ASCOLTI / KÔKOTSU NO SEKAI


di Ike Reiko / Bamboo Records, 2010


L'impero dei sensi decaduti

di Gennaro Fucile


Esordì minorenne in una pellicola scabrosa nel 1971. Quando a cose fatte saltò fuori la verità, fu scandalo. Era specializzata nel genere pinky violence, una specie di sexploitation giapponese, misto fritto di sesso e violenza che ha insegnato qualcosa e anche più a Quentin Tarantino per i suoi Kill Bill. Lei è Ike Reiko, si ritirò dalle scene alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, dopo aver preso parte a pellicole del tipo Sex and Fury (1973) e Girl Boss Guerrilla (1972). All’epoca del primo scandaloso ciak incise anche un ellepì, Kôkotsu no Sekai (Teichiku Records), quasi un gadget per promozionare la pellicola che oggi viene restaurato e rimasterizzato dal vinile originale. Una dozzina di canzoni melodico sentimentali venate a tratti da un sassofono più da sala da ballo che da jazz club, alla Fausto Papetti, insomma. Paccottiglia si direbbe, ma lei è Ike Reiko, è stratosferica, geme e grida di piacere, sussurra eccitata, la voce ora cristallina, ora roca è un film sonoro che riesce anche a far dimenticare certi strani grugniti e rantoli posti in sottofondo, che sembrano tutt’altro che frutto della passione amorosa. Inutile interrogarsi sul pezzo migliore, anche se forse a lasciare il segno è Koi No Dore. In ogni caso, questa è in breve la storia di una cantante discreta, stellina di un genere minore, di un pugno di canzoni dimenticabili, ma segni forti di un’epoca finita, di quando, una volta c’era l’osè, il sottogenere spinto, sempre in compagnia dei suoi attributi: la malizia, la pruderie, il proibito, il vedo non vedo, l’erotismo velato e un po’ svelato, solleticando l’immaginario erotico occidentale. Una missione durata dal dopoguerra fino alla stagione della liberazione sessuale, dell’emancipazione (anche dell’abolizione) dei costumi, quando il corpo ha iniziato a mostrarsi e porsi al centro di contesti differenti, nel quotidiano, nell’arte, nella civiltà dei consumi.

C’era una volta il cinema osè e le sue starlette erano decisamente delle maggiorate, come nei film di Russ Meyer (da Lorna a Mondo topless, da Faster, Pussycat! Kill! Kill! a Vixen!), stripteuse tutte curve, accompagnate da musiche ai confini del jazz, sensuali, molto da locale notturno, fumoso. È il genere cosiddetto burlesque, che vanta classici come Harlem Nocturne di Earle Hagen, e The Stripper di David Rose e che spesso fa da protagonista nei film come quelli di Meyer, alternandosi con pezzi ballabili, ritmati, proto beat. Per la verità, di musica condita pesantemente con vocalizzi che simulano piacere sessuale, sospiri, affanni, gridolini di varia intensità non se ne sente ancora; di musica genericamente sexy sganciata dalle immagini non si può parlare, così come non è possibile farlo per il songbook dedicato a un’altra icona del proibito, sfavillante oggetto del desiderio, la musa Betty Page, pin-up che con le sue incursioni nel fetish e nel bondage si è garantita una fama che persiste ancora ai nostri giorni postmoderni. Cantanti ammiccanti, con movenze feline, timbri caldi, mielosi se serve, non sono mancate per tutti gli anni Cinquanta del secolo scorso, la suadente Julie London o la piccante Mel Henke, mai nessuna, però, si è lasciata andare, nessuna licenza vocale, neanche un solo gemito d’amore. La relazione intrattenuta da erotismo e musica è confinata nelle copertine dei dischi, con dive e divette in pose allusive, più o meno scollacciate, sempre invitanti. Un genere che verrà elevato a potenza e attualizzato dai nudi in copertina per i dischi di Papetti (tutti con lo stesso titolo: Raccolta n.), soprattutto a partire dalla fine degli anni Sessanta.

Una prima timida performance vocale, giocata sul contrasto sacro/profano arriva da Kay Martin che nell’album I Know What He Wants For Christmas... But I Don't Know How to Wrap It! (1962) trova modo di farsi sfuggire sospiri eloquenti e di esibirsi in copertina come su Playboy, ma bisognerà aspettare il 1969, l’esplosione delle contro-culture e dei movimenti giovanili, per ascoltare un inno musicale dedicato all’erotismo sonoro. Racconta Joseph Lanza: “Una volta, era il 1969, i suoni di un orgasmo simulato causarono un incidente internazionale. La canzone «Je T’Aime… Moi Non Plus», registrata dal compositore francese Serge Gainbourg e dall’attrice/modella inglese Jane Birkin, divenne un classico istantaneo della cultura pop proprio perché, quando fu pubblicato, a pochi fu dato sentirlo. Le orecchie del mondo bruciarono di curiosità allorché il Vaticano denunciò la canzone; a Milano, la polizia sequestrò i dischi alla dogana; fu bandita dalle radio a Boston, San Francisco, New York, dalla BBC e dalla Radio danese. In precedenza, Gainsbourg aveva registrato la canzone con Brigitte Bardot, ma l’attrice non acconsentì alla pubblicazione. Birkin (che appena due anni prima aveva scioccato la sensibilità middle class partecipando a una simulata orgia bisessuale «cartacea» in Blow Up di Michelangelo Antonioni) non ebbe remore nell’unirsi a Gainsbourg in un’estroversa seduta di registrazione. Sull’impulso di una linea di basso rockeggiante e con una romantica sezione d’archi, Birkin e Gainsbourg provvidero in francese versi (in tutti i sensi) che culminavano nell’orgasmo di lei e che lasciavano intendere, data la resistenza di lui, un possibile seguito. A seguito di una pubblicità che i soldi non avrebbero mai potuto comprare, «Je T’Aime» vendette bene in tutto il mondo; e le vendite furono favorite dalla diffusione della canzone nei night club, nelle discoteche e nelle boutique dell’Europa e dell’America del Nord” (Lanza, 1995, trad. di Marco Bertoli). Il taboo era stato infranto. Qualcuno si buttò subito sul possibile filone commerciale come tale Rita che lanciò nella mischia un 45 giri oggi di culto, Erotica/Sexologie, funk, soul e psichedelia avvinti in un amplesso il cui esito è affidato alla sensualissima interprete; però fu un fiasco. Sempre dalla Francia, arrivò nel 1972 un brano orgiastico tuttora insuperato: ∞ (Infinity symbol). L’album è 666, la firma è quella degli Aphrodite’s Child, greci emigrati a Parigi; sono quelli di Demis Roussos, ma di fatto il disco (che esce quando il gruppo si è in pratica sciolto) è opera del tastierista Vangelis Papathanassiou, noto solo come Vangelis e autore in seguito di famosissime colonne sonora come quella di Blade Runner (1982). Vangelis sapeva il fatto suo, infatti esordì come compositore di colonne sonore con un film dal titolo eloquente: Sex Power (1970). La signora che canta, è un’ospite di lusso, anch’essa greca, l’attrice Irene Papas. Ripete in un crescendo orgasmico: "I was, I am, I am to come", mentre la batteria martella sempre più … ed è difficile non crederle…

Il brano doveva averlo ben presente Franco Micalizzi quando inserì nella colonna sonora di Laure (1975) il brano Crescendo, riproponendo il medesimo climax. Da notare che il film aveva come attrice protagonista (e co-regista) quella Emmanuelle Arsan, un’autorità in materia grazie al best seller Emmanuelle, e soprattutto per il film omonimo (1973) e il sequel (con variante nera) altrettanto di successo sulle avventure erotiche dell’eroina dai facili costumi.

La belle epoque delle trasgressioni reali volge però al termine e il suo canto del cigno sarà una pantera nera, LaDonna Andre Gaines, in arte Donna Summer, la regina della disco music. L’anno è il 1975, la canzone interminabile si intitola Love To Love You Baby, dura 17 minuti e immaginazione e realismo vanno di pari passo. Tre anni dopo farà sua Je t'aime... moi non plus, in una versione di quasi sedici minuti. Quando sul finire dei Settanta, il sociale si immerge (sprofonda?) nella cultura del video, si impongono personaggi come i Duran Duran e Madonna e l’erotismo evapora, e le canzoni orgasmiche si estinguono perché “la nudità velata funziona come referente segreto, ambivalente. Tolto il velo, fa superficie come segno e rientra nella circolazione dei segni: nudità-design” (Jean Baudrillard, 1980, corsivo dell’autore)

La libera circolazione delle merci erotiche è ormai totale, la musica pop in video eredita/simula il ruolo che fu delle sexy songs di un tempo, è un fiume in piena, che dalle Girls on Film (1981) di Simon Le Bon e compagni, passa per la rilettura del fetish by Ciccone (Human Nature, 1995) fino alla cyberBarbie Lady Gaga dei nostri giorni, tutto sotto il segno del ginnico. Si è transitati dallo stadio dello specchio a quello del video, per dirla ancora con Baudrillard, e hanno mutato statuto sia la voce sia lo sguardo. La voce: “non è più una voce, così come per lo schermo, non si tratta più esattamente di uno sguardo. Tutto il paradigma della sensibilità è cambiato” (Baudrillard, 1989). Il digitale soppianta l’analogico. Sarà per questo che nel 1991 il fantomatico Hafler Trio, sigla di facciata del manipolatore di suoni e artista concettuale Andrew M. McKenzie, pubblica Masturbatorium, una classica performance rituale (inutile specificare quale) della porno-artista femminista Annie Sprinkle, digitalizzata, trattata e trasformata in base ritmica per un valido techno-ambient vagamente tantrico. Beep, beep, beep, Ike Reiko è ormai lontana, anche se il modo in cui risponde a quei colpi di frusta in Koi No Dore, come si è detto, lasciano ancora il segno…

 


 

LETTURE

× Baudrillard J., De la séduction, 1979, trad. it. Della seduzione, Cappelli, Bologna, 1980.

× Baudrillard J., Videosfera e Soggetto Frattale in AA.VV., Videoculture di fine secolo, Liguori, Napoli, 1989.

× Lanza J., Elevator Music, A Surreal History Of Muzak, Easy-Listening, and Other Moodsong, Picador, Usa, 1995.

 

ASCOLTI

× AA.VV. Thanks To God it's Friday, OST, 1978 (Grazie a Dio è venerdì). Include Je t’aime… moi non plus nella versione di Donna Summer, rist. cd, Polygram 1997.

× AA.VV., Betty Page: Danger Girl. Burlesque Music, Qdk records, 1997.

× Aphrodite’s Child, 666, Vertigo, 1972, rist. cd One Way Records, 1996.

× Serge Gainsbourg, Comic Strip, Philips, 1996 (include Je t’aime … moi non plus).

× The Hafler Trio, Masturbatorium, Touch, 1991.

× Kay Martin & Her Body Guards, I Know What He Wants For Christmas... But I Don't Know How To Wrap It!, Laff Recors, 1962.

× Russ Meyer, Russ Meyer’s Original Soundtracks Vol.4 (Good Morning... & Goodbye/Cherry Harry & Raquel/Mondo Topless), Qdk Records, 1997.

× Franco Micalizzi, Laure, OST, 1975, rist. cd Digitmovies, 2009.

× Rita, Erotica/Sexologie, Barclay, 1969.

× Donna Summer, The Donna Summer Anthology, Polygram, 1993.

 

VISIONI

× Duran Duran, Greatest. The DVD, Emi, 2010.

× Madonna, The Ultimate Collection, Warner Bros, 1999.