo: “Tu non sei il tuo lavoro. Non sei la quantità di soldi che hai in banca. Non sei la macchina che guidi. Né il contenuto del tuo portafogli. Non sei i tuoi vestiti di marca. Sei la canticchiante e danzante merda del mondo”.

Si tratta di parole che è possibile ritrovare in maniera sparsa in altri capitoli del libro. Inoltre, la scena è utile per affrontare la questione più delicata riguardo al passaggio dal libro al film. Infatti, nel libro, Tyler Durden non prende parte alla scena. Come già specificato in precedenza, Tyler Durden è l'alter ego del protagonista. Per ovvi motivi narrativi, l'escamotage viene svelato soltanto alla fine del libro. Pertanto, tutte le scelte del regista di inserire o meno Tyler Durden in scene in cui non era o era presente nel libro rientrano in questa logica, ossia di riconoscere il senso di dissociazione del protagonista soltanto verso la fine del film. D'altronde, a compiere le azioni è sempre e soltanto il protagonista (o Tyler Durden).

Nel film non è stato inserito il capitolo 11 del libro. Il protagonista e Tyler Durden sono in una Impala del 1968, con gli pneumatici a terra, in una rivendita di auto usate. Bevono birra, mangiano pietanze cinesi e discutono di quello che è appena accaduto. Marla era andata a casa per posare del collagene nel congelatore. Il collagene degli essere umani, infatti, è ottimo per rifarsi le labbra. Il collagene in questione è della madre di Marla, che gliene invia non appena mette su un po' di grasso in eccedenza. Appena apre il congelatore, Marla scopre che non c'è più il collagene che aveva raccolto fino a quel momento. È così che il protagonista scappa, si ritrova con Tyler nella Impala e si ricorda di quando ha accompagnato Tyler in un ufficio della Western Union perché doveva spedire una scatola di cioccolatini e il seguente telegramma alla mamma di Marla: “RUGHE SPAVENTOSE, AIUTO”, firmato Marla Singer. Il collagene era stato usato da Tyler per produrre il sapone con il quale finanziava il progetto Caos.
Nel film, invece, il grasso viene raccolto nelle cliniche per liposuzioni. Non si tratta di una sostituzione, perché questo avviene anche nel libro. La scelta del regista di omettere questo capitolo non ha effetti rilevanti sul flusso narrativo complessivo. Probabilmente, il taglio serve soltanto a velocizzare la storia.
Fight Club è un'opera che sospinge a tutte le sconsacrazioni possibili, alla mancanza di ogni rispetto per ogni sentimento istituito. Tuttavia, il messaggio di Fight Club è costruttivo e invita alla presa di coscienza. Invita le persone a dare la vita per qualcosa, a svegliarsi da una condizione contraddistinta dall'obbedienza. Per concluderla alla maniera di Fight Club:

 “La pubblicità ha spinto questa gente ad affannarsi per automobili e vestiti di cui non ha bisogno. Intere generazioni hanno svolto lavori che detestavano solo per comperare cose di cui non hanno veramente bisogno. Dobbiamo mostrare la libertà a questi uomini e a queste donne, rendendoli schiavi e mostrando loro il coraggio spaventandoli”.

 


 

LETTURE

  Chuck Palahniuk, Fight Club, Mondadori, Milano, 2004.

 


 

VISIONI

  David Fincher, Fight Club, 20th Century Fox, 2013 (home video).