The dark side of the boom: Luciano Bianciardi | di Gino Pagliuca | |
Il
Luciano protagonista del romanzo infatti parte per Milano per lavorare
nell’industria culturale, ma si tratta di una copertura: la
sua missione precisa è in realtà far saltare il
palazzo della Montecatini per vendicare i morti di Ribolla.
Un’ossessione che verrà frustrata; domina la prima
parte del romanzo, sparisce di fatto nella seconda parte, tanto che
spesso si parla de La Vita Agra come della
cronistoria di una sconfitta. Messe da parte le velleità
bombarole, il protagonista, infatti, conduce un’esistenza
precaria con la sua nuova compagna, e passa il tempo alle prese con i
conti che non tornano. Oltretutto metà delle entrate sono da
destinare a moglie e figlio rimasti in Maremma: recentemente il figlio
Ettore, che ha pubblicato una serie di inediti del padre, ha dichiarato
che vuol diffondere queste opere per amore della letteratura e non per
amore di un padre per sua stessa ammissione degenere. “Era tempo di finirla, con tutti quei lavativi a scarriolare terriccio fino alla bocca dei pozzi. Quando l'avanzamento ha esaurito un filone, che bisogno c'è di fare la ripiena? È tutto tempo perso, tutta gente che mangia a ufo. Si disarma, si recupera il legname, e poi il tetto frani pure. E non c'è nemmeno bisogno di tracciare gli avanzamenti a giro d'aria. Si può anche scavare a fondo cieco, basta un ventilatore che ci forzi l'aria dentro, no? Certo, la temperatura così aumenta, a volte supera i quaranta gradi, ma si può rimediare, con una tubatura che goccioli acqua davanti alla ventola... Sì, obbiettava il medico di fabbrica, la temperatura in questo modo scema, ma aumenta l'umidità, e aumentano i casi di malattia a sfondo reumatico. Ma il medico dopo tutto era un ragazzo – mio compagno di scuola al liceo, figuriamoci – e si faceva presto a chetarlo. Caro il mio dottor Nardulli, cosa si credeva lei? Che questa fosse una villeggiatura in Riviera? Che qui la gente venga per curarsi i dolori?” (pag 37). | ||
Luciano viene licenziato e si mette a fare il traduttore; le pagine sul lavoro a cottimo del traduttore richiamano la vita dei lavoratori a progetto di oggi; per arrotondare il magro bilancio familiare Anna si mette a lavorare come procacciatrice di indirizzi; esilarante il racconto: “Anna provò anche a rispondere a uno di quegli avvisi sui giornali che promettono guadagno sicuro con facile lavoro a domicilio. Le dettero un pezzo di elenco telefonico vecchio, le lettere A e B, un pacchetto di talloncini e due strisce di carta carbone. Così ora tornando dall'ufficio la trovavo seduta alla macchina, con una cartolina sulla pagina dell'elenco, per scorrerlo meglio. “Li copi tutti?” “No, soltanto i laureati, avvocati, dottori, ingegneri.” “E la carta carbone?” “Ne vogliono tre copie.” “Ma che cosa se ne fanno?” “Per spedire la pubblicità a domicilio.... Glieli pagavano una lira l'uno, tre copie. “Ma che ditta sarebbe?” “Non è una ditta. Sono due fratelli di Brescia che rivendono gli indirizzi ad altre ditte.” “A quanto le rivendono?” “A tre lire l'una la prima copia, pare. Le altre due una lira.” “Sicché su ogni indirizzo loro prendono cinque lire, ne danno una a te e ne guadagnano quattro.” “Eh già.” “Sono dei bei ladri, non ti pare?” “Certo, ti pigliano per il collo perché c'è il bisogno.” “E tu quanti indirizzi fai in un giorno?” “Un cinquecento. Se non fosse per la carta carbone da rimettere ogni volta, farei anche più presto.” “Però, anche cinquecento lire al giorno...” (pag.85). | ||
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