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di Antonio Iannotta

 

I giorni trascorsero all’insegna del tipo di felicità che esiste prima della vita stessa. Eravamo più vivi della vita, vivi al punto da esserne afflitti, tanto che il verso di quella poesia improvvisamente sfuggito dalle mie labbra l’estate di due anni prima, e che amavo ripetere a me stesso, tornò improvvisamente tra noi. Si alza il vento, bisogna tentare di vivere. Fino a quel momento sembravamo averlo dimenticato. 

Tatsuo Hori (Si alza il vento)


Sogno e sacrificio. Dedizione e passione. Queste le parole d'ordine del cinema di Hayao Miyazaki.
Nel settembre del 2013, sorprendendo il mondo del cinema tout court (e non solo quello dell'animazione mondiale), il leggendario creatore di anime ha annunciato il suo ritiro. Miyazaki continuerà ad impegnarsi nella realizzazione di produzioni di disegni animati, comunque. L'addio riguarderebbe (il condizionale è d'obbligo) la regia di lungometraggi animati. Lo scorso 8 novembre infatti Miyazaki si è recato a Los Angeles per ritirare l'Oscar alla carriera conferitogli dall'Academy of Motion Picture Arts and Sciences nel corso del Governor Awards. Gli highlights della cerimonia verranno mostrati nel corso della notte degli Oscar, il 22 febbraio prossimo. E nel corso della cerimonia, il maestro (ed è il caso di dirlo: Miyazaki ha fatto davvero scuola) ha dichiarato: "Continuerò a fare anime fino alla morte". 
Lo studio Ghibli fondato da Miyazaki nel 1985 insieme a Isao Takahata, altro regista di enorme importanza per l'immaginario non solo nipponico, Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma (e celebrato da una straordinaria mostra, Dessins du Studio Ghibli, comprendente 300 disegni originali al museo parigino Arte Ludique fino al primo marzo 2015), prende il suo nome non solo da come il vento di Scirocco viene chiamato in altre culture ma soprattutto dal nome di un aereo da guerra italiano di cui il nostro ama il design. Il volo e la passione per gli aerei hanno marcato da sempre la vita e l'opera del regista giapponese.
Di seguito il video del momento in cui Miyazaki è salito sul palco per ritirare la statuetta, e l’introduzione dell’animatore e direttore creativo di Pixar, John Lasseter.

 

 

Non è la prima volta comunque che l'Academy premia Miyazaki. È importante ricordare come già nel 2003 con La città incantata il regista giapponese vinse il premio come miglior film d'animazione: fu la prima volta nella storia degli Oscar per un anime. Il regista non presenziò però alla cerimonia di partecipazione per protesta contro l'intervento militare degli States in Iraq. L'anno precedente, altro record, il film a disegni animati del regista giapponese vinse l'Orso d'Oro a Berlino. Con Miyazaki e le opere maggiori dello studio Ghibli parrebbe avverarsi quanto Alexander Alexeieff, artista e animatore russo, affermava provocatoriamente negli anni Settanta: il cinema è "un caso particolare di animazione, una sorta di sostituto industriale a buon mercato" (Alexeieff, 1992). Non appaia peregrina questa citazione che ha invece lo spessore di una dichiarazione d'intenti. L'intero opus di Miyazaki sembrerebbe teso a conferire spessore e credibilità, come anche autonomia, al cinema d'animazione rispetto a quello cosiddetto "dal vero".
Dieci anni dopo. Settembre 2013, dicevamo. Per il mondo del cinema settembre è sinonimo di Mostra del Cinema di Venezia e proprio in quell'occasione Miyazaki presenta The Wind Rises, ad oggi il suo ultimo (l'undicesimo) lungometraggio. Si alza il vento assume su di sé quindi i connotati del testamento programmatico. Il film è tratto da un omonimo romanzo breve scritto da Tatsuo Hori nel 1936, e poi trasformato in manga dallo stesso regista nato a Tokyo 73 anni fa. Lo scrittore aveva scelto una frase da una poesia di Paul Valéry, "Le vent se lève, il faut tenter de vivre", che ricorre più volte a scandire alcuni momenti topici della narrazione, e l'aveva tradotta in giapponese: “Kaze tachinu, izaiki meyamo” ("Si alza il vento, dobbiamo tentare di vivere"). 
Si alza il vento è una storia per adulti. Non offre scorciatoie, tanto che negli Stati Uniti ha ottenuto un rating PG-13, cioè il divieto per i minori di 13 anni. Siamo altresì lontani dai canoni del cinema d’animazione cui pure ci hanno abituati tanti anime. Il lungometraggio finora non ha ottenuto un grande successo al di fuori del Giappone, e anche in Patria ha sollevato almeno all'inizio più di una polemica. Il regista è stato accusato di aver orchestrato una sorta di apologo in favore della guerra. Da non credere. Basta dare un'occhiata anche fugace al film per rendersi conto dell'assurdità dell'impostazione di questo discorso. Si alza il vento è il racconto della vita di Jiro Horikoshi, ingegnere aeronautico che progettò l'aereo da combattimento Zero, il Mitsubishi A6M1, utilizzato durante la Seconda guerra mondiale. Jiro è il prodotto di una sorta di coalescenza tra Jiro Horikoshi e lo stesso scrittore Tatsuo Hori.

 


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Il film è un'opera allo stesso tempo di assoluta finzione ma con un'inedita (per la cinematografia del nostro) propensione al realismo, e alla realtà sottesa al piano della narrazione. Con dei precisi obiettivi, se si vuole: la descrizione della gioventù giapponese degli anni Trenta, la nascita del summenzionato aereo da combattimento, l'incontro di Jiro con la bella e sfortunata Nahoko, modellata sulla moglie dello scrittore, malata di tubercolosi, e la loro infausta separazione. 
Non c’è spazio per la magia, né per i personaggi strani e divertenti che ispirano simpatia, né per i mondi fantastici, elementi sempre ricorrenti nel cinema di Miyazaki. C'è molta realtà e per quanto il tema di fondo sia quello del volo c'è la presenza costante e ingombrante della terra. La terra è l'elemento ancorante della realtà. L'aria dall'altra parte fa da contraltare e incarna l'elemento del sogno. I sotto-temi fondamentali del lavoro e della famiglia, così importanti per la cultura nipponica, si intrecciano in questa relazione in modo letteralmente inestricabile. Come ha scritto in altro contesto Anna Antonini: “Non si tratta di aderire alla realtà, ma di mostrare quanto la realtà sia un sistema complesso che non sempre coincide con ciò che ha più probabilità di realizzarsi" (Antonini, 2003). E questo è un punto fondamentale dell'intero opus del regista di Tokyo.
La vicenda prende le mosse dall’infanzia di Jiro, bambino appassionato di aerei ma molto miope, e quindi destinato a non poter diventare un pilota. Quando in sogno incontra Giovanni Battista Caproni, ingegnere italiano pioniere dell’aeronautica, intuisce che da grande farà il progettista. Lo vediamo all’università e poi al lavoro, immerso nelle prime prove, nei fallimenti e nei successi, mentre continua a incontrare in sogno Caproni. L'ingegnere italiano, misconosciuto in patria fuori dalla cerchia dei tecnici, diventa una specie di guida oltremondana del piccolo Jiro e lo accompagna nel suo viaggio per tutta la vita.
Se questi sono i temi, la malinconia rappresenta invece il sentimento dominante del film. E non poteva essere altrimenti dato il carattere testamentario-programmatico conferito all'opera. Ma c'è anche tanto, tanto amore, e tanta voglia di andare avanti, di vivere secondo i propri ideali (la passione e il sogno), di non arrendersi mai. “Si alza il vento è la storia di un individuo dedito al suo lavoro, che ha perseguito tenacemente il suo sogno", ha commentato in un'intervista il regista. Anche il Giappone, che in maniera evidente molto di più di altri paesi sembrerebbe incarnare il concetto di artefice del proprio destino, ha sempre inseguito tenacemente i propri sogni. La grande Storia, quella con la proverbiale maiuscola, costituisce un altro livello del film. Si racconta infatti del tragico terremoto del Kanto del 1923 (almeno 100.000 persone persero la vita) e della conseguente depressione accompagnata da una vasta disoccupazione. La miseria dilagante e quindi anche le epidemie che ne sono conseguite toccarono il tessuto profondo dell'intero Paese. Ma non c'è grande storia che non s'intrecci con le vicende, piccole ma determinanti per il corso degli eventi, dei personaggi e delle persone che in fondo, come cantava il poeta, siamo noi. E le piccole grandi storie qui sono quelle di Jiro, che sogna di progettare aerei, e di Nahoko, che vorrebbe innamorarsi e sopravvivere ad una malattia implacabile. È la lotta il filo conduttore. La lotta unisce gli strenui tentativi dei singoli con il destino di un popolo. La morte, il fallimento e la sconfitta sono l'unico destino possibile. Ma non per questo si deve smettere di vivere. Appunto. 
Messo da parte il precedente Ponyo sulla scogliera, prodotto destinato ai bambini, con questo film Miyazaki ricerca una sintesi in grado di riassumere le diverse fasi della sua poetica e raggiunge uno dei vertici del suo percorso artistico mettendosi per la prima volta davvero a nudo davanti ai nostri occhi.

 

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Sì, perché il tema del volo qui ha una funzione di straordinario collante filmo-biografico. Se uno dei tanti piaceri visivi offerti dai film di Miyazaki è infatti vedere i protagonisti volteggiare nel cielo, con quel senso di fluttuazione che non può non coinvolgere, come accade in tante sequenze del suo cinema (Nausicaä della Valle del Vento, Il Castello errante di Howl, Kiki - Consegne a domicilio e Porco Rosso su tutti), in Si alza il vento, per quanto non ci siano pietre magiche o sortilegi di sorta, molte sequenze si svolgono in cielo. Il motivo di questa ossessione per il volo e gli aerei è da ricercare in prima battuta in un dato meramente autobiografico. Nato nel 1941 da una ricca famiglia dell'agiata periferia di Tokyo, Miyazaki sembrerebbe avere davanti a sé un futuro facile e in discesa nella ditta di famiglia, la Miyazaki Airplanes, che in tempo di guerra costruiva componenti per gli aerei. I suoi biografi sottolineano tutti come Miyazaki abbia vissuto un forte conflitto tra la sua innegabile situazione di privilegio e il desiderio di vivere una vita identica a quella dei suoi coetanei. Il desiderio di disegnare poi è stato sempre impellente, tanto da fargli scegliere all'università la facoltà di economia "perché era la sola in tutta l'università in cui non c'era bisogno di lavorare troppo!" (parole dello stesso futuro regista). Gli anni della giovinezza per Miyazaki trascorrono proficuamente a disegnare aerei e carri armati, oltre che ad imitare pedissequamente il suo maestro ideale, Osamu Tezuka. Altro elemento fondamentale della sua formazione sono stati poi i tanti libri per l'infanzia giapponesi e occidentali letti in quegli anni in un circolo letterario sempre all'università.

 

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Il sogno e il sacrificio, dunque. Il sogno, che è l'equivalente della passione, per Jiro come per Hayao. Il sacrificio, che è il prezzo da pagare, in un'ottica tipicamente nipponica, per dare corpo ai propri sogni e alle proprie passioni. Jiro sacrifica la propria vita matrimoniale e la propria etica per un'appassionata ossessione: disegnare aerei, che verranno in seguito utilizzati in guerra. Ma, come dicevamo, non c'è spazio per nessun tipo di discorso apologetico nei confronti della guerra. La verità emerge nelle parole del suo amico e collega Honjo: "Non disegniamo aerei per fare la guerra, disegniamo aerei perché sono belli". Per non parlare di quelle di Caproni: "Gli aerei non sono strumenti di guerra, ma sogni". La stessa Nahoko si innamora di lui proprio in virtù della dedizione e della passione che mette in ciò che crea. Jiro non sarebbe Jiro se non facesse il suo lavoro al massimo delle potenzialità. Il film è un perfetto meccanismo ad orologeria, di grande equilibrio formale, come d'altronde tutti i film del maestro. E come esplicita la metafora strumentale, per così dire, del regolo calcolatore che il protagonista usa continuamente. È come se venissero prese le misure e le proporzioni non solo degli aerei ma anche della sua e della nostra vita...
Il vento si alza durante il tragico terremoto del Kanto del 1923, quando Jiro incontra per la prima volta Nahoko. Il vento si alza ancora quando i due si ritrovano anni dopo in una pensione di montagna, sulla "montagna magica", come la chiama il tedesco Hans Castorp che proprio lì stringe amicizia con Jiro. La citazione funziona su due piani: Castorp è il nome del protagonista del romanzo La montagna magica di Thomas Mann, ambientato in un sanatorio svizzero, e le fattezze di Castorp, personaggio in fuga dal governo nazista tedesco, sono invece quelle di un amico e collega di Miyazaki, Stephen Alpert. 
La colonna sonora è composta da Joe Hisaishi, alla sua ennesima collaborazione con Miyazaki. Sono presenti anche inserti musicali di repertorio come il Winterreise di Franz Schubert, che Jiro e Honjo ascoltano di sfuggita in Germania. Per quanto riguarda il sonoro, Miyazaki ha preteso inoltre che il film fosse in mono, anziché in stereo. Una scelta che pone ancora una volta il regista giapponese in controtendenza con la maggior parte dei suoi colleghi.
Il contesto storico conta, e molto, come dicevamo in apertura. Gli sfondi e le ambientazioni ricalcano infatti fedelmente il Giappone degli anni Venti e Trenta. Ha detto Miyazaki, in un'intervista: "Volevo riprodurre in tutto il suo splendore il meraviglioso paesaggio verdeggiante del Giappone dall’era Taisho (1912-1926, ndr) all’inizio dell’era Showa (1926-1989, ndr). Allora il cielo era ancora limpido e punteggiato in alto da nuvole bianche. L’acqua scorreva trasparente. Nelle campagne non c’erano rifiuti. Ma d’altro canto nelle città la povertà era molto diffusa. Non volevo mettere in ombra le architetture usando tonalità seppiate; così abbiamo osato, utilizzando i colori del modernismo dell’Estremo Oriente. Le strade sono accidentate e irregolari. Le insegne dei negozi e i cartelloni pubblicitari si sovrappongono disordinatamente. Ovunque, mucchi di pali elettrici e di altro genere".
L'aereo progettato da Jiro entra in guerra nel 1940. E per quanto tutti abbiano da sempre riconosciuto l'eccellenza del velivolo, non ne tornò indietro nessuno. Caproni saluta i caduti in battaglia nell'ultima scena del film, accompagnato da Jiro, che dice addio alla sua Nahoko, che gli dice: "devi tentare di vivere!". A Jiro che appunto si lamenta del non ritorno dei suoi aerei Caproni risponde: "Gli aerei sono affetti da una maledizione. Il nostro sogno verrà ingoiato dal cielo".
Gli Zero volano alti nello stesso cielo in cui si ritrovano i piloti morti in Porco Rosso, un cielo grande che accoglie le vittime, tutte le vittime, "di guerra in guerra, di film in film", come ha ravvisato Federica Lippi. Caproni, in uno dei sogni, dice a Jiro che l'arco della creatività dura poco più di dieci anni. Quello di Miyazaki è durato molto, molto di più. L'arte dell'animazione non è diversa da qualsiasi altro congegno artistico dell'umana sensibilità. Essere registi o essere ingegneri è la stessa cosa per Miyazaki. Purché si sia disposti a farlo con passione e sacrificio, dedicando la massima dedizione per realizzare i propri sogni.

 

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LETTURE

  Alexander Alexeieff, Elogio del film d'animazione, in Bendazzi, 1992.
  Anna Antonini, L'incanto del mondo. Il cinema di Miyazaki Hayao, Il principe costante, Pozzuolo del Friuli, 2003.
  Giannalberto Bendazzi, Cartoons. Cento anni di cinema d'animazione, Marsilio, Venezia, 1992.
  Bruno Bettelheim, Il mondo incantato, Feltrinelli, Milano, 1992.
  Antonia Levi, Samurai from Outer Space: Understanding Japanese Animation, Open Court, Chicago 2000.
  Federica Lippi, Si alza il vento, il canto del cigno di Miyazaki: www.fumettologica.it
  Marco Pellitteri, Il drago e la saetta. Modelli, strategie e identità dell'immaginario giapponese, Tunué, Latina, 2008.
  Luca Raffaelli, Le anime disegnate. Il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre, minimum fax, Roma, 2005.