In un paesino costiero dell’isola di Terranova, villaggio
di pescatori e turisti, dove ancora tutto sembra fermo ad un epoca
fatata e ferma nel tempo, cominciano a succedere strani fenomeni,
che coinvolgono gli abitanti del paese, ma anche Joseph e sua
figlia Robin.
Joseph è originario del posto, anche se lo ha lasciato da
anni, quasi tradendolo, con il proprio allontanamento e la
professione che si è scelto.
Ma la cosa più grave, al di là delle presenze che
intravede, e del suo lento scivolare – percepito a tratti – nel
delirio e nella follia – è il fatto che, a causa di una malattia
sconosciuta, gli abitanti del villaggio che hanno perso in passato
parenti in mare cominciano a morire dopo aver conosciuto violenti
accessi d’ira e aver smesso – dimenticato – come si fa a
respirare.
Nel finale, con il sopraggiungere di un violento tsunami,
il mistero verrà sciolto: la natura, nella sua parte più segreta
ed esoterica, si ribella all’uomo, che ricoprendo il pianeta con
le reti elettromagnetiche di elettricità, televisione, radio,
cellulari, interferisce con l’esistenza degli spiriti dei morti.
Romanzo senz’altro ambizioso e volutamente poetico,
ispirato – ci sembra – dal tentativo di proporre letteratura
uscendo dagli schemi dei generi e attualizzando la lezione di Lord
Dunsany, di Machen e degli altri scrittori ottocenteschi di fate,
ha alle spalle sicuramente la conoscenza del “piccolo popolo” del
folklore anglosassone, di cui scrive il sacerdote scozzese Kirk ne
Il regno segreto (Adelphi, Milano) ma anche, più
prosaicamente quel La profezia di Celestino di Redfield che
ebbe circa un decennio fa un rapido quanto meritatamente effimero
successo.
Una parabola New Age che, come i ritmi lenti e
assonnati più che sognanti della musica omonima non riesce ad
agganciare fino in fondo il lettore.
Per appassionati, in cerca di favole morbide.
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