La metafora è direttamente connessa alla categoria del
visivo, proprio perché le immagini sono inerenti strettamente al
meccanismo attraverso cui questa figura produce nuove relazioni di
significato fra le cose e i sensi. Questa è la riflessione da cui
parte Gino Frezza nel suo Effetto notte.
E il linguaggio cinematografico, per sua natura, dovendo
dire attraverso le immagini, è un linguaggio che tende
a tradurre, a usare simboli e figure, caricandole volta per volta
di sensi altri rispetto alla loro destinazione originaria.
Al lavoro del regista si aggiunge quello dello spettatore,
che vede il flusso delle immagini che scorrono sullo
schermo anche a partire dal suo personale patrimonio immaginativo
e espressivo.
Dalla dialettica fra le due intenzioni, dentro
l’universo dell’immaginario, nasce la capacità del cinema di
creare potenti metafore, che trasbordano dalla intenzione
originaria di chi le ha realizzate, e vanno ad arricchire
l’enciclopedia immaginativa della nostra epoca, evadendo anche
dalla sfera del cinema e stabilendosi definitivamente nella
cultura delle arti, ma anche nella vita quotidiana, ispirando
gesti, parole, modi di dire.
Questo ultimo libro del sociologo napoletano ci offre un
panorama amplissimo di quelle metafore che hanno fatto la storia
del cinema, e che rimandano alla capacità del suo linguaggio di
dire oltre le parole e le immagini che usa, quasi in una
generalizzazione di quello che Billy Wilder, nel libro-intervista
curato da Cameron Crowe (Conversazioni con Billy Wilder,
Adelphi, Milano, 2003) definisce “il tocco di Lubitsch”: la
capacità “illuminare” lo spettatore e gli attori nel film con
l’inquadratura di un singolo particolare risolutivo, evitando così
interi dialoghi o scene di spiegazione.
Un libro ricchissimo di esempi e di rimandi, divisi in
quattro categorie:le metafore oggettuali, del corpo, dello spazio
tempo, della sfera morale, condotto con la passione e la cura di
chi studia il cinema godendolo come spettacolo, ma anche come
cardine dello sviluppo della cultura del Moderno.
Senza, naturalmente istituire gerarchie inutili fra media e
forme di rappresentazione, ma guardando con attenzione ai rapporti
necessari fra cinema e nuovi media: televisione, computer, e
lasciando da parte le inutili distinzioni di valore fra la sfera
dell’analogico e quella del digitale, anzi, cercando
di cogliere i fruttuosi legami fra le due.
Un’ulteriore tassello alla comprensione del rapporto fra le
forme estetiche espresse dallo sviluppo della modernità e
le trasformazioni del Soggetto nella società di massa.
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