Grides

di Soft Machine

Cuneiform Records Rune 230/231

 

 





 

Grides 
di
Soft Machine

 

L’etichetta di Steven Feingenbaum scopre un’altra pepita inedita tra gli archivi, anzi due: un cd e un dvd che omaggiano, ancora una volta, i Soft Machine, gruppo fondamentale della scena rock progressiva europea.

Partiamo, intanto, dal cd. Si tratta un concerto registrato nell’ottobre 1970 al Concertgebouw di Amsterdam. La formazione è quella classica, il quartetto con Elton Dean (sax alto, saxello, piano elettrico), Hugh Hopper (basso), Mike Ratledge (organo, piano elettrico) e Robert Wyatt (batteria), fotografata in un momento artisticamente cruciale, a metà strada tra il doppio Third (uscito nel febbraio 1971), dove ancora confluivano democraticamente le diverse anime del gruppo, e l’ortodosso Fourth (ottobre 1970).

Una transizione che si può leggere almeno su due piani. Il primo è quello del repertorio. Accanto a masterpiece come Slightly All The Time o Out-Bloody-Rageous fanno capolino alcune composizioni che poi appariranno sul quarto album. È il caso di Teeth di Ratledge proposta ancora in una versione non definitiva e di Virtually di Hopper, anch’essa allo stato embrionale e non ancora “sezionata”.

La setlist del concerto include anche un pezzo di Dean, Neo-Caliban Grides, che avrebbe dovuto apparire su Fourth ma che alla fine fu scartato e finì sul primo omonimo solo del sassofonista recentemente scomparso.

Questa miscellanea di obbligati e pezzi work in progress è una delle cose più interessanti di questo cd che cala l’ascoltatore tra le pieghe degli spartiti dei musicisti per osservarne quasi in presa diretta genesi ed evoluzione delle strutture delle composizioni. Il concerto, a questo proposito, offre interessanti variazioni sul tema anche rispetto al repertorio consolidato. Ad esempio, Dean si produce in vibranti interventi armonici al piano elettrico a supporto delle escursioni fuzz dell’organo di Ratledge come succede in Esther’s Nose Job.

Il secondo piano di lettura è quello dell’assenza di Wyatt. Non stiamo ovviamente parlando del suo drumming vigoroso e sempre preciso che costella tutto il cd, ma della sua voce. Anche quando dovrebbe esserci, non c’è. Come nella versione di Esther’s Nose Job, depurata dalle originali e inconfondibili variazioni scat che facevano da contrappunto all’organo di Ratledge che qui vengono rimpiazzate dal basso.

Un concerto, dunque, interamente strumentale che la dice lunga sul senso di frustrazione provato del batterista di Bristol, messo in minoranza dai compagni e, oltretutto, con nessun suo pezzo in scaletta. Non stupisce che, dunque, dietro la porta, appena un anno dopo, ci sia Fourth (1971) con la spettrale copertina dei quattro in nero, che annuncia il compimento della restaurazione jazz voluta da Ratledge e soci. Detto questo il concerto è un manifesto cristallino dell’arte dei quattro che, sebbene covino divisioni e attriti, ci danno dentro e confezionano una tra le loro più convincenti performance di quell’anno. La qualità del suono è ottima considerando che si tratta di una registrazione del 1970 riportata all’originale fulgore dal sapiente lavoro al master di Michael King.

Il dvd della durata di circa 20 minuti è un’altra vera chicca. Perfetto compagno del cd allegato, è un reperto succulento, visto la scarsa videografia sul gruppo, che ritrae il quartetto in azione negli studi di Radio Brema nel marzo 1971. Il climax è l’improvvisazione vocale di Wyatt, incorniciata da effetti speciali psichedelici, che prende quota sulle liriche di Hope for Happiness, pezzo del primo omonimo album del 1968.

Un canto del cigno. Cinque mesi dopo, Wyatt farà le valige e lascerà i vecchi compagni, sbattendo la porta.


 

Recensione di Claudio Bonomi