Curtain Call
di Midaircondo All’epoca del loro primo album, Shopping for Images (2007), erano in tre, come le Parche. Adesso sono rimaste in due: Lisa Nordström e Lisen Rylander Löve. Midaircondo, un duo tutto femminile incontrovertibilmente scandinavo, gentilmente soffuso, delicatamente fluido, etereo eppure per nulla intimorito dal mondo. Perché come le Parche (si perdoni il gioco di parole) ineluttabilmente filavano il destino degli uomini dai fusi della vita, queste giovani svedesi tessono i fili della loro musica senza apparentemente fregarsene del resto. Prendete due ragazze che vagamente somiglino alle Cocorosie (quelle dei primi due album, si intenda), addolcitele e mondatele dalla loro anima hip hop, portatele in Nord Europa, in mezzo ai ghiacci ed alla neve. In un secondo momento fate sì che Anthony Braxton le convinca ad inserire raramente, tanto per spaesarvi, qualche screzio di sax tenore e di clarino nella loro musica. Solo dopo lasciate che queste giovani ragazze ascoltino per un po’ esclusivamente i suoni della natura, per trovare quello che innegabilmente è il più diretto antenato del loop elettronico. Infine mandatele nel Maryland a fare quattro chiacchiere con i Rachel’s, e date loro da leggere qualche vecchia fiaba tradizionale di elfi, fate e troll. Ecco, in questo modo, più o meno, potreste trovarvi di fronte Lisa e Lisen. Ascoltate
Curtain Call e ve ne renderete conto anche voi. |
titolo Curtain Call
di Midaircondo
etichetta Twin Seed
distributore import
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Scadenza perfetta
di Ossi duri Ma quanti figli ha il vecchio zio Frank? La domanda viene spontanea nel contare le innumerevoli band che si dichiarano, più o meno spontaneamente, eredi o testimoni contemporanei del genio musicale di Zappa. E, bisogna dire, che il più delle volte il compositore di Baltimora non c’entra proprio per niente. Viene magari evocato nelle note di copertina redatte da qualche critico un po’ furbetto, ma poi, una volta all’ascolto, si capisce subito che si tratta di uno specchietto per le allodole, un artificio che dare un tocco “avantgarde” a musicisti o combi in cerca di una patente di rispettabilità artistica. Ebbene, questi Ossi Duri hanno invece tutti i titoli per dichiararsi “figli legittimi” al 100% (e giustamente il cd è prodotto da LaZaRiMus, acronimo che sta per Laboratorio zappiano di ricerche musicali). Qui i soloni del rock alternativo storceranno il naso diranno che siamo di fronte a cloni che per musica e testi si rifanno filo per segno alle parodie dissacranti del loro padre putativo. Ma, a parte che non è vero, e poi, anche se lo fosse, “chissenefrega”. La musica di questi cinque ventenni è brillante e scorre liscia zigzagando tra generi e ritmi. Il tutto poi è svolto con perizia e maestria, senza lasciare nulla al caso. Insomma, il vecchio zio Frank, se fosse ancora tra noi, ne sarebbe orgoglioso. Delle dieci tracce che compongono
Scadenza Perfetta, alcune superano abbondantemente la media. Tra queste l’iniziale coro di
Co Ribelli che fa da antipasto alla giga post rock di Song For Villa, bella dimostrazione di eclettismo dei nostri con tanto di intrecci tra flauto, marimba e xilofono che ricordano le pagine più colte di un certo progressive “in opposition”. Per non parlare, infine, di
Sezione del Junko, vero e proprio saggio delle capacità dei nostri che imbastiscono le trame di una colonna sonora immaginifica dove l’invenzione è sempre dietro l’angolo. Con
Scadenza Perfetta gli Ossi Duri entrano di diritto a far parte delle migliore gioventù rock nostrana insieme a nomi che sono già molto più che delle promesse come Calomito e Garamond. Davvero una bella prova di maturità espressiva. |
titolo Scadenza Perfetta
di Ossi duri
etichetta LaZaRiMus
distributore Andromeda
Dischi
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Hubris
di Slivovitz Una Napoli trasferita nei Balcani. Questo e molto di più sono i Slivovitz, combo nato nel 2001, che oggi firma per l’etichetta newyorchese di Leonardo Pavkovic la sua seconda fatica discografica (il debutto risale invece al 2004 con un album omonimo uscito per la milanese Ethnoworld). Sì perché se sono chiari i riferimenti alla musica mediterranea, a un certo jazz rock partenopeo e soprattutto al folk balcanico (il complesso è stato in passato protagonista di diversi festival in Ungheria), è altrettanto evidente che qua si vola un po’ più alto. Non siamo cioè di fronte alla riproposizione di certo rock sudista sguaiato e fintamente popolare e nemmeno a un revival della gloriosa stagione progressive napoletana degli anni Settanta rappresentata da gruppi tipo Cervello, Napoli Centrale, Osanna ecc. Gli Slivovitz fanno tesoro ovviamente di tutto questo, ma costruiscono come una piccola orchestra (sono un settetto che all’occasione si allarga a percussionisti, vibrafonisti ecc.) un programma di dodici brani originali che sono frutto di un equilibrio compositivo non comune e di una ricerca melodica sconosciuta a band ben più “pompate”. Forse l’unica caduta di stile è
Sono Tranquillo Eppure Spesso Strillo, pezzo appunto “strillato” che fa un po’ il verso al pop napoletano d’assalto che va tanto in radio. Ma tutto il resto merita rispetto. Rimangono soprattutto impresse le prime tre tracce dell’album:
Zorn A Surriento, Caldo Bagno e Mangiare. Tre strumentali, infiorettati dal canto wordless della bravissima Ludovica Manzo, che frullano tutto ciò che c’è oggi di musicalmente commestibile non per lanciare slogan o provocare, ma semplicemente per far navigare l’ascoltatore in territori sospesi tra atmosfere jazz, arie dell’est europeo e tentazioni prog. Una musica, in fondo, gentile che ricorda molto da vicino gli ultimi lavori del batterista francese Patrick Forgas con il suo ensemble elettroacustico Forgas Band Phenomena. |
titolo Hubris
di Slivovitz
etichetta Moonjune Records
distributore Ird
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