Canteloupe Island

di Jean-Luc Ponty

BGO

 

 





 

Canteloupe Island
di Jean-Luc Ponty

 

Nel settembre 1969, Frank Zappa registrò Hot Rats, primo album dopo il divorzio dalle Mothers of Invention. Ospite, nel brano It Must Be A Camel, c’era Jean-Luc Ponty, che in nello stesso mese tenne con il trio di George Duke un concerto a Hollywood, da cui l’album Live in Los Angeles. Ai primi di ottobre il francese affrontò con King Kong il repertorio di Zappa insieme all’autore. Questa edizione è editorialmente un pasticcio, riproponendo i due album con il titolo di una successiva ristampa in doppio Lp, datata 1976. Il titolo è quello del brano di Herbie Hancock eseguito nel concerto e molto probabilmente scelto in base alla maggiore popolarità del pianista. Dunque questa è la ristampa di quel doppio, comprese le note (acute) di Leonard Feather e non si fa menzione delle pubblicazioni originali. A fare da contraltare alle dolenti note editoriali, ci sono le note musicali, quelle di un bel disco (il live) e di un capolavoro (King Kong).

Nel live Ponty sembra più che altro esibire il proprio virtuosismo in un pregevole interplay con i partner, il notevole George Duke al piano elettrico e la ritmica formata dal duo John Heard al basso elettrico e Dick Berk alla batteria. Il primo proveniva dal’orchestra di Count Basie e il secondo dal quintetto del vibrafonista Cal Tjader. Il risultato è piacevole e segnala la prontezza di riflessi di Ponty nel tuffarsi nel jazz elettrico con tempi da pioniere, ma altro è il risultato di King Kong. Anche qui Ponty mostrò notevole intuito, riconoscendo a Zappa la statura del compositore di razza e musicista anche squisitamente jazz. Zappa rispose da par suo, riarrangiando i quattro brani prelevati dal repertorio delle Mothers (il tema di King Kong, Idiot Bastard Son, Twenty Small Cigars e America Drinks And Goes Home) suonando nell’unico brano firmato da Ponty (How Would You Like To Have A Head Like It, ultra zappiano come concezione) e affidando a Ian Underwood – colonna delle Mothers – la direzione del gruppo a cui venne affidata l’esecuzione dell’inedita Music For Electric Violin And Low Budget Orchestra (scritta da Zappa, s’intende). Il titolo polemizzava con la produzione. Zappa, infatti, aveva richiesto 97 musicisti e in studio si ritrovarono in 11 più Underwood.

Paradossalmente, libera dalle ossessioni orchestrali dell’autore, la composizione deve all’avarizia tutta la sua bellezza: tutto cangia repentinamente nella musica di Zappa, tempi e temi sembrano viaggiare sulle montagne russe e qui ne viene fornito un bel riassunto, ma tutto l’album si regge sul perfetto equilibrio tra partiture e interventi solistici, non solo di Ponty e di Duke anch’egli presente alla sessione in seguito a più riprese nei gruppi di Zappa. Nota dolente finale. Quando i vinili vennero ristampati in doppio, Ponty aveva iniziato un cammino ben diverso, decisamente arido, già percepibile nel coinvolgimento nella Mahavishnu Orchestra di McLaughlin in fase involuta. Un talento sprecato.


 

Recensione di Gennaro Fucile