Spazzatura

di John Scanlan

Donzelli, Milano, 2006

pagg.246

€ 13,50

 

 





 

Spazzatura
di John Scanlan

 

A. J. Weberman tormentò Bob Dylan per diversi anni. Lo spiava, lo pedinava, indagava, analizzava, scavava metodicamente nella sua vita. Andò avanti così per anni.

Un legame morboso, originato dal tradimento (presunto da Weberman) del ribelle Dylan, trasformatosi negli anni in una miliardaria rock star, tanto snob quanto indifferente ai problemi che aveva denunciato nei suoi testi e verso i quali, dunque, la sua fortuna era pesantemente debitrice.

Fin qui tutto sembra la storia sgangherata di un ingenuo e amareggiato fan. Il lato interessante della vicenda, citata da Scanlan in questo brillante saggio, è che Weberman conduceva il suo assedio a Dylan setacciandone l’immondizia alla ricerca del vero (perduto) menestrello della canzone di protesta. Già perché noi siamo quello che scartiamo, eliminiamo, o anche ciò. Questa non è la tesi di Weberman, cui dobbiamo la più modesta disciplina della spazzaturologia (la cui invenzione in seguito rivendicò con orgoglio), ma è lo zoccolo duro del ragionamento di Scanlan.

La spazzatura è il doppio che ritroviamo in psicanalisi, il perturbante insito nel progresso, il polo dialettico del nutrirsi che produce escrementi (la spazzatura originaria) e questa a sua volta ri-produce il bisogno di nutrirsi; è il doppio che ritroviamo nel procedere apparentemente sistematico della ragione (che elimina, ma eliminando reitera la produzione di nuovi residui di pensiero).

Ancora, è il doppio materiale che la società industriale nel fare pulizia, nel creare efficienza, produce su scala planetaria, accumulando rifiuti. Non è esente dall’analisi di Scanlan neanche l’arte, che concettualmente ha reso evidente il peso nelle nostre vite della spazzatura come metafora. Scanlan documenta sufficientemente sull’uso artistico di materiali di scarto, di rifiuti, immondizia, avanzi, resti.

Arti visive, ma anche letteratura, come la contemporanea e monumentale opera in un certo senso dedicata alla spazzatura, il romanzo fiume (o canale di scarico?) di DeLillo, Underworld. In termini più generali, tutto il pensiero occidentale, razionale, e la sua conseguente organizzazione della vita materiale fioriscono all’ombra dell’immondizia, e questa “cresce” rigogliosa proprio in virtù di queste modalità del pensiero. Una alimenta l’altra. La ragione ha iniziato a riciclare prima che l’industria si ponesse il problema di come riciclare gli avanzi della società dei consumi. Insomma, progresso e spazzatura sono lo yin e lo yang dell’Occidente.

Stranamente, Scanlan evita di sondare la potenza materiale e metaforica della spazzatura nucleare, della scoria radioattiva, la più potente immagine e causa reale di morte mai concepita e che forse si cela dietro molto del mondo oggi. Eppure il saggio si apre con una dichiarazione radicale: “La spazzatura è ovunque. La si può trovare dappertutto, senza alcuna eccezione, eppure è largamente invisibile alla maggior parte di noi”.

In ogni caso, zeppo di spunti, nessuno da scartare, il saggio di Scanlan risulta avvincente, anche quando lavora in profondità tra i testi di Locke o Kant, e non solo quando documenta di buffi/patetici estremismi come quello di Weberman.


 

Recensione di g. f.