In difesa del cibo
di Michael Pollan Pollan demistifica le ideologie sul cibo, dopo aver messo a nudo la produzione alimentare in
Il dilemma dell’onnivoro. Nella precedente inchiesta, il bersaglio principale era costituito dalla colossale architettura produttiva mondiale che ruota intorno al mais. Qui a essere preso di mira è il pensiero “scientifico” definito nutrizionismo, costrutto il più delle volte contraddittorio, fondato sul dominio e la prevaricazione dei nutrienti sugli alimenti. Una visione impostasi sostituendo al cibo vero delle sostanze invisibili, decisive per la salute a seconda della loro presenza/assenza. L’inchiesta di Pollan prende le mosse proprio da questa epica “storia di macronutrienti in lotta tra loro: proteine contro carboidrati, carboidrati contro proteine, poi carboidrati contro lipidi e infine lipidi contro carboidrati”. È un conflitto dal quale l’industria alimentare ricava enormi benefici, potendo formulare sempre nuove linee di prodotti, o ri-segmentare quelle esistenti in funzione delle scoperte (chiamiamole così) più recenti. C’è di che banchettare, insomma, e se la realtà statunitense analizzata da Pollan non coincide con quella europea, le analogie sono forti ed è progressiva l’escalation verso queste logiche riscontrabile negli usi e costumi di tutto l’Occidente. Ad esempio, non esiste azienda alimentare che non trovi convalida scientifica della bontà e la salubrità dei suoi prodotti o di una qualità intrinseca ad ogni suo prodotto. Ebbene, questa non è una realtà degli States, ma di tutti i mercati cosiddetti evoluti. Non che le analisi siano false (ma Pollan un sospetto lo insinua riguardo agli Usa), non si afferma questo, ma si pone l’accento sull’estrema variabilità dei paradigmi scientifici che presiedono alla ricerca. Sarà il pensiero debole… Insomma, un’analisi feroce, anche venata di nostalgia per il bel tempo antico (in un certo senso mai esistito), quando “gli esseri umani mangiavano per tanti altri motivi oltre che per semplice necessità biologica: il piacere, la convivialità, la famiglia, la spiritualità, il loro rapporto con il mondo naturale e l’espressione della loro identità”. |
titolo In difesa del cibo
di Michael Pollan
editore Adelphi,
Milano
pagine 252
prezzo € 19,00
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Casa di campagna
di José Donoso È un congegno narrativo vasto e complesso, questa fiaba nera di Donoso. Come riassumerne la complessità, le molteplici trame? Nella storia compaiono trentacinque tra bambini e ragazzini di età compresa tra i cinque e i diciassette anni. Sono tutti cugini della grande famiglia dei Ventura: tre sorelle e quattro fratelli con rispettivi coniugi. Alla storia partecipano anche un numero imprecisato di nativi, gli antropofagi come li chiamano i Ventura, una quantità indefinita di servitori, lacché, cuochi, giardinieri, ecc., e un numero altrettanto vago di stranieri “dalle basette rosse”, con i quali i Ventura sono in affari. Poi c’è l’autore, personaggio tra i personaggi. Infine c’è la casa di campagna, Marulanda, dimora estiva dei Ventura, che vi si recano per sistemare i loro affari, poiché è in quella località che si estrae e si lavora l’oro poi venduto agli stranieri. È una villa con immensi saloni, innumerevoli stanze e cantine labirintiche, un universo chiuso, letteralmente, poiché cintato da diciottomilaseicentotrentatré lance di ferro con punte d’oro. Fuori, oltre agli antropofagi, distese sterminate di graminacee che sul finire dell’estate liberano quantità colossali di pappi. L’aria diventa irrespirabile, un’apocalisse, che dura fino all’inverno, quando il freddo brucia tutto. È un gigantesco universo concentrazionario Marulanda, regolato da leggi severissime nei confronti dei bambini, applicate scrupolosamente da servitori che vengono sostituiti ogni anno. Un teatro per follie parallele, quella degli adulti, che agiscono come dispositivi predisposti ad assolvere precise funzioni; quella dei bambini che ragionano e agiscono come se ognuno di loro avesse una decina d’anni in più, architettando l’incredibile, e del loro gioco “La Marchesa uscì alle Cinque”, che spesso si confonde con gli avvenimenti
reali (o tutto il romanzo ne è la messa in scena?). Inoltre, c’è la follia “certificata” di Adriano Gomara, marito di Balbina Ventura e padre di Aida e Mignon quest’ultima cotta al forno dalla sorella a sua volta uccisa dal padre impazzito nello scoprire il sorellicidio. Ebbene, un giorno di un’estate come le altre, i Ventura decidono di fare una gita della durata di un giorno. Partono con tutta la servitù, lasciando da soli i bambini. Qui comincia il romanzo. Splendido. |
titolo Casa di campagna
di José Donoso
editore Cavallo di Ferro,
Roma
pagine 437
prezzo € 18,00
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Il mal sano
di Michel Serres Il complesso e variegato tema dell’ambiente, le analisi sulla sua effettiva salute, i rimedi possibili, sostenibili con le esigenze del capitale, la denuncia del degrado tuttora in corso, i rischi per l’intera umanità, insomma tutto quanto si intende genericamente come green continua a produrre anche un dibattito sempre più voluminoso anche in termini puramente cartacei il cui impatto ambientale andrebbe prima o poi soppesato. Una letteratura sempre più vasta e spesso fumosa, dove spicca per intelligenza questo saggio di Serres, agile, provocatorio, illuminato e anche arrabbiato (“La mia pagina, il mio graffito di rabbia”). Il punto di partenza di questa fulminante analisi è spiazzante (il corsivo è dell’autore): “La proprietà si acquista e si conserva con la sporcizia”. Infatti, ricorda Serres, nessuno dormirebbe nelle lenzuola di un altro o berrebbe dal vostro bicchiere insozzato dalle labbra di un altro. Sporcare è dunque appropriarsi. L’urina e le feci degli animali che così marcano il territorio questo ci raccontano. Inquinare diventa allora un segno di possesso e di difesa della proprietà e da questo fondamento naturale prende le mosse una spericolata riflessione che ha soprattutto il merito di dare lo stesso peso anche all’inquinamento acustico e segnaletico della comunicazione di massa nella quale siamo immersi, anzi sommersi ancora di più che dall’immondizia. Siamo assediati tanto dai rifiuti duri quanto da quelli dolci come li chiama Serres. Emanciparsi da tutto ciò significa anche e soprattutto fare un deciso passo avanti verso l’umanizzazione: “Dobbiamo lasciare a poco a poco la condizione animale, quella dei mammiferi o dei carnivori che orinano ai confini della loro tana”. Affascinante la prospettiva che ci viene indicata in chiusura, quella di considerarci tutti in locazione sul pianeta. Insomma occorre dire addio alla proprietà, con buona pace di quanti ritengono possibile far convivere capitale e natura. Discorso in/sostenibile. |
titolo Il mal sano
di Michel Serres
editore il melangolo,
Genova
pagine 110
prezzo € 10,00
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