Il morbo di Tarzan ha
scatenato in Farmer ancora altro, molto di più. In L’ultimo
dono del tempo (1974), un certo John Gribarsdun, si
reca indietro nel tempo, a bordo di una navicella temporale chiamata
H.G. Wells I. Si reca nel 14.000 a.C. insieme a tre compagni di
viaggio, che ritorneranno indietro mentre lui decide di non abbandonare
l’era magdeliana. Il gioco con il tempo,
c’è sempre un gioco in gioco…,
risulterà necessario a Gribarsdun per svelare la sua vera
identità, quella di un immortale, reso tale da una pozione
magica messa a punto da uno stregone africano quando il Nostro si
trovava lì a fine Ottocento, sì proprio nel
Continente Nero, un immortale che nel corso del tempo si ritrova
all’origine di tutti gli avvenimenti che contano, testimone
della storia che conta, lui, in persona, Tarzan, che in questa faccenda
della storia del mondo ha le mani in pasta un po’ ovunque,
leggere per credere: “Sono stato sposato molte volte, e sono
stato padre di molti bambini. Ognuno di voi è mio
discendente. Direi che praticamente tutti gli esseri umani che sono
vissuti dopo il 5.000 a. C. sono miei discendenti. Io sono molte e
molte volte il mio stesso antentato… Ho passato
complessivamente mille anni nel cuore dell’Africa selvaggia,
e altri mille anni in Asia e nell’America
precolombiana… ho trascorso molto tempo in Egitto e in
Mesopotamia, e nella valle dell’Indo, e sul fiume Giallo, e
nell’antica Creta, e in Grecia. E un tempo sono stato
Quetzalcoatl…” . Casomai
qualcuno lo prendesse per un megalomane, Gribarsdun documenta tutto con
reportage fotografici: “ troverete delle fotografie, prese di
nascosto, naturalmente, dell’originale storico di
Ercole…io… di Nabuschadeznar, del Mosé
storico… non io… di Giulio Cesare, Shakespeare,
Eric il Rosso… una foto che ho scattato da dietro un
arbusto, dopo aver aspettato per sei mesi il suo sbarco…
dell’Odisseo storico, della vera città di Troia,
del primo Faraone, di numerosi tra i primi imperatori della Cina, di
Kublai Khan e di Marco Polo. Ci sono inoltre le foto di
Gesù, di Buddha, e di Maometto, di Carlo Magno, del
Saladino, del Beowulf storico e una foto di gruppo dei veri fondatori
di Roma. Mi dispiace dire che non sono mai esistiti, in
realtà, i leggendari Romolo e Remo”. Qui
Gribarsdun bluffa, perché i due fondatori di Roma sono
così reali da risultare senza ombra di dubbio gli ispiratori
proprio di Tarzan, per ammissione dello stesso Burroughs, e qui si
dà inizio a un paradosso che solo il fatto di aver a che
fare con il tempo giustifica. D’altra parte, Farmer non si
tira mai indietro quando si tratta di esagerare e Tarzan è
l’esagerazione per eccellenza, per questo si presta al gioco
e alla parodia. L’immaginifico Gribarsdun non basta allo
scrittore dell’Indiana che si rifà al classico
“l’unione fa la forza” e inizia a
mescolare le carte, incrociando Tarzan e un altro eroe pulp, Doc
Savage. I due, secondo Farmer sono mezzi fratelli, entrambi figli di
Jack lo Squartatore e si ritrovano a farne di tutti i colori, con
erezioni e orgasmi puntuali ogni qual volta ammazzano e altre avventure
e amenità del genere nel cuore della classica foresta e poi
se le danno di santa ragione. Il romanzo è Festa
di morte (1969) cellula seminale del Wold Newton,
più che una storia alternativa, un dietro le quinte, dove
Farmer ricostruisce vicende storiche e letterarie, svelandone
imposture, trame segrete, connessioni apparentemente impossibili e
altri giochi del genere ad opera di una famiglia di super eroi mutanti,
la Wold Newton Family, appunto.
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