The dark side of the boom: Luciano Bianciardi | di Gino Pagliuca | |
Il miracolo italiano viene deriso senza pietà: È aumentata la produzione lorda e netta, il reddito nazionale cumulativo e pro capite, l'occupazione assoluta e relativa, il numero delle auto in circolazione e degli elettrodomestici in funzione, la tariffa delle ragazze squillo, la paga oraria, il biglietto del tram e il totale dei circolanti su detto mezzo, il consumo del pollame, il tasso di sconto, l'età media, la statura media, la valetudinarietà media, la produttività media e la media oraria al giro d'Italia. Tutto quello che c'è di medio è aumentato, dicono contenti. E quelli che lo negano propongono però anche loro di fare aumentare, e non a chiacchiere, le medie; il prelievo fiscale medio, la scuola media e i ceti medi. Faranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l'automobile l'avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio, il rasoio elettrico, la bilancina da bagno, l'asciugacapelli, il bidet e l'acqua calda. A tutti. Purché tutti lavorino, purché siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l'un con l'altro dalla mattina alla sera (pag. 158). L’arrivo dei primi supermercati: fatte le debite proporzioni di spazi e merceologie il discorso vale più che mai per i centri commerciali di oggi: Il bottegone è una stanza enorme senza finestre, con le luci giallastre sempre accese a illuminare le cataste di scatole colorate. Dal soffitto cola una musica calcolata per l'effetto ipnotico, appesi al muro ci sono specchi tondi ad angolazione variabile e uno specialista, chiuso chissà dove, controlla che la gente si muova, compri e non rubi. Entrando, ti danno un carrettino di fil di ferro, che devi riempire di merce, di prodotti. Vendono e comprano ogni cosa; hanno la pupilla dilatata, per via dei colori, della luce, della musica calcolata, non battono più le palpebre, non ti vedono, a tratti ti sbattono il carrettino sui lombi, e con gesti da macumbati raccattano scatole dalle cataste e le lasciano cadere nell'apposito scomparto. Nessuno dice una parola, tanto il discorso sarebbe coperto dalla musica e dal continuo scaracchiare delle calcolatrici” (pag. 170). Il disprezzo nei confronti del debole e dell’emarginato. La storia dell’ubriaco stramazzato al suolo nell’indifferenza dei passanti e dei clienti di un bar è cronaca che ricorda da vicino ad esempio la recente vicenda del suonatore ambulante rumeno ucciso da una pallottola vagante nella Cumana di Napoli senza nessun soccorso dei presenti: “Ci rimase secco, e mi guardava ancora, ma senza più il sorriso ebete, anzi con occhi di vetro, e quando mi chinai a vedere meglio scorsi un filo di sangue che gli usciva dalla nuca e si spandeva nero sul selciato. Al bar lì accanto avevo già visto quattro uomini senza cravatta che giocavano a carte, e così andai là, a dire che c'era un ubriaco ferito, e che da solo non ce la facevo a rimetterlo in piedi, e che anzi provandoci m'era caduto battendo la testa. I quattro alzarono appena gli occhi, senza dire niente. | ||
“Be’” fece poi uno, visto che io non me ne andavo. “C’è un ubriaco là per terra.” “E allora?” “Datemi una mano a rialzarlo.” “Si rialzerà da sé.” “Non ce la fa. L'ho aiutato io, ma m'è ricaduto e perde sangue.” “E noi cosa ci entriamo? E' successo a lei, no? Se la veda lei.” E riattaccarono a giocare a carte. “La croce rossa” mi disse allora una donna che stava lì vicino seduta davanti a un bicchiere. “Telefoni alla croce rossa.” Andai al banco e chiesi dov’era il telefono. “Non è a gettone” mi disse l'uomo. “Mi faccia telefonare lo stesso.” “Non è a gettone” ripeté. “Là davanti, vada. Quello è a gettone.” Là davanti mi rivolsi alla cassiera: “C'è un ferito per strada, mi dia il numero della croce rossa, per favore”. “Vuol telefonare da qui?” “Sì, non è un telefono pubblico?” “Sì, ma mi raccomando, non faccia il nome del locale, questo è un locale per bene e non vogliamo storie con la croce rossa.” “Va bene, non faccio nomi. Mi dia il numero.” “Se lo cerchi sulla guida.” E mi indicò il mobiletto sotto il telefono. Cercai il numero, poi chiesi il gettone. “La moneta” fece la donna. “Cosa?” “Le venti lire.” Gliele diedi ed ebbi il gettone. La croce rossa prima risultò occupata, poi mi dissero che l'autoambulanza era fuori, ma che avrebbero provveduto subito: chiesero la strada, e io gliela indicai. Rimasi là fuori sul marciapiede, con le mani in tasca, e di fronte vedevo la figura del vecchio sempre stesa sul selciato. Qualche larva, rincasando, quasi ci inciampò. Venne una coppia, scartarono per non pestarlo, e tirarono diritto” (pag 101). | ||
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