Radio Experiment Rome, February 1981
di Robert Wyatt
Il 16 febbraio 1981, Robert Wyatt entra nella sala M, uno studio all’ultimo piano della sede Rai di via Asiago 10 a Roma. Arriva su invito degli autori della trasmissione radiofonica Un certo discorso, che viene realizzata proprio nella sala M. Si cimenterà nella realizzazione di una sorta di concept album, certo tra i più bizzarri mai concepiti. Infatti, l’idea era di fargli “registrare tutto quello che gli sarebbe passato per la mente ispirandosi a un pretesto assolutamente pretestuoso come la vera storia della vedova di Mao”, come ricorda nelle note di copertina uno degli autori di Ucd, Pasquale Santoli. Wyatt conferma: “Mi invitarono là per una settimana, perché volevano registrare il mio reale processo creativo”, si legge nel libro di Michael King, Wrong Movements: a Robert Wyatt History (Falsi Movimenti: una storia di Robert Wyatt, Arcana, Milano, 1994, traduzione di Alessandro Achilli). I primi tre giorni sono di prove, solo voce e piano, poi il giovedì 19 viene dato ufficialmente il play al magnetofono a otto piste dello studio. In scena entrano altri vari attrezzi del mestiere, tastiere, percussioni, uno scacciapensieri, più oggetti diversi e non identificati. Si prosegue anche il giorno successivo. Tutto prende forma, sembra quasi provenire dal nulla, lo stesso Wyatt all’inizio vive uno stato d’animo particolare. Come dichiarò un paio di mesi dopo, il 14 aprile, in un’intervista concessa al Melody Maker: “All’inizio provavo la stessa sconcertata frenesia che si ha prima di affrontare gli esami a scuola”. Il risultato finale è straordinario. |
titolo Radio Experiment Rome, February 1981
di Robert Wyatt
etichetta Tracce RaiTrade
distributore Goodfellas
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Basterebbero i novanta secondi della parkeriana Billie’s Bounce, precipitato di tutti gli underground possibili, a rendere imperdibili queste registrazioni. Un concept in progress lo si potrebbe definire, poiché ne vennero fuori schizzi colti nel loro formarsi, come lo stesso Wyatt li ha definiti, ribadendo l’analogia tra il suo modo di comporre e il fare pittura. Jam session solitaria che appare per la prima volta in forma integrale. Due brani erano già usciti ufficialmente nel 1994 nella retrospettiva Flotsam, Jetsam (Billie’s Bounce e Born Again Cretin), ma la masterizzazione lasciava piuttosto a desiderare. Più di recente sul Web hanno circolato vari file relativi a queste registrazioni, bootleg virtuali di qualità audio ancora più scarsa, finché oggi, eccole, proposte con un suono all’altezza del compito dalla preziosa collana Tracce di RaiTrade. In un certo senso, questo documento sonoro è l’anello mancante tra due decenni. Gli anni Settanta videro Wyatt divorziare dai Soft Machine, realizzare il primo album a suo nome, End of an Ear, lanciarsi nella spericolata avventura dei Matching Mole, commettere un movimento sbagliato e restare per sempre bloccato su una sedia a rotelle, ripetere l’avventura solistica creando uno dei pochi autentici capolavori musicali di fine Novecento, Rock Bottom, intraprendere definitivamente la carriera solistica con il successivo Ruth Is Stranger Than Richard e, infine, iniziare una serie infinita di collaborazioni nei contesti più disparati. Il decennio successivo si aprì con un raccolta di canzoni, Nothing Can Stop Us, un solo album a metà decennio, Old Rottenhat, e uno sciame di partecipazioni. Anni durissimi, dominati dalla Thatcher, che videro Wyatt schierato in prima linea con le classi lavoratrici, a sostegno delle lotte dei minatori con la registrazione di due brani per l’Ep The Last Nightingale, insieme a Lindsay Cooper, Chris Cutler, Tim Hodgkinson (tutti ex Henry Cow) e Bill Gilonis, co-fondatore con Hodgkinson di un’altra formazione di frontiera, The Work. Sono anche anni in cui Wyatt canta di tutto, da Thelonious Monk a Elvis Costello, da Peter Gabriel a Victor Jara. In altre parole, l’arte di Wyatt travalica i confini dello stesso Wyatt imprimendosi indelebilmente su qualsiasi melodia, su qualsivoglia tema, su ogni genere e tradizione musicale. Un laboratorio che è sempre stato anche progetto, come raccontano da dietro le quinte questi circa 45 minuti straordinariamente omogenei, un denso flusso di suoni orbitanti intorno alla voce/strumento di Wyatt, o alle sue schegge che riecheggiano ovunque, citando, rimescolando, frullando materiali vari, da L’Internazionale (Holy War) a Neil Young (Revolution Withour “R”), oppure usata semplicemente per cantare nell’unica vera e propria song, Born Again Cretin, scritta per Nelson Mandela allora nelle carceri del regime sudafricano cha aveva imposto l’apartheid. L’intima coerenza del tutto regge anche alla prova del nove di Prove sparse, sorta di suggestivo e ammaliante blob delle prove effettuate nei primi tre giorni. Patafisica al 100%. | ||
Gennaro Fucile |
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