Suoni volanti e dischi terrestri (II parte)

 

di Gennaro Fucile



1980, Douglas Adams pubblica Ristorante al termine dell’universo[1], secondo capitolo della saga costruita intorno alla guida intergalattica. Tra le esilaranti avventure dei protagonisti principali, Adams dedica un po’ di spazio alla prima rockstar del futuro, Hotblack Desiato, leader dei Zona del disastro, il gruppo rock più assordante della galassia, al punto che “per avere il sound migliore, bisogna stare dentro grandi bunker di cemento situati a circa sessanta chilometri dal palcoscenico”. Adams esagera, ma non troppo. Forse aveva in mente quel terrorismo sonoro praticato a partire ufficialmente dal 3 settembre 1975, data di nascita dei Throbbing Gristle, lo stesso anno in cui una rockstar come Lou Reed pubblica il doppio album Music Metal Machine, rumore allo stato puro. In parallelo a quanto avviene nel pop, anche la musica elettronica vive la stagione del punk, non solo con gruppi come Cabaret Voltaire e Einsturzende Neubauten, ancora vagamente annoverabili all’universo pop (molto, molto ai confini).

Adams esagera, ma non troppo nelle previsioni, poiché saranno in molti a far urlare le macchine, scatenando tempeste soniche, a base di frequenze distorte, suoni lancinanti e terrificanti. Un paio di eroi del genere sono Maurizio Bianchi, noto come M.B. e Masami Akita, noto come Merzbw, un italiano e un giapponese, poiché il fenomeno non è solo anglosassone. La mutazione della musica in rumore puro richiede anche nuovi riferimenti letterari e, in generale, culturali. Ora i testi sacri sono quelli di William Burroughs e di James Ballard, citati e imitati, dalle tecniche di cut-up su nastri e testi praticate già dai Throbbing Gristle ai rimandi ballardiani di Koiltlaransk, album d’esordio dei Cranioclast, duo tedesco formato dai sedicenti Soltan Karik e Sankt Klario che propongono un’autentica musica da zona del disastro. Per inciso, la storia musicale del gruppo è tutta un anagramma, gli album successivi si intitolano Kolik San Art, Lost in Karak, eccetera, un gioco a fare i misteriosi alla Residents. Altro polo culturale che si afferma è quello esoterico che muove sulle suggestioni dei testi di Aleister Crowley. Denominatore comune: l’apocalisse, ma questa quando è iniziata nella realtà?

Sul finire degli anni Settanta qualcosa effettivamente cambia, cambia nella sf e nella grana della musica fantascientifica. In realtà, si altera la realtà stessa, che da moderna si modifica in postmodernità, diventa liquida o si polverizza, entra nell’età dei simulacri del terzo tipo, si avvia verso il nothing o comunque si voglia chiamare e spiegare l’epoca che per comodità cronologica si data con il libro La condizione postmoderna[2] scritto da Jean-François Lyotard nel 1979. La new wave fantascientifica prelude all’era del cyberpunk, una progressione di trame in storie alterate dall’invasione degli ultra oggetti di uso quotidiano in grado di ospitare un tasso elevatissimo di hi-tech, in storie contaminate da overdose di racconti televisivi e in storie folgorate da eventi fantascientifici come il crollo del Muro e l’avvento della Rete. Il testimone della narrazione principale passa in altre mani o meglio si distribuisce equamente tra diverse mani, fino a trovarsi ovunque tranne che nella fantascienza. Qualche esempio? Video game, connessioni wireless, video installazioni, reality, spot in 3D, hacker, telereportage di bombardamenti intelligenti, supermercati elettronici, blog, iPod e videoclip per tornare alla musica. Infatti, a partire dagli anni Ottanta, il sodalizio formale sf & musica abbandona la sede classica del long playing e si insedia in tv (esemplari i video Slave to the Rhythm di Grace Jones e Wild Boys dei Duran Duran).

La componente elettronica ne resta esclusa e, quasi per reazione, si radicalizza prima nel rumorismo e poi nel silenzio e nella desolazione. Il primo e più consistente blocco, storicamente indicato come industrial, esordisce, come si è detto, con i Throbbing Gristle; il secondo, ribattezzato a posteriori isolazionismo, ha il suo faro in Thomas Koner. Il termine proposto da Kevin Martin sul numero 115 di The Wire, fu utilizzato dalla Virgin per intitolare il quarto volume di una serie dedicata alla musica ambient. Nelle note di copertina si chiariva il concetto con le parole stesse di Martin: “La musica asociale degli isolazionisti fornisce un contesto ambientale confortevole a tutte le persone che nel solipsismo ripongono la loro fede”. Lasciando perdere quanto fosse bene o male congegnata la raccolta Virgin, il concetto tradotto in musica significa basse frequenze, drones elettronici cupi, rimbombi, con un effetto di desolazione e solitudine che solo queste sonorità possono agitare nella mente.


 

[1] Douglas Noel Adams, Ristorante al termine dell’universo (The restaurant at the End of the Universe), Classici Urania n. 200, Mondadori, Milano 1993

[2] Lyotard Jean-François, La condizione postmoderna (La condition postmodern), Feltrinelli, Milano 2005

  

    (1)  [2] [3]