THE 40th ANNIVERSARY HENRY COW BOX SET
di Henry Cow |
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Il terzo disco, Hamburg, propone il concerto del 26 marzo 1976 nell’ambito dell’NDR Jazz Workshop, più due tracce registrate una a Piazza Navona il 27 giugno e l’altra sempre dal concerto al Théâtre des Champs-Élysées. Di scena è il sestetto (Cooper, Cutler, Frith, Greaves, Hodgkinson e Krause) cui si aggiunge Wyatt nelle due tracce finali di Roma e Parigi. Si inizia con
Fair as the Moon (ripresa più avanti come Terrible as an Army with Banners) ovvero la
Beautiful as the Moon - Terrible as an Army with Banners da In Praise of Learning, cui segue
Nirvana for Rabbits (rivisitazione della Nirvana for Mice presente su
Leg End), Ottawa Song, dalla suite composta da Frith per il collettivo Ottawa Company, e
Gloria Gloom dal Little Red Record dei Matching Mole (1972). Le parti restanti,
Hamburg 1-5, Red Noise 10 e A Heart sono, invece, delle improvvisazioni che coinvolgono anche Dagmar Krause in una prova sanguigna. Le due tracce conclusive con Wyatt sono
Little Red Riding Hood Hit the Road dal suo Rock Bottom (1974) e
We Did It Again, song di Kevin Ayers ripescata dal primo repertorio dei Soft Machine e qui in versione esilarante.
Il quarto volume, Trondheim, è un doppio cd che riporta integralmente un concerto del 26 maggio 1976, tenuto appunto a Trondheim, in Norvegia. In azione un quartetto (Cooper, Cutler, Frith e Hodgkinson), poiché Greaves lasciò gli Henry Cow dopo il concerto di Amburgo e la Krause rimase lì ferma per problemi di salute. I magnifici quattro non si persero d’animo e decisero di non proporre nessuna scaletta, ma di improvvisare totalmente, facendo ampio uso di nastri preregistrati, lasciati andare per tutta la durata della performance, ma resi udibili solo a tratti, a turno, aleatoriamente, determinando un susseguirsi di svolte nel farsi stesso della musica. Qui gli Henry Cow si spostarono organicamente dalle parti degli AMM, dando luogo a una sequenza di scenari inquietanti, astratti, umbratili, urticanti, sempre con una grande padronanza delle mutevoli situazioni che si originavano. Unica concessione alla forma strutturata è
The March posta in chiusura (indicata a volte con l’articolo altre senza), una composizione di Frith dall’incedere gentile.
Il secondo box si apre con Stockholm & Göteborg, che ha preceduto come singolo l’uscita dei due box (recensito sul numero 19 di Quaderni d’Altri Tempi). È un’improvvisazione ad aprire le danze,
Stockholm 1, magmatica e lineare al tempo stesso. All’opera c’è di nuovo un sestetto (Born, Cooper, Cutler, Frith, Hodgkinson e Krause). Segue una lunga composizione spesso eseguita dal vivo però mai incisa in studio,
Erk Gah, di Hodgkinson, sorta di suite in cinque parti (poi uscita ufficialmente con il titolo
Hold to the Zero Burn, Imagine sul suo Each in Our Own Thoughts) che alterna il canto di Dagmar Krause dal piglio più che mai espressionista ad allucinati passaggi strumentali che, come anche nel successivo
A Bridge to Ruins (solo organo di Hodgkinson) e più avanti la lunga improvvisazione in tre parti,
Goteborg 1, con fughe in una sorta di etno-musica aliena. La scaletta include anche una cover (No More Songs di Phil Ochs), un’altra breve, densa improvvisazione (Stockholm 1) e nuovamente la leggiadra
March.
Il volume sette, Later and Post-Virgin, è una raccolta di varie registrazioni del 1976/77, che vede ancora in azione il sestetto di
Stockholm & Göteborg.
Aprono e chiudono due brani poi finiti nel repertorio degli Art Bears, trio post-Henry Cow composto da Cutler, Frith e Krause. La sghemba chanson d’apertura Joan è firmata Cutler /Frith, mentre On Suicide porta la firma di Hanns Eisler e Bertolt Brecht. Variegato il repertorio qui raccolto, con riprese da Leg End (una sfrecciante Teenbeat 2 poi deragliata dal sax di Hodgkinson) una viscerale Brain Storm Over Barnsley e una Teenbeat 3 con Hodgkinson ancora più furibondo. In luce anche la compositrice Lindsay Cooper, che firma la complessa Untitled Piece, prova maiuscola per scrittura ed esecuzione. Spazio anche all’improvvisazione e uso di nastri preregistrati in Chaumont 1 e Chaumont 2, da cui spunta a sorpresa un’altra versione di The March con la Krause a doppiare la melodia con il canto. Spettacolare poi Post-Teen Auditorium Invasion che vede il supporto di Geoff Leigh al sax tenore e Annemarie Roelofs al trombone (la si ritroverà in Western Culture) in un pirotecnico intreccio di ottoni. I due si ritrovano anche nella successiva Bucket Waltz, festosa danza collettiva. Chiude, come si è detto, la cupa On Suicide, con divagazione al violoncello della Born. Al marzo 1978 risalgono invece le registrazioni alla radio di Brema, contenute nel volume 8, Bremen. Subito una fosca improvvisazione: Armed Maniac/Things We Forgot. Qui gli Henry Cow sono tornati ad essere un quintetto, con la fuoriuscita definitiva della Krause. Segue una New Suite in sei parti, ariosa, zappiana, come ai tempi di Leg End. Include Van Fleet firmata da Frith, Viva Pa Ubu instrumental extract di Hodgkinson poi apparsa “postuma” su Reccomended Records Sampler (1982), il trittico frithiano The Big Tune Begins, The Big Tune Continues, The Big Tune Ends e ancora March, quasi un’ossessione. Si torna all’improvvisazione aspra e senza compromessi nel Die Kunst Der Orgel, blocco che comprende Bremen circa 35 minuti senza rete di protezione e Erk Gah instrumental extract, una versione stringata. Il nono cd, Late, raccoglie gli ultimi scampoli della storia. Le prime quattro tracce e la decima arrivano dalla Festa del PdUP (Partito di Unità Proletaria) tenutosi a Monza il 9 luglio 1978. Le cinque successive arrivano del festival di Rock In Opposition, ospitato dal teatro Drury Lane di Londra il 12 marzo 1978, l’undicesima arriva da Cervia, la data è il 23 luglio 1978. È l’ultimo concerto degli Henry Cow. Apre un trio di sassofoni, Cooper, Hodgkinson e l’ospite Dave Chambers (ma le note di copertina non ne garantiscono la presenza al 100%), fitta ragnatela da cui salta fuori una cover della monkiana Jackie-ing (l’arrangiamento è di Mike Westbrook e forse anche qui c’è Chambers), poi una breve Untitled 2 della Cooper introduce la pregevole The Herring People di Frith (con la Roelofs al trombone), da cui fa già capolino il suo Gravity (1979). Le cinque parti della performance per RIO sono decisamente spettacolari, con Frith e Cutler superbi nella regia dell’apparente caos. Una maestosa scorribanda ai quattro angoli della musica. Si torna alla Cooper con la bellezza formale di Half the Sky (finirà in chiusura di Western Culture), poi addirittura un traditional, Virgins of Illinois (ancora con la Roelofs), a far da cerniera con la conclusiva Viva Pa Ubu, che chiude il sipario. Infine il decimo dischetto, il dvd, l’unico documento video degli Henry Cow. Si tratta di un concerto tenuto in Svizzera, a Vevey nell’agosto del 1976 e ripreso per il programma televisivo Kaleidospop (!). Schierati ci sono Born, Cooper, Cutler, Frith, Hodgkinson e Krause. La scaletta propone buona parte di In Praise of Learning, (Beautiful as the Moon - Terrible as an Army with Banners e Living in the Heart of the Beast), la No More Songs di Ochs, un’altra versione di Erk Gah, due improvvisazioni, Vevey 1 e 2 e l’immancabile March. Salta all’occhio la sintonia perfetta tra i cinque, mentre si nota la fatica della Krause a entrare nella pratica dell’improvvisazione. Impressiona la sicurezza di Cutler, mentre Frith ma soprattutto Hodgkinson si dimostrano inesauribili macchine sonore. Cesellano la Cooper e la Born. Regia decisamente naïf, qualità audio decente, durata: 75 minuti. Emozione incommensurabile.
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