Gracility
di Laurie Scott Baker
Ecco una retrospettiva illuminante su quello che fu il percorso evolutivo della musica improvvisata in Uk, quel complesso di esperienze che diede vita al jazz inglese, se ha senso questa definizione. In ogni caso, qualsiasi cosa, in realtà, significhi e indichi l’etichetta jazz inglese, sicuramente oltremanica si sviluppò un laboratorio musicale emancipato dal jazz così come si era andato formando ed affermando negli Usa e ovunque nel mondo. Lo strappo netto avvenne definitivamente in un triennio, dal 1970 al 1972, con la pubblicazione di alcuni album testimonianti la crescita e la personalità di musicisti e formazioni che in pochi anni crearono un genere senza genere, una musica senza qualità, per parafrasare Robert Musil, una musica della possibilità. In quegli anni uscirono dischi come Elastic Rock dei Nucleus, Third dei Soft Machine, Septober Energy dei Centipede, Metropolis di Mike Westbrook, Topography of the Lungs firmato dal trio Derek Bailey/Evan Parker/Han Bennink, Westering Home di John Surman, il primo omonimo album della Brotherhood of Breath, A Symphony of Amaranths di Neil Ardley, Ear of Beholder di Lol Coxhill e Iskra 1903 del trio omonimo composto da Paul Rutherford, Barry Guy e Derek Bailey. In un arco temporale appena più ampio (dal 1969 al 1975) vennero registrati i brani raccolti in questi due cd, quattro performance che restituiscono appieno le good vibrations dell’epoca. |
titolo Gracility
di Laurie Scott Baker
etichetta Musicnow
distributore musicnow.co.uk
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Titolare dei due dischi è l’autraliano Laurie Scott Baker, trasferitosi in Gran Bretagna nel 1965 poco più che ventenne. A Londra conobbe il compositore e pianista Cornelius Cardew con il quale collaborò a più riprese fino alla scomparsa, nel 1981, di Cardew, investito da un pirata della strada. Questo bazzicare subito l’area più sperimentale lo portò dritto a essere coinvolto con lo stesso Cardew in Music Now, struttura dedicata all’organizzazione di concerti dedicati alle musica di frontiera, fondata nel 1968. A Music Now si devono, ad esempio, le prime esecuzioni in Inghilterra delle musiche di Terry Riley e La Monte Young. Cardew era anche membro dei pioneristici Amm (studiati e ammirati dai primi Pink Floyd)), così come Keith Rowe, che compare nel primo dei quattro lavori qui antologizzati, Gracility, traccia registrata nel 1969, che vede una coppia di chitarristi assolutamente inedita su disco, due pesi massimi dell’improvvisazione, Rowe e Derek Bailey che incrociano le corde nella lunga titletrack, suddivisa in undici tracce, fornite di rigorose istruzioni sull’amplificazione degli strumenti e su come usarla. Oltre a Scott Baker al contrabbasso, c’è Gavin Bryars, già compagno di Bailey nel Joseph Holbrooke Trio, al basso elettrico. Settanta minuti dove passaggi meditativi – come Camden Sunday Afternoon – e fasi infuocate (747 at Keithrowe Airport, o la conclusiva Who Was That), si alternano senza soluzione di continuità, dando luogo ad atmosfere distorte di stupefacente attualità. Si riascoltino di seguito i Sonic Youth, tanto per fare un nome. Se la lunga improvvisazione di Gracility sorprende per le insolite “restrizioni” in cui opera Bailey e per l’inusuale accoppiata, la successiva Pibroch 1926, ispirata a un racconto di Alistair MacLeod, sovverte davvero ogni aspettativa, proponendo il sassofonista Evan Parker (in sovraincisione) lirico come neanche il miglior John Surman pescando nella tradizione folclorica d’oltremanica è mai riuscito a essere. Solo sei minuti, ma imperdibili, che da soli valgono l’acquisto dell’intero doppio, un frammento registrato nel 1975 da un lavoro di Scott Baker tuttora inedito. A quel periodo circa risale anche la registrazione di Now’t Doin, traccia a nome Unity/Hanwell Band & Robert Wyatt (comparsa nell’antologia wyattiana Flotsam Jetsam), che appartiene al medesimo progetto. Il secondo disco vede si apre con la performance Bass, Chants & Cues, ad opera di un trio inedito, formato oltre che da Scott Baker al basso e al sintetizzatore VCS3, dal pianista John Tilbury (insolitamente qui all’organo elettrico) e Jamie Muir (batteria e voce). Tilbury è un altro membro degli Amm, prima saltuario poi stabile, dopo la scomparsa di Cardew, mentre Muir ebbe la sua gloria pop quando entrò a far parte dei King Crimson all’epoca di Lark’s Tongue in Aspic. In qualche modo, i tre riescono a far confluire un certo mood progressive e un approccio improvvisativi in un crescendo che prende le mosse a là Riley per sfociare in un finale orgiastico ricco di rimandi ai Faust con Muir in piena trance simile al Damo Suzuki di Tago Mago, l’opus magnum di un’altra band tedesca, i Can. Scott Baker è stato anche membro della Scratch Orchestra, ensemble fondato tra gli altri da Cardew, che ha visto tra i suoi componenti, anche musicisti come Michael Nyman, in seguito divenuto famoso per le colonne sonore dei film di Peter Greenaway, Eddie Prevost e Rowe (Amm), John White, Tom Phillips, Cristopher Hobbs e Brian Eno, il personaggio più celebre del mazzo, che a metà dei Settanta, diede alle stampe la collana a numero chiuso Obscure, solo 10 album, firmati proprio da molti dei nomi succitati: Bryars, Hobbs, Nyman, White, Phillips. Proprio una partitura grafica interpretata dalla Scratch Orchestra nel 1970 chiude la rassegna: Circe Piece, una continua sovrapposizione di suoni lunghi, un intreccio cangiante, ipnotico, che lascia affiorare una vena affine a certi ritualismi di là da venire, come quelli dei Current 93. Partecipa alla seduta anche l’oboista AndyMcKay poi nei Roxy Music con Brian Eno, a dimostrazione dell’estrema fluidità della scena inglese, caratteristica che ne rese possibile quel carattere unico, senza qualità, appunto. | ||
Gennaro Fucile |
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