VISIONI / HUGO PRATT. I LUOGHI DELL'AVVENTURA


Museo d'Arte, Lugano, 2011


Le mappe e i viaggi di
Hugo "Sconto"

di Daniela Fabro


Nato vicino a Rimini nel 1927 e morto a Losanna nel 1995, Hugo Pratt fu un autore, anche di romanzi e saggi, colto e amato per il suo inconfondibile tratto, molto elegante. Presso una certa intellighenzia veniva, e viene ancora, apprezzato soprattutto per le citazioni letterarie e l’atmosfera magica delle sue storie, ricche di avventure, combattimenti, viaggi, misteri e seduzioni. E per la singolarità dei suoi personaggi, tratti di peso dalla letteratura e dalla storia: sciamani, zingare e pirati. Le stesse qualità per cui gli ambienti di sinistra, nei tormentati anni Settanta in cui tutto doveva essere o bianco o nero, compresa la redazione di Linus, lo guardavano con sospetto, salvo poi pubblicarlo per la felice intuizione e la profonda cultura di un uomo come Oreste Del Buono, che dirigeva ai tempi la rivista di fumetti più importante dell’epoca. Fu così che Pratt venne conosciuto dal grande pubblico, o almeno da un pubblico di giovani studenti e universitari, intellettuali e buona borghesia, per i quali il fumetto d’autore, e soprattutto certi comics americani, furono capaci di riscattare il destino popolare delle “nuvolette”, segnato in origine dalla loro pubblicazione, tra le due guerre, nelle ultime pagine dei tabloid per il puro svago e divertimento dei lettori dopo tante (brutte) notizie di politica e di cronaca. Anche in Italia fino a quel momento il fumetto era stato considerato una forma di intrattenimento minore e comunque non certo una forma di cultura. Una lettura al massimo da bambini, come insegna la fortuna degli album di Topolino o delle Avventure del Signor Bonaventura. La loro affermazione, relativamente recente da noi – mentre negli Usa i fumetti si leggevano già da molto prima anche se da parte di un pubblico considerato poco colto e molto pop –con il conseguente ampliamento delle fila dei disegnatori per bambini, tra cui Grazia Nidasio con la Stefi e Altan con la Pimpa, fu ereditata in seguito dal Corriere dei Piccoli, anche noto come Corrierino, dove Pratt illustrava ai tempi le storie di Alberto Ongaro, con cui la Rizzoli seppe conquistare il pubblico dei più piccoli, gli stessi allievi di scuola elementare e media della fine degli anni Sessanta che crescendo sarebbero diventati appassionati lettori di Linus.

Chi erano quindi i disegnatori diventati celebri con questa rivista, e chi era Hugo Pratt, disegnatore di lungo corso e dalle numerose pubblicazioni già da prima? Da Charles Schultz, il più famoso, con i suoi Peanuts, a Quino, con la bambina ribelle Mafalda, a Copi con la “donna seduta” dalle battute fulminanti e ciniche, a Johnny Hart con i cavernicoli di B.C. (Before Christ), a Howard Post con i Dropouts, i primi emarginati sociali simboleggiati dai naufraghi su un’isola, a Garry Trudeau con Doonesbury, gli studenti intellettuali e disillusi, ma anche un po’ ingenui, dei campus di quell’epoca, la compagine di fumettisti pubblicati da Del Buono rappresentarono la forza della matita affilata contro il capitalismo e la società dei consumi, gli epigoni da illustrazione della controcultura nata dal movimento del Sessantotto. Poi vennero gli anni Ottanta e i loro tratteggi caustici furono cancellati, ma non dalla memoria di chi aveva amato il loro acuto senso dell’ironia misto ad un sentimento di pietà per le vicende più dolorose dell’esistenza. Pratt era invece, per nascita, formazione e cultura, un personaggio molto diverso, avulso dal contesto della protesta operaia e studentesca e dalla critica dissacrante su temi sociali, e incline piuttosto all’individualismo e a un certo romanticismo coltivato tramite letture classiche, stile i romanzi di Joseph Conrad, che seppe poi trasporre nelle sue avventure, senza comunque mai farlo diventare di maniera. Perché l’antiretorica intellettuale, praticata insieme all’understatement sociale ed esistenziale, fu il suo antidoto al destino, trionfale e anche un po’ tronfio, che accomuna le vicende marinaresche e piratesche narrate in questi racconti di genere, quando la figura del protagonista, un po’ il bello e dannato della situazione, potrebbe far pensare il contrario. Come tipo di impostazione grafica, inoltre, Pratt era molto più vicino agli illustratori classici stile Dino Battaglia, altro protagonista della stagione felice del Corriere dei Piccoli, e inseguì sempre un’ideale estetico molto essenziale, fino ad arrivare ad affermare di voler racchiudere l’intero suo disegno in un unico tratto, una sola linea.

Ecco quindi nascere da un disegno a china molto raffinato (in seguito le sue tavole vennero arricchite dalla tavolozza cromatica di una colorista, Patrizia Zanotti, che ora cura a Lugano con Cristina Borghetti questa mostra) la figura di un eroe, il marinaio Corto Maltese - nato a Malta da padre inglese e madre spagnola - sì classicamente inteso, ma anche molto anticonformista. Un cavaliere (delle onde) senza macchia e senza paura, sempre in mezzo a un mare (anche letterale) di avventure, ma anche sempre critico e solitario, sia sentimentalmente - e non certo perché non piaccia alle donne - sia perché l’unico a combattere contro nuovi “mulini a vento”, in nome di un’antica ma sempre giusta idea di giustizia (e forse, ancor più, di libertà). Partendo da Venezia, la porta dell’Oriente, le rotte delle sue storie portano quasi tutte in quella direzione, ma non è solo una questione geografica. È piuttosto un pretesto, per Pratt, per attraversare luoghi, epoche e personaggi (uno per tutti: il temibile Rasputin, l’eminenza grigia della Russia zarista) che lo affascinavano e attraverso i quali trovare i segni e i simboli di civiltà passate i cui messaggi sono anche la chiave per risolvere misteri e intrecci presenti. Così le sue narrazioni disegnate, che non assomigliano però affatto alle nuove graphic novel, ma sono un classico del fumetto di tutti i tempi, assumono anche un’impronta esoterica, con forti richiami allo gnosticismo. Il che lo rese un autore che spicca tra i suoi contemporanei, e che, per motivi che forse hanno che fare con la ricerca di significato, gli assicurò una fama così duratura da superare indenne gli anni Ottanta e la chiusura di Linus e di continuare a pubblicare così tanto (in Italia le sue storie vengono ripubblicate ora da Rizzoli Lizard, con i contributi dello scrittore Marco Steiner e le foto di Marco D’Anna; ma anche in Francia, dove emigrano solitamente i nostri talenti più anticonvenzionali e dove gli tributarono più di un riconoscimento ufficiale) da diventare il disegnatore famoso che tutti conoscono, come conferma, a distanza di sedici anni dalla sua scomparsa, quest’ennesimo omaggio di una mostra a lui dedicata.

Pratt iniziò a disegnare molto giovane, dopo aver soggiornato in molte parti del mondo, tra cui il West Virginia, l’Argentina e il Brasile e, subito dopo la Seconda guerra mondiale, a Venezia, insieme a un gruppo di suoi amici, tra cui il padre di chi scrive, Claudio Fabro, per prima cosa iniziò ad illustrare le avventure di un supereroe, l’Asso di Picche, e di un ufficiale dell’esercito americano nordista, il Sgt. Kirk, protagonista di vicende ambientate nel West, dimostrando come l’influenza della cultura d’Oltreoceano arrivata qui da noi con la Liberazione e sostanziata dalla musica jazz e dagli eroi mascherati avesse colpito le menti migliori di quella generazione. Ma non solo: negli anni Trenta tra i fumetti americani si potevano leggere le avventure poliziesche di Dick Tracy e le avventure misteriose di personaggi nati negli Usa ma anche provenienti dall’allora esotico Estremo Oriente disegnate da Milton Caniff nelle strisce di Terry e i Pirati, oppure le magie favolose e circensi di Mandrake, realizzate con l’aiuto del suo fedele servitore Lothar. Insomma tutto un mondo nuovo, e fantastico, ma anche molto tecnologico (Dick Tracy diventò famoso, oltre che per il suo intuito modernissimo e la trama molto avanzata per l’epoca delle sue short-story, anche per i gadget tipo un orologio con molte funzioni avveniristiche utili alle indagini), capace di suggestionare la fantasia di persone già dotate di molta immaginazione e in grado di adattarlo alle esigenze dei propri personaggi e delle proprie storie. Questo il quadro di riferimento entro il quale nacquero i fumetti di Pratt, ma che non spiega ancora la nascita del personaggio cui dovette la sua fortuna. E che è prima di tutto l’alter ego di un uomo libero, curioso e mai banale.

Dunque, come si può apprendere anche dalla mostra Hugo Pratt. I luoghi dell’avventura di Lugano, il marinaio Corto Maltese, come ogni marinaio che si rispetti, viaggia, naturalmente per nave, e non è un caso che la sua avventura più affascinante e famosa, forse la prima ad essere riunita in un solo volume dopo le pubblicazioni a puntate, si intitoli Una ballata del mare salato, cui seguirono storie non meno avvincenti dai titoli ancor più esoterici, come Corte sconta detta arcana (e sconto in dialetto veneziano significa nascosto). Ma il viaggio più avventuroso e interessante lo farà dentro se stesso, alla scoperta di quello che può diventare, che altro non è se non quello che già è. Per questo guarda le donne dal punto di vista di chi le sa capire, prima ancora che amare, e alla fine di ogni avventura torna alla sua solitudine, che però non è solipsismo, ma capacità di stare con se stesso a coltivare la propria individualità, una qualità da non sbandierare troppo in giro. La stessa che aveva anche Pratt e che sapeva però mitigare (proprio per non dare troppo nell’occhio con il suo essere in grado di badare a se stesso) con slanci di socialità e simpatia intorno a una tavola imbandita, dove si riunivano gli amici, e a un buon bicchiere di vino (e in omaggio a questo ha avuto anche modo di ringraziare i bacari e le osterie della sua Venezia che non si sono trasformati in fast food).

Una simpatia che, unita alla fervida immaginazione, ha fatto di lui il personaggio di culto che è ancora oggi, quando lo scrittore Fausto Brizzi, per esempio, può dire che a ben vedere il nome Hugo Pratt è “molto più bello di Corto Maltese come nome di personaggio: più esotico, più evocativo”. Anche se l’H davanti se la inventò lui stesso. E anche come uomo Hugo era più bello di Corto, con quegli occhi azzurri che parevano dipinti dallo stesso tocco di pennello dei suoi acquerelli (“l’acqua sporca”, come li chiamava lui), un segno ancora più libero di quello della sua matita o della china. Un paio d’occhi che videro i paesaggi lontani e misteriosi descritti nelle 150 tavole (le Elvetiche, Etiopiche, Celtiche, il ciclo orientale dei Mu e l’Oceano Pacifico della Ballata del mare salato), metà delle quali originali, esposte in questa mostra del Canton Ticino. Ma che erano soprattutto gli occhi specchio di un’ anima che tra l’altro gli fece dire: “Io entro facilmente nei libri, difficile poi uscirne”. Insomma, con Pratt il fumetto italiano d’autore ha contato tra le sue fila un grande visionario che attraverso la geografia dei luoghi ha attraversato tutti i luoghi della geografia del cuore.

 


LETTURE

× AA. VV., Enciclopedia dei fumetti, Garzanti, Milano, 1965.

× Brizzi F., Hugo Pratt mi ha riempito vita (e casa), Sette, magazine del Corriere della Sera, 7 luglio 2011.

× Corriere dei Piccoli, Rizzoli, Milano, 1968-1970, annate complete Linus, Milano Libri, Milano, 1972-1979.

× Pratt H., Le pulci penetranti, Edizioni Alfieri, Venezia, 1971.

× Pratt H., Una ballata del mare salato, Einaudi, Torino, 1995.

× Pratt H., Corte sconta detta arcana, Ed. BUR, Milano, 1991.

× Pratt H., Fuga G., Vianello L., Corto Sconto, Rizzoli Lizard, Milano, 2009.