Non di solo H.G. Wells sono fatte le macchine del tempo, se ne
trovano costruite con i materiali più disparati, attrezzate con
marchingegni plausibili, astrusi, squinternati, macchine che
vanno in giro sorrette da teorie sostenibili o da tecnoblabla,
meccanismi sofisticati e dispositivi fatti in casa scorrazzanti
in lungo e in largo in tutti i tempi possibili.
Macchine del tempo se ne trovano ovunque, anche se tutte
sprovviste di etichetta con la scritta time machine. Non si
acquistano in nessun negozio, ma sono a disposizione di tutti.
Non esistono scuole guida, poiché scoprire una macchina del
tempo equivale a saperla condurre e con il tempo si diventa solo
un miglior pilota. Sono in circolazione macchine ad alta
tecnologia capaci di grandi prestazioni e manufatti pre e proto
industriali, semi artigianali. Come si distinguono? Se viaggiano
solo nel passato sono la versione, diciamo, .0, quando vanno a
zonzo anche nel futuro sono aggiornate. Ora ci si chiederà: ma
dove accidenti sono e come mai non servono istruzioni per l’uso?
Semplice, basta avere fantasia e ricordi da esplorare.
Una
magnifica macchina del tempo versione .0 l’ha trovata Marco
Paolini, un’intera serie, per essere precisi, locomotive buone
per tutti i percorsi, la 740 “la macchina di montagna per
antonomasia”, la 640 “con le ruote alte e snelle”, la 685 “che
chiamavan la Regina”. Il secondo volume dei suoi album (2
Dvd+libro) viaggia nella memoria a bordo di queste robuste
creature dell’era industriale. Il tour comprende alcune tappe
tra ieri e l’altro ieri, storie di certi italiani che si
avventurano nel capitalismo iperreale (Americhe 1984) e
nel socialismo reale (La cortina di ferro), che
inciampano nel terremoto del Friuli (La comune di Gemona),
sfiorano la trappola mortale tesa allo sventurato Italicus (Notte
d’agosto del ’74) e non riescono ad evitare l’impatto
profondo con il divino Carmelo Bene (Teatro Tenda del popolo).
La passione per i treni di Paolini incrocia rapidamente quella
raccontata da Akira Kurosawa in Dodes ‘Ka-Den (1970). Il
titolo onomatopeico, richiamante il rumore del treno che corre
sui binari, annunciava il medesimo amore vissuto dal giovane
protagonista, inesausto conducente immaginario di una locomotiva
fantastica. Il ragazzo mima la guida e il suono del treno. In
apertura del secondo Dvd, Paolini inscena un’analoga corsa tutta
sbuffi e manovre. I due Dvd propongono anche degli speciali
estratti dai primi Album teatrali: Adriatico e Tiri in
Porta e due inediti, Fuoriscena Stazione di Mira Buse 2
e Fuoriscena Teatro di Racalmuto 2. Extra anche nel libro
allegato. Oltre ai testi, si trovano la ricostruzione dell’iter
degli Album scritta dalla producer Michela Signori e gli appunti
di lavoro di Giuseppe Baresi che ha firmato con Paolini la
regia, speziandola con immagini da S/8 o in simil home movies,
inserti discreti e funzionali. Si viaggia a diverse velocità con
Paolini, accelerato, rapido, direttissimo. Un bel giro, che
richiede attenzione, ma servono a qualcosa le escursioni nel
tempo? Quelle nel futuro a poco, poiché finora nessuno ne ha
imbroccata una giusta, tornando poi indietro a sistemare il
presente o, forse, l’egoismo suggerisce ai più fortunati di non
fare ritorno. Il viaggio nel passato, invece, appare prezioso e
indispensabile, garantendo alla memoria di sopravvivere e alla
coppia speranza/futuro di trovare solide fondamenta, o almeno un
minimo di pavimentazione. Conviene allora salire a bordo di
questa macchina guidata da Paolini, viaggia in una direzione
interessante.