Sotto un cielo cremisi
di Joe Lansdale Prendete una cittadina del Texas, metteteci qualche criminale, una coppia di eroi scalcinati e sarcastici, e lasciate che le sparatorie facciano il resto; a prima vista ci si potrebbe chiedere cosa ci sia di interessante in questa ambientazione, già sfruttata da decine e decine di film e romanzi, a partire dalla metà del secolo scorso ad oggi. Ma la differenza la fa l’autore!
Sotto un cielo cremisi è l’ultima opera di Joe Lansdale, romanziere di genere a tutto tondo, che dopo ben otto anni di attesa riprende il ciclo più noto della sua produzione: quello di Hap Collins e del suo amico Leonard Pine, i due protagonisti di cui sopra; la particolarità di questo duo è che, mentre Hap è un bianco che tira a campare facendo lavoretti qua e là, Leonard è un grosso, cattivo nero… omosessuale, anzi, “il negro più frocio di tutti”, per usare le sue stesse parole. La scelta dei protagonisti mette in luce qual è la reale essenza dell’opera di Lansdale: innanzitutto, il recupero degli stilemi classici del romanzo di genere, tra i quali troviamo numerosissimi richiami allo stile del gran maestro Elmore Leonard, da sempre un punto di riferimento per chi si avvicina a questa letteratura; ma, in seconda battuta, un utilizzo degli stessi completamente rinnovato, avvolto in uno sguardo consapevolmente ironico ma affettuoso sui cliché che hanno fatto grande questo genere letterario. Insomma, lo stesso tipo di operazione che un altro grande, Quentin Tarantino, da circa vent’anni fa nel cinema. Quindi si può già intuire cosa si troverà in questo volume, ovvero spacciatori, tossici strafatti, eroi rudi e pistole fumanti, il tutto condito dai tipici dialoghi brucianti, senza i quali non sarebbe possibile immaginare il Texas; questo è un libro che diverte dalla prima all’ultima pagina, altamente consigliato per una serata calda da trascorrere in compagnia di una bibita ghiacciata.
|
titolo Sotto un cielo cremisi
di Joe R. Lansdale
editore Fanucci, Roma
pagine 312
prezzo € 17,00
|
|
[ torna a letture ] |
||
|
Un rude inverno
di Raymond Queneau “La storia è la scienza dell'infelicità degli uomini”, scrisse
Queneau in Una storia modello. Una riflessione che sembra averlo guidato nella stesura di romanzi dove, da abile giocoliere, confonde, tenendoli in equilibrio, avvenimenti storici, vicende private e visioni del futuro. Vale per
La domenica della vita (vedi Quaderni d’Altri Tempi n.20) e per questo Un rude inverno, uscito originariamente nel 1939 in Francia e ristampato dopo decenni di esilio dal mercato editoriale italiano (ne uscì una prima edizione Mondadori nel 1947). Qui il dato biografico di partenza è trasparente: la storia si svolge nel 1916 a Le Havre dove Queneau nacque nel 1903. Il romanzo si apre con uno scoppiettante carnevale cinese e l’autore da ragazzino assistette a una simile cerimonia, come racconta nei suoi diari. Subito però come si è detto, parte il gioco del funambolo e l’animatissimo corteo che attraversa la città viene descritto con un singolare ricorso al latino. Una scena apparentemente quasi messa lì senza motivo, ma in realtà, nelle storie di Queneau niente è lasciato al caso, anzi esiste sempre una trama sotterranea, fatta di rimandi, coincidenze, tracce, piste, congruenze, date e avvenimenti che si rincorrono in un gioco che smantella la materia prima biografica e dissolve la finzione letteraria, invitando sempre a un nuovo approdo il lettore. Alto magistero svolto basandosi su trame semplici, dove succede poco, come in questo caso, dove si racconta di un tenente francese, Bernard Lehameau che s’innamora di un’ausiliaria inglese, miss Helena Wedds. Lontano da Le Havre è in corso il grande macello della prima Guerra Mondiale. Bernard è un ferito, convalescente che non crede nella vittoria finale della Francia. Tra i pochi altri personaggi ci sono un venditore di formaggi, Adolf Geiger, che al contrario è convinto del trionfo militare dei transalpini, la quattordicenne Annette e sua sorella Madeleine che di anni ne ha venticinque. Per entrambe la presenza di truppe alleate sul territorio francese sono un divertimento e un affare… Insomma un romanzo, come scrisse Georges Perec: in cui apparentemente non capitano molte cose”, ma che “si incammina piano piano verso l’inesauribile”.
|
titolo Un rude inverno
di Raymond Queneau
editore Einaudi, Torino
pagine XVI-128
prezzo € 17,00
|
|
[ torna a letture ] |
||
|
Il viaggio dell'elefante
di José Saramago Tutto nasce da piccoli incisioni in legno, confida Saramago, ospitato in un ristorante di Salisburgo chiamato
L’elefante. Sono figure che tratteggiano un’antica vicenda, il viaggio di un elefante nel 1551 da Lisbona a Vienna. Tutto nasce da una cena in quel ristorante al termine di una lezione tenuta all’Università di Salisburgo e tutto si origina da un invito a cena di Gilda Lopes Encarnação lettrice di portoghese in quell’Università. È quanto basta a “uno degli ultimi titani”, come lo definisce Harold Bloom, per imbastire una deliziosa vicenda a metà strada tra fiaba e cronaca storica. Nasce da qui, infatti, la storia dell'elefante Salomone giunto dall'India in Spagna nel XVI come meraviglia da offrire alle folle per intrattenerle e stupirle, ma finito a Lisbona, dove non fa altro che “mangiare e dormire”, finché in occasione della visita dell'arciduca Massimiliano, reggente di Spagna, il re João del Portogallo e sua moglie Caterina d'Austria, cugina di Massimiliano, decidono di donarglielo. Il regalo viene accettato e così si procede a organizzare la carovana che dovrà accompagnare il quadrupede e il suo cornac, Subhro, poi ribattezzato Fritz per volere dell’arciduca stesso, al quale piace l’idea di un signor Rossi austriaco anonimo, ma facile da pronunciare e poi unico per via dell’elefante. Questo l’antefatto del viaggio che da Lisbona porterà Salomone, ribattezzato Solimano perché fa più exotica, che tanto andava anche allora, attraverso la Spagna e l'Italia, passando per Genova, Verona, Padova, e poi in Austria da Innsbruck, fino a Vienna, capitale dell'Impero. Tappe che vedono il pacioso Salomone fare miracoli, cavalieri
(iberici e austriaci) contendersi l’onore di scortarlo riproponendo l’eterna contesa tra il buon senso e l’arroganza, uno sfilare di varia e colorite umanità non tanto dissimile da quella che abita il nostro tempo, con contorno di cavalli e buoi. L’incedere snello e arzigogolato al tempo stesso rapisce. Lo stile è quello magistrale di Saramago, segnato dall’impiego di una punteggiatura “personalizzata” che viene cosparsa su lunghe frasi dove abilmente fa capolino divertito l’autore. |
titolo Il viaggio dell'elefante
di José Saramago
editore Einaudi, Torino
pagine 202
prezzo € 19,00
|
|
[ torna a letture ] |
||