Più di vent’anni di storia d’Italia – quelli dall’estate
del 1981 ad oggi (con una testa di ponte immaginaria nel futuro) –
riletti sulla base di una ipotesi paranoide quanto seducente e
illuminante: la tragedia di Vermicino come occasione di
distrazione dall’esplodere dello scandalo della Loggia P2 e
dagli inizi – ancora sotterranei – del potere di Berlusconi. La
nascita, insomma, di una nuova configurazione del sistema di
potere, che a partire dalla rivoluzione elettronica e televisiva
riorganizza i rapporti interni ai poteri forti. Il tutto in
una cornice fra il fantascientifico e l’horror che si
svolge sull’asse Milano/Berlino, per passare per Marte, la zona
degli asteroidi e l’Aldilà e spingersi nel futuro.
Dichiarando esplicitamente la sua vicinanza a Pinchon,
Eggers, Palahniuk, Houellebecq, DeLillo e altri scrittori
contemporanei – e sicuramente a Ellroy, ma anche a
La Branca, e in
qualche tratto ai sudamericani Sabato, Donoso, Arlt – Genna
costruisce una vicenda epica e affascinante, in cui riverbera la
“Milano da bere” del sorgere del craxismo, dell’emergere di nuovi
strati sociali “forti” (i pubblicitari, la gente della
televisione: i “nani e ballerine” di craxiana memoria) e oltre,
inserendovi all’interno piccoli e grandi misteri italiani, dalla
scomparsa di Emanuela Orlandi, alla tragedia, appunto di Vermicino,
e in cui inserire la parabola esistenziale del suo alter ego
protagonista in prima persona.
L’alba della repubblica delle televendite e dei reality
in cui ormai viviamo: uno scenario previsto da Debord e
vivisezionato da Baudrillard, popolato di mezze calzette, bellezze
di borgata, vip di periferia.
E ancora, il vero senso di Tangentopoli in Italia e del
Crollo del Muro nel mondo, sempre in funzione del riassetto
dell’ordine mondiale sulle canne degli M16 e degli AK47,
attraverso il traffico di droga (cosa così imprevedibile per tante
anime belle? Ricordiamoci che dopo il Muro ci sono state la guerra
nel Golfo e quella nei Balcani, e un po’ più tardi l’Iraq), in
genere a maggior gloria di un qualche dio monoteista la cui
esistenza suona sempre più improbabile – o beffarda.
Uno scenario contrappuntato dall’orrore della pedofilia e
da due dimensioni collettive e “tossiche” parallele e opposte: la
coca alle feste dei rampanti, e il destino di degrado e
disperazione di almeno due generazioni di esclusi: i vecchi operai
e l’alcol, i loro figli dropouts e l’eroina.
Un grande libro di storia parallela, popolato di personaggi
veri come Moana Pozzi, Massimo De Carolis, Michael Ledeen, Vanna
Marchi, e (quanto?) immaginari di quegli anni, forse da leggere –
per le nuove generazioni – insieme ad un manuale di storia
repubblicana recente, per comprendere bene di quali eventi Genna
scrive e ragiona, disseminando qui e la citazioni nascoste da Dick,
Lovecraft, Yourcenar…
Ancora, un tentativo totalmente riuscito (a parte il
finale, che ci sembra troppo morbido e consolatorio
rispetto al resto del romanzo) di mostrare – proprio sulla scia di
Ellroy, ad esempio: ricordate American Tabloid e I miei
luoghi oscuri? – come narrativa di genere e
ricerca letteraria non sono sempre in contraddizione, ma possono
tranquillamente nutrirsi a vicenda con ottimi risultati.
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