I giorni trascorsero all’insegna del tipo di felicità che esiste prima della vita stessa. Eravamo più vivi della vita, vivi al punto da esserne afflitti, tanto che il verso di quella poesia improvvisamente sfuggito dalle mie labbra l’estate di due anni prima, e che amavo ripetere a me stesso, tornò improvvisamente tra noi. Si alza il vento, bisogna tentare di vivere. Fino a quel momento sembravamo averlo dimenticato.
Tatsuo Hori (Si alza il vento)
Sogno e sacrificio. Dedizione e passione. Queste le parole
d'ordine del cinema di Hayao Miyazaki.
Nel settembre del 2013,
sorprendendo il mondo del cinema tout court (e non solo quello
dell'animazione mondiale), il leggendario creatore di anime ha
annunciato il suo ritiro. Miyazaki continuerà ad impegnarsi
nella realizzazione di produzioni di disegni animati, comunque. L'addio
riguarderebbe (il condizionale è d'obbligo) la regia di
lungometraggi animati. Lo scorso 8 novembre infatti Miyazaki si
è recato a Los Angeles per ritirare l'Oscar alla carriera
conferitogli dall'Academy of Motion Picture Arts and Sciences nel corso
del Governor Awards. Gli highlights della cerimonia verranno mostrati
nel corso della notte degli Oscar, il 22 febbraio prossimo. E nel corso
della cerimonia, il maestro (ed è il caso di dirlo: Miyazaki
ha fatto davvero scuola) ha dichiarato: "Continuerò a fare anime
fino alla morte".
Lo studio Ghibli fondato da
Miyazaki nel 1985 insieme a Isao Takahata, altro regista di enorme
importanza per l'immaginario non solo nipponico, Toshio Suzuki e
Yasuyoshi Tokuma (e celebrato da una straordinaria mostra, Dessins
du Studio Ghibli, comprendente 300 disegni originali al museo
parigino Arte Ludique fino al primo marzo 2015), prende il suo nome non
solo da come il vento di Scirocco viene chiamato in altre culture ma
soprattutto dal nome di un aereo da guerra italiano di cui il nostro
ama il design. Il volo e la passione per gli aerei hanno marcato da
sempre la vita e l'opera del regista giapponese.
Di seguito il
video del momento in cui Miyazaki è salito sul palco per
ritirare la statuetta, e
l’introduzione dell’animatore e direttore creativo
di Pixar, John Lasseter.
Non è la prima volta comunque che l'Academy premia
Miyazaki. È importante ricordare come già nel
2003 con La città incantata il regista
giapponese vinse il premio come miglior film d'animazione: fu la prima
volta nella storia degli Oscar per un anime. Il
regista non presenziò però alla cerimonia di
partecipazione per protesta contro l'intervento militare degli States
in Iraq. L'anno precedente, altro record, il film a disegni animati del
regista giapponese vinse l'Orso d'Oro a Berlino. Con Miyazaki e le
opere maggiori dello studio Ghibli parrebbe avverarsi quanto Alexander
Alexeieff, artista e animatore russo, affermava provocatoriamente negli
anni Settanta: il cinema è "un caso particolare di
animazione, una sorta di sostituto industriale a buon mercato"
(Alexeieff, 1992). Non appaia peregrina questa citazione che ha invece
lo spessore di una dichiarazione d'intenti. L'intero opus di Miyazaki
sembrerebbe teso a conferire spessore e credibilità, come
anche autonomia, al cinema d'animazione rispetto a quello cosiddetto
"dal vero".
Dieci anni dopo. Settembre 2013, dicevamo. Per il
mondo del cinema settembre è sinonimo di Mostra del Cinema
di Venezia e proprio in quell'occasione Miyazaki presenta The
Wind Rises, ad oggi il suo ultimo (l'undicesimo)
lungometraggio. Si alza il vento assume su di
sé quindi i connotati del testamento programmatico. Il film
è tratto da un omonimo romanzo breve scritto da Tatsuo Hori
nel 1936, e poi trasformato in manga dallo stesso regista nato a Tokyo
73 anni fa. Lo scrittore aveva scelto una frase da una poesia di Paul
Valéry, "Le vent se lève, il faut tenter de
vivre", che ricorre più volte a scandire alcuni momenti
topici della narrazione, e l'aveva tradotta in giapponese:
“Kaze tachinu, izaiki meyamo” ("Si alza il vento,
dobbiamo tentare di vivere").
Si alza il vento
è una storia per adulti. Non offre scorciatoie, tanto che
negli Stati Uniti ha ottenuto un rating PG-13, cioè il
divieto per i minori di 13 anni. Siamo altresì lontani dai
canoni del cinema d’animazione cui pure ci hanno abituati
tanti anime. Il lungometraggio finora non ha
ottenuto un grande successo al di fuori del Giappone, e anche in Patria
ha sollevato almeno all'inizio più di una polemica. Il
regista è stato accusato di aver orchestrato una sorta di
apologo in favore della guerra. Da non credere. Basta dare un'occhiata
anche fugace al film per rendersi conto dell'assurdità
dell'impostazione di questo discorso. Si alza il vento
è il racconto della vita di Jiro Horikoshi, ingegnere
aeronautico che progettò l'aereo da combattimento Zero, il
Mitsubishi A6M1, utilizzato durante la Seconda guerra mondiale. Jiro
è il prodotto di una sorta di coalescenza
tra Jiro Horikoshi e lo stesso scrittore Tatsuo Hori.
Il
film è un'opera allo stesso tempo di assoluta finzione ma
con un'inedita (per la cinematografia del nostro) propensione al
realismo, e alla realtà sottesa al piano della narrazione.
Con dei precisi obiettivi, se si vuole: la descrizione della
gioventù giapponese degli anni Trenta, la nascita del
summenzionato aereo da combattimento, l'incontro di Jiro con la bella e
sfortunata Nahoko, modellata sulla moglie dello scrittore, malata di
tubercolosi, e la loro infausta separazione.
Non
c’è spazio per la magia, né per i
personaggi strani e divertenti che ispirano simpatia, né per
i mondi fantastici, elementi sempre ricorrenti nel cinema di Miyazaki.
C'è molta realtà e per quanto il tema di fondo
sia quello del volo c'è la presenza costante e ingombrante
della terra. La terra è l'elemento ancorante della
realtà. L'aria dall'altra parte fa da contraltare e incarna
l'elemento del sogno. I sotto-temi fondamentali del lavoro e della
famiglia, così importanti per la cultura nipponica, si
intrecciano in questa relazione in modo letteralmente inestricabile.
Come ha scritto in altro contesto Anna Antonini: “Non si
tratta di aderire alla realtà, ma di mostrare quanto la
realtà sia un sistema complesso che non sempre coincide con
ciò che ha più probabilità di
realizzarsi" (Antonini, 2003). E questo è un punto
fondamentale dell'intero opus del regista di Tokyo.
La vicenda
prende le mosse dall’infanzia di Jiro, bambino appassionato
di aerei ma molto miope, e quindi destinato a non poter diventare un
pilota. Quando in sogno incontra Giovanni Battista Caproni, ingegnere
italiano pioniere dell’aeronautica, intuisce che da grande
farà il progettista. Lo vediamo
all’università e poi al lavoro, immerso nelle
prime prove, nei fallimenti e nei successi, mentre continua a
incontrare in sogno Caproni. L'ingegnere italiano, misconosciuto in
patria fuori dalla cerchia dei tecnici, diventa una specie di guida
oltremondana del piccolo Jiro e lo accompagna nel suo viaggio per tutta
la vita.
Se questi sono i temi, la malinconia rappresenta
invece il sentimento dominante del film. E non poteva essere altrimenti
dato il carattere testamentario-programmatico conferito all'opera. Ma
c'è anche tanto, tanto amore, e tanta voglia di andare
avanti, di vivere secondo i propri ideali (la passione e il sogno), di
non arrendersi mai. “Si alza il vento
è la storia di un individuo dedito al suo lavoro, che ha
perseguito tenacemente il suo sogno", ha commentato in un'intervista il
regista. Anche il Giappone, che in maniera evidente molto di
più di altri paesi sembrerebbe incarnare il concetto di
artefice del proprio destino, ha sempre inseguito tenacemente i propri
sogni. La grande Storia, quella con la proverbiale maiuscola,
costituisce un altro livello del film. Si racconta infatti del tragico
terremoto del Kanto del 1923 (almeno 100.000 persone persero la vita) e
della conseguente depressione accompagnata da una vasta disoccupazione.
La miseria dilagante e quindi anche le epidemie che ne sono conseguite
toccarono il tessuto profondo dell'intero Paese. Ma non c'è
grande storia che non s'intrecci con le vicende, piccole ma
determinanti per il corso degli eventi, dei personaggi e delle persone
che in fondo, come cantava il poeta, siamo noi. E le piccole grandi
storie qui sono quelle di Jiro, che sogna di progettare aerei, e di
Nahoko, che vorrebbe innamorarsi e sopravvivere ad una malattia
implacabile. È la lotta il filo conduttore. La lotta unisce
gli strenui tentativi dei singoli con il destino di un popolo. La
morte, il fallimento e la sconfitta sono l'unico destino possibile. Ma
non per questo si deve smettere di vivere. Appunto.
Messo
da parte il precedente Ponyo sulla scogliera,
prodotto destinato ai bambini, con questo film Miyazaki ricerca una
sintesi in grado di riassumere le diverse fasi della sua poetica e
raggiunge uno dei vertici del suo percorso artistico mettendosi per la
prima volta davvero a nudo davanti ai nostri occhi.
Sì, perché il tema del volo qui ha una funzione di straordinario collante filmo-biografico. Se uno dei tanti piaceri visivi offerti dai film di Miyazaki è infatti vedere i protagonisti volteggiare nel cielo, con quel senso di fluttuazione che non può non coinvolgere, come accade in tante sequenze del suo cinema (Nausicaä della Valle del Vento, Il Castello errante di Howl, Kiki - Consegne a domicilio e Porco Rosso su tutti), in Si alza il vento, per quanto non ci siano pietre magiche o sortilegi di sorta, molte sequenze si svolgono in cielo. Il motivo di questa ossessione per il volo e gli aerei è da ricercare in prima battuta in un dato meramente autobiografico. Nato nel 1941 da una ricca famiglia dell'agiata periferia di Tokyo, Miyazaki sembrerebbe avere davanti a sé un futuro facile e in discesa nella ditta di famiglia, la Miyazaki Airplanes, che in tempo di guerra costruiva componenti per gli aerei. I suoi biografi sottolineano tutti come Miyazaki abbia vissuto un forte conflitto tra la sua innegabile situazione di privilegio e il desiderio di vivere una vita identica a quella dei suoi coetanei. Il desiderio di disegnare poi è stato sempre impellente, tanto da fargli scegliere all'università la facoltà di economia "perché era la sola in tutta l'università in cui non c'era bisogno di lavorare troppo!" (parole dello stesso futuro regista). Gli anni della giovinezza per Miyazaki trascorrono proficuamente a disegnare aerei e carri armati, oltre che ad imitare pedissequamente il suo maestro ideale, Osamu Tezuka. Altro elemento fondamentale della sua formazione sono stati poi i tanti libri per l'infanzia giapponesi e occidentali letti in quegli anni in un circolo letterario sempre all'università.
Il
sogno e il sacrificio, dunque. Il sogno, che è l'equivalente
della passione, per Jiro come per Hayao. Il sacrificio, che
è il prezzo da pagare, in un'ottica tipicamente nipponica,
per dare corpo ai propri sogni e alle proprie passioni. Jiro sacrifica
la propria vita matrimoniale e la propria etica per un'appassionata
ossessione: disegnare aerei, che verranno in seguito utilizzati in
guerra. Ma, come dicevamo, non c'è spazio per nessun tipo di
discorso apologetico nei confronti della guerra. La verità
emerge nelle parole del suo amico e collega Honjo: "Non disegniamo
aerei per fare la guerra, disegniamo aerei perché sono
belli". Per non parlare di quelle di Caproni: "Gli aerei non sono
strumenti di guerra, ma sogni". La stessa Nahoko si innamora di lui
proprio in virtù della dedizione e della passione che mette
in ciò che crea. Jiro non sarebbe Jiro se non facesse il suo
lavoro al massimo delle potenzialità. Il film è
un perfetto meccanismo ad orologeria, di grande equilibrio formale,
come d'altronde tutti i film del maestro. E come esplicita la metafora
strumentale, per così dire, del regolo calcolatore che il
protagonista usa continuamente. È come se venissero prese le
misure e le proporzioni non solo degli aerei ma anche della sua e della
nostra vita...
Il vento si alza durante il tragico terremoto
del Kanto del 1923, quando Jiro incontra per la prima volta Nahoko. Il
vento si alza ancora quando i due si ritrovano anni dopo in una
pensione di montagna, sulla "montagna magica", come la chiama il
tedesco Hans Castorp che proprio lì stringe amicizia con
Jiro. La citazione funziona su due piani: Castorp è il nome
del protagonista del romanzo La montagna magica di
Thomas Mann, ambientato in un sanatorio svizzero, e le fattezze di
Castorp, personaggio in fuga dal governo nazista tedesco, sono invece
quelle di un amico e collega di Miyazaki, Stephen Alpert.
La
colonna sonora è composta da Joe Hisaishi, alla sua ennesima
collaborazione con Miyazaki. Sono presenti anche inserti musicali di
repertorio come il Winterreise di Franz Schubert,
che Jiro e Honjo ascoltano di sfuggita in Germania. Per quanto riguarda
il sonoro, Miyazaki ha preteso inoltre che il film fosse in mono,
anziché in stereo. Una scelta che pone ancora una volta il
regista giapponese in controtendenza con la maggior parte dei suoi
colleghi.
Il contesto storico conta, e molto, come dicevamo in
apertura. Gli sfondi e le ambientazioni ricalcano infatti fedelmente il
Giappone degli anni Venti e Trenta. Ha detto Miyazaki, in
un'intervista: "Volevo riprodurre in tutto il suo splendore il
meraviglioso paesaggio verdeggiante del Giappone dall’era
Taisho (1912-1926, ndr) all’inizio
dell’era Showa (1926-1989, ndr). Allora
il cielo era ancora limpido e punteggiato in alto da nuvole bianche.
L’acqua scorreva trasparente. Nelle campagne non
c’erano rifiuti. Ma d’altro canto nelle
città la povertà era molto diffusa. Non volevo
mettere in ombra le architetture usando tonalità seppiate;
così abbiamo osato, utilizzando i colori del modernismo
dell’Estremo Oriente. Le strade sono accidentate e
irregolari. Le insegne dei negozi e i cartelloni pubblicitari si
sovrappongono disordinatamente. Ovunque, mucchi di pali elettrici e di
altro genere".
L'aereo progettato da Jiro entra in guerra nel
1940. E per quanto tutti abbiano da sempre riconosciuto l'eccellenza
del velivolo, non ne tornò indietro nessuno. Caproni saluta
i caduti in battaglia nell'ultima scena del film, accompagnato da Jiro,
che dice addio alla sua Nahoko, che gli dice: "devi tentare di
vivere!". A Jiro che appunto si lamenta del non ritorno dei suoi aerei
Caproni risponde: "Gli aerei sono affetti da una maledizione. Il nostro
sogno verrà ingoiato dal cielo".
Gli Zero volano
alti nello stesso cielo in cui si ritrovano i piloti morti in Porco
Rosso, un cielo grande che accoglie le vittime, tutte le
vittime, "di guerra in guerra, di film in film", come ha ravvisato
Federica Lippi. Caproni, in uno dei sogni, dice a Jiro che l'arco della
creatività dura poco più di dieci anni. Quello di
Miyazaki è durato molto, molto di più. L'arte
dell'animazione non è diversa da qualsiasi altro congegno
artistico dell'umana sensibilità. Essere registi o essere
ingegneri è la stessa cosa per Miyazaki. Purché
si sia disposti a farlo con passione e sacrificio, dedicando la massima
dedizione per realizzare i propri sogni.
LETTURE