Alberto Abruzzese

Anemia Storia di un vampiro comunista

Cooper

Roma 2005

€ 9.00

 

 

 





 
Anemia - Storia di un vampiro comunista
di Alberto Abruzzese



“Dal momento che le tesi da me avanzate in questi anni sono ancora soltanto parzialmente condivise, se non in molteplici significativi casi rifiutate o ignorate… dovrò utilizzare come rimandi bibliografici soprattutto lavori miei o testi che a me sembrano fondamentali…”, così Abruzzese scriveva qualche anno dopo la prima pubblicazione di Anemia (Theoria, Roma-Napoli, 1984) in un breve saggio ospitato in una antologia di brani dedicati ai nuovi programmi della scuola elementare (L’immagine, in L. Dozza, a cura di, Nei sistemi dei segni, EIT, Teramo, 1988).

Indice di un atteggiamento nei confronti suoi e dei suoi allievi della cultura – anche “di sinistra” – più istituzionale, più che restia ad accettare la necessità di fare i conti nelle proprie analisi col ruolo  che la “cultura di massa” lo sviluppo dei media e l’immaginario collettivo avevano e avrebbero avuto nella determinazione dei processi reali.

In realtà, questo intervento del 1988 riprendeva sul piano direttamente saggistico il discorso avviato nel 1984 pubblicando Anemia, “romanzo breve” di vampirismo attualizzato ai nostri tempi e messo in scena nell’apparato della sinistra italiana, sempre intorno all’incapacità della nostra sinistra di confrontarsi con i cambiamenti in atto.

E il tentativo riesce. Perché lo stile e il ritmo del racconto, il suo avanzare per allusioni e non detti, non solo rispetta perfettamente i canoni di alcuni dei più riusciti romanzi fantastici (primo fra tutti il Giro di vite di Henry James), ma riesce a trasmettere attraverso l’allusione e il rimanere sopra le righe il clima che si doveva respirare allora in luoghi che del clima politico del potere riuscivano solo a scimmiottarne i fenomeni e i comportamenti esteriori, senza capirne i meccanismi di fondo, prigionieri di una orgogliosa autoreferenzialità che – lo abbiamo oggi sotto gli occhi – non poteva cogliere i disastrosi effetti che avrebbe provocato con la sua distrazione.

Anemia è nei fatti il romanzo di una assenza e di una predisposizione vicaria: del vampiro che non è realmente presente (gli specchi non ne rimandano l’immagine), e che dipende sempre dai fluidi vitali altrui, come della nostra sinistra di allora, ormai esangue, assente dalla comprensione dei processi in atto e della necessità di liberarsi dal giogo della cultura tradizionale (ricordo come Giorgio Amendola dichiarasse con orgoglio il suo ostinato crocianesimo e idealismo, l’ostracismo diffuso verso Pasolini, Silone, il disprezzo per fumetti, science fiction, e così via), e vicaria nei confronti del potere vero, quello degli avversari, veloci a comprendere quale sarebbe stata la forza dirompente implicita nello sviluppo dei media e di un immaginario al loro servizio.

Essenziale, in questo senso, la postfazione, che permette di decifrare e comprendere meglio il romanzo, specie per coloro che, come avverte l’Autore, è nato o cresciuto dopo la sua pubblicazione, e che in questo tempo veloce sembra, a noi “adulti”, cittadino di un'altra epoca, e di cui noi ci troviamo a far parte forse per caso, forse di passaggio, ma a cui fortunatamente i maestri di un tempo riescono ancora a fornire indicazioni e segnali per orientarsi.


 

Recensione di Adolfo Fattori