Sandokan
di Hugo Pratt
Conquista relativamente recente del fumetto, in Italia la figura autoriale si afferma davvero solo negli anni Settanta, quando la spinta generazionale dei baby-boomer e un nuovo atteggiamento verso le consuete tassonomie dei saperi permette al linguaggio dei comics di ridefinire i rapporti tra testo, lettori e artefice dell’opera. Il primo e ancora più significativo autore italiano di fumetti è senz’altro Hugo Pratt, artigiano dell’intrattenimento di massa, allenatosi in decenni di storie popolari realizzate in ogni dove per riviste di facile e diffuso consumo, di colpo mutato in guru dell’immaginario grazie alla quasi casuale invenzione di Corto Maltese, il gentiluomo di ventura a spasso per il mondo d’inizio Novecento, crepuscolo malinconico della Belle Epoque e innesco catastrofico del “secolo breve”. Pratt realizzò gli albi di Corto in maniera sempre più distratta col passare degli anni, eppure la sua fama si accresceva e consolidava, siglando un’intera stagione del fumetto italiano nella magnifica sintesi tra l’autore e il proprio personaggio. Tuttavia, negli ultimi periodi anche la stella di Pratt/Corto si era offuscata, presa nel cambio generazionale dei lettori di comics, che selezionavano in maniera imprevista e incontrollabile l’assunzione delle mitologie del passato. Grazie alla Rizzoli, che quest’anno ne ha rilevato i diritti dalla Lizard (casa editrice che lo stesso Pratt fondò per assicurarsi il controllo integrale della propria sterminata produzione), l’autore veneziano sta vivendo un momento di rilancio anche in Italia. L’epopea di Corto Maltese vede una riedizione economica e un po’ meno tascabile rispetto a quella della Lizard (che soffocava il respiro delle tavole in un formato davvero minuscolo), mentre volumi di prestigio scandiscono il successo delle mostre itineranti. |
di Hugo Pratt
editore Rizzoli, Milano
pagine 80
prezzo € 25,00
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Ma il vero evento è costituito dalla riscoperta di un Pratt che si credeva irrimediabilmente perduto: il Sandokan scritto da Mino Milani per il maestro veneziano, opera leggendaria e incompiuta, miracolosamente ritrovata da Alfredo Castelli, autore e studioso di comics (creatore, tra gli altri, di Martin Mystère) che negli anni Settanta lavorava come redattore per il Corriere dei Piccoli, appunto la rivista su cui quella storia – varata già negli anni Sessanta - sarebbe dovuta apparire. Pratt era un tipo incostante. Nonostante le continue sollecitazioni della redazione e di Milani, non portò mai a termine la versione a fumetti del capolavoro di Emilio Salgari. A un certo punto se ne disamorò, così che il progetto cadde nell’oblio e le tavole fin lì realizzate finirono probabilmente nella spazzatura durante le numerose ristrutturazioni del periodico per ragazzi del Corsera. Sembrava impossibile recuperare il Sandokan prattiano, che costituiva ormai uno dei tasselli della sua leggenda, quando Castelli scopre di averne conservata una copia fotografica, praticamente perfetta, dimenticata per anni in soffitta, ancora nello scatolone che conteneva le sue cose quando si dimise dal Corriere dei Piccoli. L’esito è ovvio: il libro con il Sandokan incompiuto di Pratt, avvolto dall’aura del classico maledetto, giunge in libreria in una splendida edizione rilegata, imperdibile per gli amanti del fumetto come per i cultori di Salgari, poiché del principe-pirata malese fornisce l’iconografia più realistica e suggestiva mai realizzata. Resta da chiedersi perché Pratt non l’abbia mai finito. La risposta è probabilmente che, mentre lavorava alla sceneggiatura di Milani, sulle pagine di un’altra rivista nasceva in un’altra storia – Una ballata del mare salato – il personaggio di Corto Maltese, destinato a diventare un nuovo e più moderno mito nazionale, forse l’unico vero erede di Sandokan nei territori immaginativi dell’avventura. Poiché di questo si tratta: come sosteneva anni fa Umberto Eco in un suo articolo, la forza di Salgari – come quella di Pratt – non sta nella qualità letteraria delle opere ma nella loro essenza mitopoietica, cioè in quella misteriosa capacità che taluni narratori hanno di creare miti di massa, archetipi in forma storica nelle cui figurazioni si addensano i significati sociali condivisi in maniera profonda dal pubblico dei loro fruitori. Sandokan ha retto e regge ancora oggi nell’immaginario nazionale, legandosi a periodiche incarnazioni (l’ultima, quella televisiva degli anni Settanta, anch’essa divenuta mito di massa) che ne rinnovano il potere simbolico, nonostante il passare del tempo che ha invece letteralmente polverizzato la maggior parte della produzione letteraria a lui coeva, magari più apprezzata dai critici ma incapace di rinnovarsi o di produrre dinamiche di identificazione collettiva. Sovrapponendosi a Sandokan e alla sua messa in scena da parte di Pratt, Corto Maltese si impossessò, come ogni mito, del corpo del proprio artefice, distogliendolo da tutto il resto e finendo – come accade esemplarmente in Frankenstein – per rovesciare i ruoli tra la creatura e il creatore. | ||
Sergio Brancato |
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